Il moschettiere francese Julian Alaphilippe vince ai Mondiali di ciclismo

Trionfo davanti al belga Van Aert e a Hirshi, Caruso primo degli italiani si classifica decimo

Il grande ciclismo torna alla ribalta, appena terminato l’insolito Tour de France, edizione numero 107  tenutosi tra agosto e settembre: i Mondiali, da sempre vetrina delle più grandi stelle, vedono l’edizione 2020 di Imola (sebbene inizialmente si dovesse tenere a Ginevra) strettamente modulata nell’organizzazione e nei protocolli, in funzione dell’emergenza sanitaria da Coronavirus: è in questo senso che vanno inquadrate le cancellazioni di tutte le gare maschili e femminili, sia in linea che a cronometro Juniores e Under 23, limitando la kermesse di Imola a quattro giorni e alle sole prove dei professionisti (Elite).

Si comincia al giovedì, con la vittoria a cronometro dell’olandese Anna van der Breggen, fenomenale a sublimare un’incredibile prestazione con la doppietta personale, grazie al successo di sabato, ottenuto dopo una fuga solitaria di oltre cinquanta kilometri; tra le donne, l’Olanda si prende anche il bronzo al giovedì (terza la Ellen van Dijk, alle spalle della svizzera Ellen van Dijk) e l’argento al sabato (seconda, Annemiek van Vleuten), mentre  l’Italia si fregia di un preziosissimo terzo gradino del podio, conquistato nella gara in linea da Elisa Longo Borghini e degna ciliegina sulla torta di una tre giorni spettacolare.

Per gli azzurri infatti, l’appuntamento con la storia si era compiuto nella cronometro di venerdì, grazie a Filippo “TopGannaGanna, atleta della Ineos-Grenadiers: il classe 1996, considerato nel novero dei  favoriti, non sente alcuna pressione e conquista così la maglia iridata (l’Italia è al primo oro nella specialità, istituita nel 1994), riuscendo a mettersi alle spalle corridori quali Wout Van Aert, Stefan Kung e Geraint Thomas; soltanto quinto, il campione del mondo in carica a cronometro, l’australiano Rohan Dennis.

Un prologo così scoppiettante non fa che aumentare l’attesa per la gara di domenica, 258 km e 200 metri molto duri, snodatisi lungo un percorso molto simile a quello di una classica, con partenza e arrivo all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari: alla domenica non piove ma un cielo plumbeo accompagna i corridori per tutta la durata dell’evento che si apre con la prima fuga di giornata, portata via da Jonas Koch (Germania), Torstein Traeen (Norvegia), Marco Friedrich (Austria), Daniil Fominykh (Kazakistan), Yukiya Arashiro (Giappone), Eduard Grosu (Romania), Ulises Castillo (Messico), i quali avranno un vantaggio massimo superiore ai 7’ quando mancano poco meno di 150 km all’arrivo ma vedono via via perdere vigore alla loro azione, che si esaurisce definitivamente ai meno 60 dalla fine.

Il gruppo procede compatto per una ventina di kilometri, quando la corsa esplode, grazie al vigoroso attacco (in verità portato forse un po’ troppo presto, ai meno 41 dalla fine) dal fresco vincitore del Tour Tadej Pogacar che saluta la compagnia al penultimo giro, sulle rampe della Cima Gallisterna, la salita più dura del percorso e che poi si rivelerà decisiva per il risultato finale.

L’azione dello sloveno, che al momento di affrontare la salita di Mazzolano arriva con 24” di vantaggio sul plotone dei migliori, composto di non più di 40 unità e sgranatosi proprio grazie alla selezione fatta da Pogacar, necessita di una convinta risposa dei belgi che a quel punto si mettono in testa a fare forcing: quando ormai Pogacar non ha che 11” su tutti gli altri, si muove l’olandese Tom Dumoulin che lo riprende ma vede spegnersi il proprio tentativo e nemmeno novecento metri dopo la formazione della coppia di testa, è di nuovo tempo di fuochi artificiali, giacchè prova ad uscire Damiano Caruso con una rasoiata (quando mancano 21 kilometri e 300 metri), cui risponde Richard Carapaz ma che nei fatti funge da apripista a Vincenzo Nibali che con la sua sparata porta via un quartetto, con Landa, Uran e Van Aert che però è a usa volta presto riassorbito, arrivato a Riolo Terme.

A quel punto a provarci è Fausto Masnada, immediatamente inseguito e che serve alla Francia per sondare il terreno, con un primo allungo di Guillaume Martin: al momento di imboccare la rampa finale di Cima Gallisterna, i favoriti sono tutti insieme; davanti c’è il campione olimpico belga Greg Van Avermaet ma quando la pendenza comincia ad essere più probante, Marc Hirshi (Svizzera) aumenta il ritmo e porta via un nuovo plotoncino, composto da Nibali, Van Aert, Kwiatkowski, Fuglsang, Roglic, Schachmann ma soprattutto dal francese Alaphilippe: è questa l’azione decisiva, visto che nel tratto più duro, il polacco fa la vera selezione e fa si che con lui rimangano soltanto Roglic, van Aert, Hirshi, Fuglsang e Alaphilippe che a questo punto, proprio in prossimità della vetta e nel tratto più duro, si alza in piedi sui pedali, saluta la compagnia e se ne va tutto solo.

È questo numero speciale, degno della fantasia di un moschettiere, che consente a Julian Alaphilippe di allungare, presi subito 8” di vantaggio, saliti a 12” nel tratto in falsopiano (ai meno 8,5 dal traguardo finale): il francese è bravissimo, sfrutta il tentennamento degli inseguitori e fa letteralmente il vuoto, spingendo un rapporto durissimo e connotando lo sforzo con le tante smorfie che lo hanno reso celebre nel mondo delle due ruote; ciò che però è fondamentale è che tutto questo gli permette di presentarsi in solitaria all’ingresso dell’autodromo, onore che nel ciclismo spetta ai grandi campioni, potendo alzare le braccia al cielo e lasciando ai suoi avversari la volata soltanto per il secondo posto.

Alle spalle del moschettiere francese, staccati di 24”, l’argento va al belga Van Aert, con terzo Hirshi; chiudono la Top 10 Kwiatkowski, Fuglsang, Roglic, Matthews (a 53”), Valverde e Schachmann. Migliore degli italiani, Damiano Caruso (10°), con Nibali 15°, rimasto senza energie proprio sul finale.

Per la Francia è un giorno speciale, visto che l’istrionico corridore della Deceuninck-Quick Step vi riporta l’iride dopo ventitré anni, visto che l’ultimo transalpino a vincerlo era stato Laurent Brochard nel 1997, in quel di San Sebastian ma soprattutto, a riprova che in questo sport non ci sono soltanto i tatticismo, la splendida prestazione dell’atleta ha visto premiata una volta di più la fantasia, caratteristica che ha fatto di Alaphilippe uno dei corridori più vincenti di questa sua era, come pure, nonostante i suoi eccessi caratteriali, uno dei più amati dai francesi e da tutto l’ambiente.

Il ciclismo comunque non si ferma qui, visto che i nuovi calendari prevedono proprio adesso l’inizio delle grandi classiche, in concomitanza con il Giro d’Italia che si concluderà a Milano il 25 ottobre; il prossimo campionato del mondo (2021) si svolgerà invece nel Belgio, in zona Anversa, con arrivo a Leuven.

 

Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

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