La tentazione
La Dc come ricetta ai populismi, ai torsi nudi del Papeete. Lo sussurra chi vorrebbe riabilitare una fase storica stagnante per blindare se stesso. Il governare della Democrazia cristiana era stanco, spesso inconcludente. Votato alla mediazione continua, ai travagli interni, ai compromessi, ai sensi di colpa, alle mance che risolvevano ogni diatriba, ai vincoli esterni. La Dc odorava di borotalco e sagrestia. Roba che per votarla – Indro Montaneli dixit – bisognava stare davvero col naso turato.
Tutto questo mentre i suoi esponenti vivevano con insofferenza e umiliazione il primato culturale del Partito comunista. Ma non faceva nulla per scalfirlo. Appunto perché il potere veniva prima di tutto. Prima delle cattedre, delle letture e dei teatri. Il potere, sì. Quello strumento gestito per tutta la Prima repubblica come se fosse di esclusiva competenza. E lo era. L’eredità di quei giorni è tutta sulle spalle indebitate delle nuove generazioni.
Il pelo sullo stomaco
Marco Follini ce la racconta così. Con onestà intellettuale e lucidità storica. Un partito cinico, da pelo sullo stomaco. Immorale nel suo bigottismo. Moderato fino alla paralisi. Tutto da buttare? No di certo. Ma è difficile capire cosa conservare oggi. Oggi che ci vorrebbe invece un ciclo nuovo, dove legittimità della politica e assertività del governo dovrebbero aiutarci a gestire la crisi più cruda dal Dopoguerra, in cui il combinato disposto pandemia più sconquasso sociale aprirà quasi certamente un’instabilità senza precedenti. Non sazio del pantano targato Rosatellum, il Parlamento sta studiando per il ritorno integrale al proporzionale. Escogitando quindi il nuovo avvio della Prima repubblica senza però che il funerale della Seconda sia celebrato pubblicamente.
@fernandomadonia
@barbadilloit