Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle, il giallo che si specchia in cento generi

Il romanzo di Stuart Turton accompagna il lettore in un gioco simile al cluedo coinvolgendolo nella sua inconsueta indagine

Una cosa affascinante della narrativa, o che almeno ha sempre affascinato me, è che con gli stessi espedienti, generi e topoi si può creare un’infinità di romanzi differenti. Un po’ come la musica: si hanno 7 note a disposizione ma i risultati possono essere Beethoven o i Sex Pistols. Vabbè, è chiaro che si semplifica però è un aspetto che mette in luce una delle difficoltà del mestiere del narratore, ovvero quello di trovare sempre strade nuove, cercare di dare una soluzione all’urgenza del tutto umana di essere intrattenuti e spostati in un mondo altro rispetto a quello reale.

In questo Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle (Neri Pozza) ci riesce molto bene: da un genere come il giallo non ci si aspetta un profondo world building che di solito è più appannaggio di generi come il fantasy o il sci-fic, eppure Blackheath House il luogo dove si svolge l’intera vicenda è esattamente questo, un luogo a sé sospeso tra la realtà e la finzione e soprattutto sospeso nel tempo.

L’inafferrabilità del giallo

Non vi faccio grossi spoiler, perché si scopre da subito che il protagonista, che siamo noi perché l’intero romanzo è in prima persona, è chiamato a rivivere in eterno una sola giornata fino a che non arriverà a risolvere l’omicidio di una giovane donna, l’Evelyn Hardcastle del titolo. Non finisce qui, siamo anche chiamati a spostarci da un personaggio all’altro perché il narratore indossa abiti e coscienze differenti, magari sviene o si addormenta e si risveglia ora nel corpo del maggiordomo ora in quello di un fascinoso e ricco ospite. Non è dato sapere chi sia un alleato, chi mente o chi sia un altro te che non hai ancora sperimentato e soprattutto come diavolo si sia finiti in questa situazione, si sa solo, in teoria, come uscirne ma di pagina in pagina la soluzione al giallo sembra farsi inafferrabile.

La commistione di generi dà vita a un prodotto molto accattivante e, con mia grande gioia, difficile da incasellare: giallo ottocentesco con tanto di lista di personaggi e mappa del luogo, fantasy perché l’elemento soprannaturale è potentissimo e infine anche thriller psicologico perché tutto il romanzo non è altro che una lotta contro il tempo e contro nemici e amici che hanno facce mutevoli, spesso anche letteralmente.

Tra Cluedo e gioco di specchi

Essere intrappolati in un narratore in prima persona che è tutto tranne che onnisciente, tanto da non conoscere nemmeno il passato degli stessi personaggi che abita, ci fa sentire claustrofobici e incerti anche sulla sua credibilità, mentre l’imminenza dell’omicidio ci incalza come la sabbia di una clessidra, piazzata lì sulla mensola di un camino che ci guarda e scorre imperturbabile.

Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle è un po’ un Cluedo gigantesco, un po’ gioco degli specchi e un po’ libro game; alla fine Stuart Turton riesce abilmente a destreggiarsi, tenendosi in bilico in un libro che, cito dal mio commento in quarta è “bello, bellissimo” e che vi farà passare un pomeriggio, una giornata o una settimana immersi nella sua atmosfera a prescindere che siate alla prima pagina, che peraltro è una sciccosissima riproduzione dell’invito al ballo in cui Evelyn sarà uccisa, o all’ultima in cui tirerete, o forse no, il famigerato respiro di sollievo.

*”Le sette morti di Evelyn Hardcastle” di Stuart Turton (Neri Pozza, pp. 526, euro 18)

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Runa Bignami

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