Il caso. Miss Italia, le Femen e il corpo delle donne. Ci vuole uccidere il desiderio?

DONNEOde a te, donna voluttuosa e priva di pretese moralizzatrici. La censura preventiva di Miss Italia non è un piccolo  caso televisivo. È molto più di ciò che appare. Le gesta recenti delle nuove maestre della buoncostume si inseriscono in un circuito ben oleato che sta raccogliendo i suoi frutti dopo un lavoro fine nella cultura contemporanea. L’anatema lanciato contro Miss Italia sancisce un ulteriore punto di rottura fra vita reale e amministrazione forzata del desiderio. Un inconsapevole incrocio fra atteggiamenti controrivoluzionari. Infatti,  idealmente, fenomeni come quello delle Femen, i documentari sullo sfruttamento del corpo delle donne, le mozioni parlamentari per far sparire dalla pubblicità le donne svestiste e questa censura preventiva di una tradizione del costume televisivo italiano, hanno un paradigma comune.

È visibile a tutti il legame che si stabilisce fra tali fenomeni, soprattutto se consideriamo il vero fulcro del discorso culturologico che è chiamato in causa: il corpo. Delle donne. È in corso un’evirazione dell’immaginazione maschile. La volontà di destituire giuridicamente l’eccitazione. La grande macchina del buon gusto agisce come un’agenzia di rating: declassa il nostro paese, per riportarlo a valori e a gradi di moralità più consoni. Ce lo chiede l’Europa, avrebbero potuto aggiungere. E noi? Impediranno a noi italici, popolo di poeti, di scrivere poesie d’amore perché di getto son frutto di un desiderio troppo ardito, che vuol giungere con mezzi aulici in luoghi grevi. Impediranno a noi italici, popolo di naviganti, di viaggiare perché perlopiù spinti a muoverci da amori distanti che rincorriamo solo per corrompere. Impediranno a noi italici, popolo di santi, di predicare il nostro credo perché nell’intimo di ogni fedeltà divina c’è il furore della perversione repressa.

Anche la trasgressione si traveste ormai di missione sociale. Con le Femen, le ribelli dell’est che nude abbondano da mesi ovunque ci sia da protestare contro qualcuno o qualcosa, si piega l’armonia del corpo femminile alla dissonanza dell’hooligan da piazza, il muto richiamo dei sensi ai sensi viene schiacciato dalle urla e dagli slogan di donne incattivite dal disagio sociale. Il corpo è il luogo che subisce il potere, lo interpreta, il teatro che mette in scena il nostro soffrire, fisico, così come lo schermo che tradisce anche la nostra malinconia, interiore. Ma costituisce anche il luogo che si ribella istintivamente, poiché si eccita e gode sfuggendo alle costrizioni. Esso è capace di sottrarsi alle convenzioni perché è su di esso spalmato come un invisibile unguento il desiderio latente, che si manifesta incontrollabile quando un contatto lo accende.

È un grave atto di violenza politica, che si perpetua da tempo ormai. Il voler mettere sotto osservazione e controllo il corpo. Inosservata passa tale verità, perché non ne comprendiamo il portato storico nell’immediato. Se si esce dalle stanze origliate del potere e si mira dritti agli schermi televisivi delle nostre case, fin dove può arrivare questa eutanasia del desiderio a cui ci vorrebbero costringere? Non saranno le gambe di una giovincella in tv a impedire che una ragazza conosca il valore del proprio corpo e  comprenda quali sono i veri problemi sociali. La vita è sempre in vantaggio su chi vorrebbe gestirla. E spesso chi si erge a maestro è cosi impegnato a studiare la vita che smette di viverla. Non lo si capisce?

Non pare ci siano in giro solo ragazze che frastornate da pubblicità, intercettazioni o immorali programmi televisivi corteggino gli uomini mettendosi un costume o una fascia tricolore, o che richiedano un lettone importato dalla Russia per darsi, o ancora altre sciocchezze che le maestrine del sessualmente corretto citano a sostegno delle proprie tesi censorie. Non servono snob moralizzatrici di professione.

Non ricordano, queste guru del bene, che a una donna per accendere il desiderio in un uomo basta anche cedere pochi istanti alle lusinghe di una mano che cerca le sue. E questo ogni donna lo sa, e non serve insegnarle null’altro.

Guerino Nuccio Bovalino

Guerino Nuccio Bovalino su Barbadillo.it

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