“Addio mia bella addio”: battaglie eroi e sconfitti del Risorgimento

Luca Gallesi recensisce il saggio di Alberto Leoni su una parte cruciale della storia d'Italia

Un quadro iconico sul Risorgimento

Nonostante sia passato un secolo e mezzo dall’Unità d’Italia, il Risorgimento è ancora motivo di polemica, come si può vedere nelle librerie, dove troviamo volumi che riaccendono la faida  tra nordisti contro meridionali, centralisti contro federalisti, cattolici contro anticlericali. Un’eccezione apprezzabile a questo inutile spiegamento di fazioni è rappresentata dal saggio di Alberto Leoni Addio mia bella addio (Ares, pp 400 € 18), dedicato, come spiega il sottotitolo, a Battaglie & eroi (sconfitti) del Risorgimento. In realtà, gli eroi di questo libro appassionato non sono solo gli sconfitti, ma anche i vittoriosi, ovvero tutti quei giovani entusiasti che, da una parte e dall’altra, accorsero volontariamente “a cercar la bella morte”, spinti da uno slancio ideale, come accadde per l’ultima volta durante il secondo conflitto mondiale, e come oggi sarebbe assolutamente impensabile. 

Appassionato di storia militare, ufficiale della riserva e già autore di volumi dedicati all’arte della guerra, Leoni ci prende per mano per condurci, quasi fisicamente, sui luoghi delle battaglie dove, nell’Ottocento, fu fatta, a caro prezzo, l’Italia. Chi ha superato la sessantina sentirà risuonare nomi che ha imparato a memoria alla scuola elementare: Goito e Pastrengo, Montebello e Custoza, le Cinque giornate di Milano e il il Maresciallo Radetzky, Cavour e Garibaldi, Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II, fino a Teano e alla breccia di Porta Pia, con gli zuavi pontifici e i valorosi bersaglieri che, in quanto a coraggio, non hanno rivali al mondo.

 Ma lo scopo di Leoni non è di farci ripassare la storia del Risorgimento, per quanto utile, in tempi di grande ignoranza, questo possa essere. L’idea sottesa al volume è di farla finita con l’idea, diventata quasi un luogo comune, che il Risorgimento sia stato esclusivamente una manovra di logge massoniche che hanno manovrato cellule di cospiratori atei e anticlericali, votati a combattere contro il Trono e l’Altare fino alla morte. 

 Come testimoniato da lettere e documenti riportati nel libro, furono tantissimi i patrioti affatto credenti pronti a sacrificare la propria vita per la libertà e l’unione d’Italia, confortati da numerosi sacerdoti che non ebbero paura di esporsi, anche fisicamente, contro gli occupanti stranieri. Attenzione: non stiamo parlando della vera e propria guerra civile che, fatta l’Italia, incendiò il Meridione, e che vide effettivamente il popolo del Sud difendere con le armi la propria terra. Stiamo facendo riferimento alle tre guerre d’indipendenza, che per quanto sfortunate dal punto di vista militare, furono teatro di scontri epici e combattimenti gloriosi. Purtroppo, come sembra essere destino fatale, gli Italiani sono destinati a essere combattenti inutilmente valorosi, perché invariabilmente comandati da ufficiali totalmente incapaci. 

 Cosa resta di quella sanguinosa epopea? A parte, ovviamente, la realizzazione del sogno secolare di un’Italia unita e liberata dallo straniero, ci sono monumenti non (ancora) oggetto di vandalismo e piazze e strade intitolate a fatti e personaggi sbiaditi dal tempo. Dubito che, se chiedessimo a qualche milanese cos’è successo il 6 Febbraio, saprebbe indicare il motivo perché ci sia una grande piazza così intitolata; oppure chi fossero Tito Speri, o i fratelli Dandolo o Enrico Cosenz, a cui sono dedicate vie, anche importanti, del capoluogo lombardo. La speranza dell’Autore, e la nostra, è che libri come questo aiutino a riaccendere l’interesse e l’entusiasmo per coloro, e furono tantissimi, che, senza retorica e con grande generosità, vissero, e morirono, per un ideale che non era possedere l’ultimo modello di telefonino o partecipare al concerto live di una rock-star. 

Addio mia bella addio di Alberto Leoni (Ares, pp 400 € 18)

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Luca Gallesi

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