Libri. “Radiobellei”, Riccardo Bellei come enciclopedia del rock

Il ritratto di un giornalista, dj, musicista e conduttore radiofonico, quando la radio era avanguardia

Venditti e Bellei

Il senso di ricomposizione della propria vita, tracciare un percorso univoco, ripensare alle questioni, riflettere, rileggere. Radiobellei di Alessandro Greggia tenta di fare proprio questo. Il protagonista di questa raccolta di articoli, di questa intervista e vicenda umana, non c’è più. Riccardo Bellei se ne è andato a 64 anni nel 2017 a causa di una malattia.

Quando si parla di Riccardo Bellei si cita una presenza che è stata dietro le quinte, ha osservato molte situazioni, le ha influenzate. Ha vissuto la musica in un momento d’avanguardia in un contesto, per certi versi d’avanguardia a propria volta, un contesto incuneato nella provincia più densa, a tratti impercettibile, entrata nell’immaginario collettivo e nelle enciclopedie del rock per ovvi motivi, cioè Zocca ai tempi delle radio libere, di Punto Radio. Proprio lì a Zocca, Riccardo Bellei esordisce in campo artistico come autore e conduttore radiofonico, a fianco di Vasco Rossi, prima che questi iniziasse a calcare i palchi. Da Modena a Zocca, alla ricerca di un senso. “Mi ricordo che andai a Montombraro perché volevo far sentire le canzoni che scrivevo. Mi accolse un ragazzo biondo con gli occhi azzurri che in pochi minuti mi convinse a lavorare con lui. Tu sei costruito per fare la radio, mi disse”. Da lì si è sviluppata un’intensa e vera amicizia che ha visto il rocker di Zocca esordire nei locali modenesi in un prototipo di band con Bellei alle tastiere e ritrovarlo poi come seconda voce dell’album d’esordio di Vasco Rossi, “…Ma cosa vuoi che sia una canzone…”.

La vita di Bellei non ha certo un esordio facile. In seguito ad una complicazione durante il parto, lo estraggono con il forcipe, cosa che gli causa una paralisi celebrale infantile con relativa disabilità motoria. Una condizione accettata con un mix di fatalismo e autoironia per via di una serie di motivi complici come la radio, la musica, gli anni settanta e la possibilità di emergere con la scrittura e con l’arte. La disabilità diventa dunque un accessorio scalzato dalla consapevolezza di vede nell’obiettivo di comunicare un obiettivo ben preciso che restituisce al mittente qualsivoglia pregiudizio. Si accorge di avere una propria voce, oltre a parecchie cose da dire. Prima con la radio, poi con la carta stampata. La musica, il calcio, la politica. Ecclettismo variegato e multiforme.  Bellei non si tira certo indietro, nemmeno quando fa ascoltare al suo amico Antonello Venditti una serie di canzoni composte dagli anni settanta in poi e mai pubblicate. Venditti ne rimane estasiato. Parla di capolavoro e decide di produrre un album. Poi non se ne fa più niente, Venditti è impegnato e la vita prende altri percorsi. Un percorso, seppur a zig zag, dotato di una certa coerenza, quella di essere fedeli a sé stessi, consapevoli del proprio valore, senza la paura di risultare caustici o imperfetti.

Alle etichette era solito rispondere così:

<< (…) Qual è il ruolo nel quale ti riconosci maggiormente? Giornalista, cantautore, dj? – Il pensatore

Esistono ancora i pensatori? – Mah…io almeno sì. Mi sento un pensatore

Ne vedi qualcuno in giro? Si vede che gli altri fanno poco…potrebbero fare di più

Non so se tutti ne avrebbero le capacità. – Gli altri non so, io sono…un fantasista (…)>>

 

Da RadioBellei. Conversazioni con Riccardo Bellei di Alessandro Greggia, 2007, Damster Edizioni, Modena.

Stefano Sacchetti

Stefano Sacchetti su Barbadillo.it

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