Pubblichiamo, per gentile concessione di editore e autore, un estratto del saggio dello studioso Lorenzo Castellani (Luiss) intitolato “L’ingranaggio”, edito dalla casa editrice LiberiLibri
La società di ordine tecnocratico
Siamo abituati a ragionare per classi sociali. L’influenza della cultura marxista e l’economicismo hanno portato la nostra visione delle gerarchie sociali a una sola dimensione, quella economica. Eppure le società moderne si compongono non soltanto di classi, ma pure di ordini. Lo ha spiegato bene il grande storico francese Roland Mousnier: più la suddivisione del lavoro è marcata, più la differenziazione sociale è accentuata. E più la diffe- renziazione sociale è accentuata, più la stratificazione sociale risulta complessa. Uno strato può comprendere gruppi sociali differenti e l’ordinamento per classi di red- dito non fornisce che un quadro molto parziale di una certa società. Difatti, un individuo può appartenere a una classe sociale elevata (essere tra i ricchi sul piano economico) ma godere di basso prestigio sociale. E viceversa. Le gerarchie sociali dipendono sempre dal punto di osservazione e gli ordini tagliano obliquamente le classi sociali, producendo dei sottogruppi tenuti insieme dalla cultura comune, dallo spirito di corpo e dalla proiezione esterna di se stessi più che dalle condizioni economiche.
In sostanza, la stratificazione sociale per ordini consiste in una gerarchia di gradi distinti gli uni dagli altri e ordinati non secondo il patrimonio dei loro membri e la loro capacità di consumo, non più secondo la loro funzione e il livello nella produzione dei beni materiali, ma secondo la stima, l’onore, la dignità attribuiti dalla società a funzioni sociali, che possono non avere alcun rapporto con la produzione dei beni materiali.
I flussi elettorali e demoscopici delle democrazie occidentali ci confermano questa prospettiva: i ricchi non votano con i ricchi, né i poveri con i poveri, il voto è sempre meno segmentato per classi, la sua stratificazione è sempre più complessa e difficile da definire. Un giornalista, un docente universitario, un professionista di un grande centro metropolitano non sono poi così distanti a livello economico da un commerciante o da un piccolo imprenditore di provincia, ma negli ultimi anni questi due gruppi hanno generalmente mostrato di essere molto lontani sul piano politico e culturale. Un bravo artigiano potrà avere una dichiarazione dei redditi simile a quella di un magistrato, ma al primo non viene generalmente accordato il prestigio sociale del secondo, che esercita un potere d’influenza maggiore sulla società attraverso la sua professione e le sue reti relazionali. Pur appartenendo spesso a classi sociali simili, queste categorie appartengono a ordini differenti con linguaggi, culture, miti, maniere, valori diversi.
Molte ricerche negli ultimi anni hanno mostrato come i voti ai partiti di protesta, nazionalisti o populisti, non siano venuti soltanto dalle classi sociali meno abbienti ma anche da molti cittadini appartenenti a classi reddituali elevate. Il livello d’istruzione e la localizzazione geografica, in altre parole, hanno scavato un solco nelle preferenze politiche più di quanto non lo abbiano fatto il patrimonio o il reddito disponibile.
Questo assetto consolida le nostre società come so- cietà di ordini tecnocratiche. Esse sono quelle in cui i tecnici e i competenti esercitano una parte essenziale del potere politico e amministrativo, formano dei gruppi che si collocano nei posti più elevati della gerarchia sociale, in rapporto ai quali si ordina tutta la scala degli strati sociali, e forniscono alla società elementi della sua ideologia e dei suoi valori morali. Una dinamica ben spiegata ancora da Mousnier nella sua analisi sulla tecnocrazia francese: «Questi gruppi erano reclutati fra i vecchi allievi della Scuola del politecnico, della Scuola centrale, della Scuola Nazionale dell’Amministrazione; fra gli ispettori delle finanze, fra i diplomatici e, ad un livello inferiore, fra i vecchi allievi della Scuola Normale Superiore. Questi uomini, competenti e dotati di notevoli capacità intellettuali, ma che se ne attribuivano di eccezionali, professavano una benevolenza un po’ altera e sprezzante nei confronti di chi non apparteneva al loro cerchio sociale e, soprattutto, nei confronti delle masse. Avevano una coscienza di Ordine».