Formula 1. Vince Hamilton ma al Gp dell’Eifel risorge LeClerc, Vettel anima in pena

L'ennesima vittoria del pilota inglese lo porta a quota 91. Schumacher jr lo con il casco storico di papà Michael

Correva l’anno 1964 e sul mitico Nürburgring esordiva in F1 la Honda; cinquantasei anni dopo, alla vigilia del GP dell’Eifel, che si tiene proprio nella stessa sede (rinnovata dai numerosi lavori strutturali degli anni ‘70 e ‘80 ma anche dei primi 2000),  la casa giapponese annuncia il proprio disimpegno  dal mondiale alla fine della stagione 2021, lasciando nei fatti senza un motore l’Alpha-Tauri ma soprattutto la Red Bull e aprendo così una nuova problematica, visto che allo stato attuale delle cose nel 2022 vi sarebbero soltanto tre motoristi.

 

Le prove libere

Per altro, il ritorno dopo sette anni sulla pista tedesca, è salutato da un nubifragio che non consente la disputa delle sessioni del venerdì e costringe i piloti a guidare soltanto nelle FP3, comunque primeggiate da Bottas in 1’26”225, e a preparare l’assetto per qualifiche e gara (entrambe caratterizzate dalle bassissime temperature dell’aria e dell’asfalto) nella sola ora e mezzo del sabato mattina, apprezzando al massimo la sensibilità di guida dei piloti.

 

Le qualifiche

Non fosse per una situazione già di per sé sui generis, il clima in casa Racing Point si fa arroventato, visto che l’indisposizione (probabilmente per problemi intestinali) di Lance Stroll costringe la scuderia inglese a chiamare in fretta e furia Nico Hulkenberg, che arrivato poco prima delle qualifiche da Colonia e negativo al tampone, si mette in macchina direttamente per le qualifiche, con ancora il casco di quando correva in Renault, camuffato a grandi linee con nastro e vernice nera: al tedesco però, che già aveva sostituito Perez nella doppietta di Silverstone, questa volta non riesce alcun miracolo ed è solo ventesimo; in Q1 primo è Verstappen (1’26”319), mentre le Mercedes cominciano a macinare dalla Q2 (Hamilton primo in 1’25”390), per poi prendersi alla grande la pole position grazie a Bottas (in 1’25”269), strappandola proprio all’ultimo secondo a Verstappen che alla fine è costretto alla terza posizione, dietro a Hamilton e davanti all’eccelso Leclerc e ad Albon, mentre l’altra Ferrari, quella di Vettel, è soltanto undicesima.

 

La gara

Al via Hamilton ha un ottimo stacco frizione, riuscendo ad affiancare Bottas nel breve allungo verso la prima curva: i due arrivano alla staccata ruota a ruota ma il finlandese rintuzza molto bene l’attacco del compagno, mettendo due ruote sulla via di fuga, sfruttando così lo spazio esterno per far scorrere la vettura e mantenersi in testa.

Le Mercedes e Verstappen ne approfittano subito per allungare e così per vedere qualche duello, l’attenzione va rivolta alle spalle dei primi tre: al nono giro Ricciardo riesce ad avere la meglio di Leclerc alla “Mercedes Arena”; il monegasco, in difficoltà con le proprie coperture, deve fermarsi dopo soli dieci giri, poco prima che, sei posizioni più indietro, Vettel, nel tentativo di passare Giovinazzi, perde la vettura arrivando alla frenata e per evitare il tamponamento finisce in testacoda, dovendo perciò anticipare la prima sosta.

Al giro 13, ecco il passaggio di testimone in testa alla corsa: Bottas arriva al bloccaggio in fondo al rettilineo, va largo e si fa superare da Hamilton, necessitando di un immediato pit stop, per sostituire gli pneumatici ma ritrovandosi poi alle spalle anche di Verstappen quando questi effettua la medesima operazione, giacché per rimuovere la vettura incidentata di Russell (dopo un contatto con Raikkonen che gli costa 10” di penalità) la corsa viene neutralizzata dalla Safety Car virtuale, della quale approfittano Hamilton e Verstappen; per Bottas la sfortuna non finisce qui, visto che per un calo di potenza, poco dopo è addirittura costretto al ritiro (come del resto Ocon e Albon).

La prima tornata di soste non sembra rimescolare le carte in gioco ma serve per offrire un poco di brio alla fase centrale di gara: Perez e Sainz “pittano” al ventinovesimo giro e rientrano settimo e nono, Norris il passaggio successivo, rientrando quinto, di poco alle spalle di Leclerc che presto si ritrova in un gruppetto caldissimo, dove le danze sono aperte da Sergio Perez che si sbarazza subito di Norris alla “Castrol esse” e va a caccia del monegasco della Ferrari, del quale ha la meglio dopo un bel confronto; costretto a fermarsi di nuovo, Leclerc torna in pista decimo e ha l’occasione di sbarazzarsi di Vettel con una bella frenata ritardata, per quanto non vi fosse nemmeno un accenno di battaglia in casa Ferrari, con Vettel, che in evidente difficoltà, si fa poi sopravanzare anche da Gasly e Hulkenberg.

Al 44esimo finisce anche la bella gara di Norris (lungamente in terza posizione virtuale), a causa di problema tecnico ma per ravvivare il finale, vista la situazione di non estremo pericolo, si decide comunque di far entrare la Safety Car e la maggior parte dei protagonisti si ferma a cambiare gli pneumatici: alla ripartenza (a meno undici dalla fine) la classifica vede Hamilton, davanti a Verstappen, Ricciardo, Perez, Sainz, con Ricciardo che ci prova subito su Verstappen che lo contiene, costringendolo a sua volta difendersi da Perez, mentre Gasly passa Leclerc per la sesta piazza; in realtà, alla fine non succede più nulla, e l’ultima emozione è data da Verstappen che strappa ad Hamilton il punto bonus del giro più veloce proprio all’ultimo passaggio, grazie all’1’28”139 finale: il podio viene così completato, alle spalle della Mercedes di Hamilton, da un solido Verstappen e da Ricciardo che riporta così la Renault tra i primi tre per la prima volta dal GP di Malesia 2011 (allora terzo fu Nick Heidfeld), ritornandovi dopo oltre due anni, dal momento che l’australiano non faceva Top 3 in gara da Montecarlo 2018, vinto alla guida di una Red Bull.

Punti mondiali per Perez, Sainz, Gasly, Leclerc, Hulkenberg, Grosjean (per la Haas un enorme boccata di ossigeno) e Antonio Giovinazzi; soltanto undicesimo Vettel, sempre più ombra di sé stesso.

 

Fatti, misfatti e commenti dal GP

Al di là della cronaca, il Gran Premio dell’Eifel ha offerto tanti spunti di riflessione: era il 2007, quando un giovane Lewis Hamilton guidava una McLaren battagliando per il titolo sin dalle prime gare e ottenendo nove podi nelle prime nove gare, incluse le vittorie di Montreal ed Indianapolis; la striscia si interruppe proprio al Nurburgring, dove arrivò nono, dopo un fine settimana dalle forti emozioni che lo aveva visto protagonista di un brutto incidente in Q3 ma soprattutto dell’incredibile episodio del salvataggio della gru dopo un uscita di pista nelle prime fasi di gara, a pista completamente allagata, che lo aveva rimesso in carreggiata, consentendogli  di poter continuare la propria corsa, nei fatti quasi indenne.

Da allora, sono passate altre 89 vittorie, sei titoli (il settimo è in arrivo) e Lewis Hamilton si è dimostrato essere la stella più brillante del firmamento nell’attuale periodo storico della F1, ben oltre l’evidente dominio tecnico della sua squadra: senza alcuna retorica, va dato merito all’inglese di essersi “smussato”, di aver studiato, mettendo da parte quegli eccessi da raro purosangue di razza che avevano contraddistinto le sei stagioni in McLaren, probabilmente le migliori se dovessimo considerare soltanto il fattore della velocità pura.

Ecco dunque che la corsa tedesca ha offerto un momento fortemente simbolico, visto che nell’occasione il pilota della Mercedes ha eguagliato uno dei record principali in F1, quello delle 91 vittorie, che resisteva dal trionfo di Michael Schumacher in Cina nel 2006: il passaggio di consegne ha assunto delle tinte commoventi, dal momento che durante le interviste è stato proprio il figlio di Schumi, Mick, a consegnare a Lewis il casco che fu del papà durante gli ultimi tre anni di carriera, quelli tribolatissimi spesi a far girare la rientrante Mercedes che non ne voleva sapere di ottenere mezza prestazione in maniera regolare; ed è forse un addetto che ha portato via il casco prima che cominciasse la grande festa con lo spumante sul podio, che ha offerto la più bella immagine della domenica, quasi a riprova  della grandezza e della statura di cui tutt’ora gode l’uomo Michael, ancor prima che lo sportivo sette volte campione del mondo all’interno del Circus.

I record, si sa, sono fatti per esser battuti e così, questo fine settimana ha visto un nuovo primato: alzi la mano chi soltanto dieci anni fa avrebbe immaginato Kimi Raikkonen ancora in F1? Ebbene, a quasi quarantuno anni, e diciannove di carriera, con 324 GP disputati all’attivo, il biondo finlandese è ancora là, a fare a quotate con dei piloti che potrebbero essere i suoi figli e che magari avranno squagliato la Play Station scegliendolo alla McLaren, alla Ferrari o alla Lotus; anche questa è una bella storia, così come una bella storia è stata la domenica di Daniel Ricciardo.

L’australiano, che ha da tempo annunciato il passaggio alla McLaren per il 2021, si è tolto la grande soddisfazione di riportare sul podio la Renault: per la casa francese, dopo le incertezze causate dal Coronavirus e dagli enormi investimenti che fino ad oggi (dal suo ritorno come costruttore nel 2016) non sono spesso stati ripagati adeguatamente (in giro c’era ben più di una voce sinistra che parlava addirittura di ritiro); ma grande è stata anche la corsa di Ricciardo, finalmente lì in alto, dopo i tanti rospi amari ingoiati in Red Bull e nel primo anno alla guida della vettura giallo-nera.

Infine, una lode speciale va a Niko Hulkenberg (eletto tra l’altro “Pilota del giorno”): il tedesco,  nonostante le circostanze, ha alla fine portato in cascina ben quattro punti, arrivando quasi nella scia di Leclerc, legittimando con una condotta di gara molto autorevole un fine settimana che fino a sabato mattina non era minimamente contemplato e confermando una volta di più lo status di pilota di grande sostanza; un capitolo a parte, come sempre, va dedicato alla Ferrari, autrice dell’ormai consuetudinaria gara a due facce.

Se Leclerc dopo l’ottimo sabato ha portato comunque qualche punto a Maranello, è Vettel che continua ad essere un enorme enigma: il tedesco non entra in Q3 dal GP di Gran Bretagna ed ha ottenuto soltanto un punto nelle ultime cinque gare ma nonostante abbia dalla sua mille alibi, legati alla sua situazione contrattuale e al clima non proprio idilliaco con la squadra, sembra proprio che abbia tirato i remi in barca, subentrato un blocco psicologico che sta distruggendo quello che secondo tutti sarebbe dovuto divenire il vero erede di Schumacher, nei fatti mettendogli un macigno sulle spalle che lo ha schiacciato non appena le difficoltà con la Ferrari si sono dimostrate irrisolvibili, ed è un vero peccato, dal momento che più di qualcuno sembra voler rimettere in discussione le qualità e il palmares di quello che comunque rimane, per numero di vittorie, il terzo pilota della storia di questo sport; da lui, come dalla sua squadra, ci si aspetta sempre almeno il canto del cigno, per rendere meno amaro questo addio, burrascoso e non scevro da strascichi.

 

 

Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

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