La distorsione delle traduzioni di J.R.R. Tolkien, Spengler e Nietzsche

La peggiore sinistra prova a edulcorare le opere di autori del pensiero forte

Nietzsche in un ritratto con mattoncini Lego

Nietzsche in un ritratto con mattoncini Lego

Lo Hobbit e Tolkien

Tornano le vecchie abitudini. E tornano i maestrini borghesi dalla penna rossa, gli intellettuali “organici”, quelli che prima di scrivere o parlare chiedono alle loro lobby che cosa devono dire e come dirlo. Riprendono un vecchio concetto: chi pensa è, naturaliter, di sinistra. Chi è intellettuale può essere solo di sinistra. Anche perché la sinistra detiene l’esatta concezione del bene e del male e soprattutto detiene la “superiorità morale”. Anche se si tratta di una superiorità come quelle delle tre carte, una vince e una perde. Ma soprattutto, questi intellettuali cambiano le carte in tavola, ritraducono opere, cambiando le parole, le prospettive, sofisticamente reinterpretano il pensiero di un autore volendo spiegarci che lo scrittore o il filosofo di destra non la pensava proprio come aveva scritto e, attenzione, ora ci spiegano tutto loro…

Tolkien, il minimalista?

Le recenti polemiche mostrano bene tutto questo. Quali? A esempio la questione della traduzione del Signore degli anelli, un classico di John Ronald Reuel Tolkien, non hanno fine. L’edizione tradizionale è stata ritirata dalla casa editrice Bompiani, che detiene i diritti dell’opera, e sostituita con i primi due volumi della trilogia. La casa editrice ha deciso di far ritradurre l’opera già tradotta dalla principessa Vittoria Alliata di Villafranca negli anni Settanta. Traduzione approvata da Tolkien che, peraltro, conosceva bene la lingua italiana. Per la Bompiani la nuova traduzione (opera di Ottavio Fatica) si avvale di un lessico più moderno, un linguaggio parlato simile a quello di tutti i giorni. Le accuse sono di traduzione poco corretta (la prima) e di traduzione poco fedele (la seconda).

Gli esperti di Tolkien sostengono che la nuova traduzione toglie il piglio epico, si baserebbe su una lingua asciutta con un’interpretazione non aderente ai propositi di Tolkien. Una vicenda che ha avuto strascichi anche legali fra traduttori e fra traduttori e casa editrice, la Bompiani (Gruppo Giunti). C’è chi parla della necessità di svecchiare l’opera e chi invece pensa che l’opera resti fedele alle idee di Tolkien il quale voleva che fosse un poema epico e mitologico dell’Inghilterra, anche se il libro possiede una valenza universale. Quindi Alliata accusa: la nuova traduzione è frutto del “revisionismo radical chic” e di un attacco alla sua traduzione “in nome del nuovismo e del politicamente corretto”. Gli estimatori della nuova traduzione sostengono che quest’ultima sarebbe più vicina al linguaggio corrente, come se fosse un romanzo contemporaneo, facendo venire meno la scrittura epica, arcaica, che l’autore inglese aveva scelto nella lingua madre e apprezzato nella traduzione italiana dell’Alliata.

Tolkien, conservatore, monarchico e tradizionalista, cattolico papista, soprattutto antimoderno, non avrebbe accettato una “modernizzazione” della sua opera. Inoltre, la Società Tolkieniana Italiana, società ufficiale dei fan e degli studiosi di Tolkien, l’unica riconosciuta dalla Tolkien Society di Londra, molto attiva nell’organizzare convegni e seminari di approfondimento sull’opera dello scrittore inglese è molto scettica sulla validità dell’ultima traduzione. Dice Domenico Dimichino, presidente della STI: “Al di là delle polemiche, si deve partire dall’origine del problema che ha causato polemiche: dal voler far credere a tutti che non si vedesse l’ora, sentendone la necessità, che si producesse una nuova traduzione de Il Signore degli anelli. Confrontandoci con vari gruppi di appassionato tolkieniani, con studiosi che si occupano da 40 anni di questi temi, abbiamo constatato che nessuno di noi è mai stato contattato per un parere e che tutto sia nato forse in un pub fra pochi, che avevano ben chiaro che la traduzione non veniva prodotta per il bene di tanti”.

Il medievista Franco Cardini in questa opera ha individuato la contestazione dei valori consumistici e progressisti che sfocia in una “rivolta contro il mondo e la cultura moderni compiuta nel nome del mondo e della cultura tradizionali, di quei valori cioè che in Occidente sono stati minati da un certo filone del pensiero umanistico e dalla riforma protestante per essere poi del tutto obliterati dalla nascita del mito del progresso e della rivoluzione industriale con i suoi corollari con le quattro grandi rivoluzioni sociopolitiche (inglese, francese, americana, russa)”. In altre parole, nell’opera c’è il sacro e l’origine divina del potere, il senso della comunità e della sua tutela, del solidarismo, dei valori dell’amicizia, la difesa della propria identità. Cardini ha anche sottolineato, nel suo sito, che “nessuno ha il monopolio di niente e su niente, tantomeno di e su Tolkien: se esistono o verranno alla luce più traduzioni della sua opera, sarà opportuno individuare gli specialisti in grado di collazionarle e di formulare serenamente fondati giudizi sulla loro rispettiva validità; Tolkien era uno studioso e come tale ha il diritto di essere trattato”. Una risposta a questa operazione radical chic di “egemonia culturale neogramsciana” come è stata definita in un comunicato della casa editrice il Cerchio che, al di là delle etichette, toglierebbe proprio l’aura epica all’opera che nacque secondo questi auspici.

E, senza perdere tempo, la casa editrice il Cerchio (ordini: ilcerchio.it), capeggiata da Adolfo Morganti, ha rastrellato un migliaio di copie della vecchia edizione da depositi e da distributori e le ha reimmesse sul mercato a “prezzo politico” (solo venti euro tutta l’opera!). E non si esclude che qualche altra casa editrice, fiutando il colpo, possa ristampare l’edizione completa e originale per restituire la vera traduzione al pubblico che vuole conoscere il vero Tolkien nella versione originale, approvata dallo stesso scrittore.

In una lettera aperta ai tolkieniani Vittoria Alliata ha scritto che Tolkien non avrebbe trovato ”l’editore italiano capace di apprezzarne il ruolo universale e di esaltarne la figura e lo stile, con il contributo di tutti coloro che nel corso di questi anni, specialmente in Italia, hanno studiato le complessità di un messaggio che – proprio perché insieme epico ed etico – costituisce una seria minaccia all’oligarchia finanziaria e tecnocratica che mira all’oppressione globale, alla schiavitù delle menti e dei cuori e all’appiattimento, anzi alla distruzione, di ogni differenza e identità culturale”. Il messaggio antimoderno e nemico del politicamente corretto sarebbe quindi, secondo Alliata, occultato con la nuova edizione.

 

Nietzsche, il moderato?

 

Ma polemiche del genere coinvolgono sempre scrittori antimoderni, liberi, presi di mira dalla cultura radical chic che intende neutralizzare quando non “assorbire” certi autori e offrire, con traduzioni ad hoc, una lettura fuorviante, “politicamente corretta”. Nota, a esempio, la polemica su Nietzsche. Montinari e Colli furono accusati dal filosofo Domenico Losurdo di traduzioni in certi punti incomplete o, quanto meno, “edulcorate” e pone in rilievo una serie di esempi. Fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso alcuni filosofi, tentarono di annettere il filosofo Nietzsche alla schiera di pensatori illuministi e di sinistra, con dimostrazioni che non hanno convinto e non hanno retto al tempo, smentite poi da una serie di altri filosofi, fra i quali proprio Domenico Losurdo, con il suo poderoso Nietzsche, il ribelle aristocratico. Libro di oltre mille pagine nel quale non sono furono confutate le intepretazioni varie ma fu sottolineato come certe traduzioni non erano propriamente aderenti ai testi originali, con tanto di esempi e rimandi.

 

Oswald Spengler, autore de Il tramonto dell’Occidente nella traduzione del 1970

Spengler, il socialista?

 

Più di recente, il caso di Oswald Spengler. La nuova traduzione del Tramonto dell’Occidente ha dato la stura ad altre polemiche. Un docente di Filosofia teoretica dell’Ateneo catanese, Giuseppe Raciti, ha ripreso un vecchio progetto di Furio Jesi: dimostrare che Spengler non era di destra, come lui stesso sosteneva, ma un socialista! Nonostante l’aperta adesione dell’autore alla corrente della Rivoluazione conservatrice e gli scritti molto chiari. Raciti ha ritradotto Il Tramonto dell’Occidente la cui prima edizione italiana apparve nel 1957 da Longanesi con introduzione e traduzione di Julius Evola. La seconda nel 1978, sempre Longanesi, espurgata dall’introduzione di Evola e con un saggio di Furio Jesi. La traduzione di Evola fu ritoccata qui e là. Nel 2002, edizione Guanda, con la versione integrale ripristinata di Evola e un buon saggio di Stefano Zecchi. Ora, quarta edizione, di Aragno editore, tradotta, introdotta e curata da Giuseppe Raciti. Raciti che ha rilasciato una intervista su Spengler, uno dei maggiori pensatori della corrente culturale detta “Rivoluzione conservatrice”, a Bruno Ventavoli di Tuttolibri (n. 2053 del 17 giugno del 2017). Qui ha dichiarato i fini della sua operazione. Ammette che i modelli per Spengler sono Goethe e Nietzsche. Sulla traduzione di Evola sostiene che non è il caso di considerarla infedele, sarebbe “una falsa questione”: “Il traduttore – spiega Raciti – può essere fedele solo alla propria interpretazione (sic, ndr). La traduzione di Evola è pionieristica, ha tracciato solchi importanti – ammette Raciti – e chi è venuto dopo non può che averne tratto profitto”. Grande apprezzamento, al quale aggiunge: “Con la mia traduzione ho sterzato ideologicamente la fruizione del testo. Volevo aprire un’altra prospettiva che non fosse destrorsa”. E’ una confessione. Al di là di quello che Spengler pensava, e scriveva, vale di più “la nuova sterzata”. Raciti dice di correggere Spengler, il quale si richiamava al socialismo prussiano, che nella Rivoluzione conservatrice significava socialismo aristocratico, opposto alla democrazia individualista e con connotazioni sociali, militari e nazionali, conservatrici e con richiami al sangue. Spengler lo chiarisce in Il socialismo prussiano (All’Insegna del veltro ed.) e in Anni della decisione (Edizioni di Ar) sottolineando che il socialismo prussiano non ha nulla a che fare con il socialismo marxista. A tal proposito è estremamente importante leggere Prussianesimo e socialismo (Edizioni di Ar) e Il socialismo prussiano (ed. All’Insegna del Veltro) di Spengler e Il socialismo tedesco (Edizioni Il Corallo) di Werner Sombart che forse il professor Raciti non ha tenuto in considerazione altrimenti avrebbe sottolineato che per Spengler il socialismo aveva una valenza comunitaria, spirituale, sociale e non socialistica e materialista in senso marxista.

La rivista “La lettura” (n. 432, 8 marzo 2020) del “Corriere della sera”, ha salutato la nuova edizione titolando “Il (nuovo) Spengler liberato da Evola”… ma sanno che Spengler ed Evola appartenevano entrambi, per scelta, alla corrente della Rivoluzione conservatrice europea? Liberare da che? Nello stesso numero della “Lettura” la nuova traduzione di Tolkien è stata salutata con il titolo “(Ri)tradurre, così un’opera (ri)nasce”… tutto torna.

Concludiamo. Si tratta di operazioni per imporre il politicamente corretto (ricordate quando dicevano che Platone era il precursore del comunismo?) e sui giganti del pensiero, dell’arte.

Ci provano e riprovano ma falliscono sempre. Vogliono correggere il pensiero di grandi autori per arruolarli a sinistra. Periodicamente ci provano. L’elenco è lungo ma riguarda fin dagli anni Settanta tanti autori, fra i quali Drieu La Rochelle, Céline, D’Annunzio, Jünger ecc. ma il loro “revisionismo ad usum delphini” non ha mai convinto nessuno. Forse perché le idee vere sono più forti di quelle false.

@barbadilloit

Manlio Triggiani

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