“Il valore delle radici” di Moi e la difesa del cielo stellato

Il saggio su origine e identità edito da Passaggio al Bosco

Il valore delle radici di Andrea Moi

Ci capita tra le mani un piccolo ma succoso libriccino di Andrea Moi, Il valore delle radici (Passaggio al bosco, 2018, pp. 105, € 8), con un sottotitolo che ne fissa il contenuto: “Piccolo elogio delle origini al tempo dello sradicamento globale”. L’autore, di cui non sappiamo molto – mancando indicazioni biobibliografiche nella quarta di copertina – attraverso riflessioni e notazioni di viaggio e di escursioni nei boschi ci parla in modo personale e convincente, e a volte poeticamente, dell’importanza delle radici, del possibile significato del nostro stare al mondo, della bellezza che, per dirla con Guido Ceronetti,

«è il ponte unico che ci collega con l’infinito».

Senza radici gli alberi non crescono, non mettono foglie e non cacciano frutti. Così nella nostra vita, soltanto «se ci avviciniamo alle nostre Radici e proviamo a riscoprirle, possiamo iniziare a condurre un’esistenza diversa, dove il temporale si trasforma in a-temporale ed ogni nostra azione può compiersi nel solco dell’eterno».

Nessuna nostalgia

Non si tratta di nostalgia, bensì di riconoscenza per quello che ci ha permesso di essere ciò che siamo. Come scrive il filosofo spagnolo Ortega y Gasset, se è vero che «il tempo non ritorna perché l’uomo non può tornare a essere ciò che è stato», è altresì vero che «il passato è per l’uomo il momento d’identità». Siamo la nostra storia, siamo quei luoghi e quei volti, umili come i nostri nonni o grandi come gli eroi della nostra patria, siamo quelle piazze e quelle chiese, quei sapori e quei colori, quel cielo e quel mare. E l’autore ben chiarisce che richiamarsi alle radici «non è una battaglia del passato contro il futuro, ma dell’eterno contro l’effimero.»

Il rischio sradicamento

Di fronte alla globalizzazione che sradica intere popolazioni, che impoverisce semanticamente i linguaggi e livella i costumi, che ci rende solo consumatori e ci rinchiude e ci isola nella nostra povera individualità (e lo possiamo dolorosamente constatare con la pandemia che oggi ci troviamo ad affrontare), le radici sono comunità e destino, difesa della nostra terra e della nostra identità (italiana e mediterranea), dei legami familiari e dei luoghi dell’anima:

«Lo sradicamento è uno dei mali più grandi del nostro tempo. Recidere le radici vuol dire distruggere la confidenza millenaria che i popoli hanno costruito con la terra dei loro avi e quindi con se stessi (…) Partire dovrebbe essere un’eccezione eppure, oggi, il migrare è divenuta la regola. (…) Senza legami non siamo nulla, perché la nostra esistenza è vera solo se parte di un disegno più grande. Siamo stelle di un cosmo, brillanti, uniche e preziose, ma tutte apparteniamo ad una galassia che dobbiamo rendere sempre più luminosa.»

In un breve romanzo, I cento uccelli, Tonino Guerra, cantore d’una Romagna dimenticata, mette in bocca al protagonista questa frase: oggi il problema non è conoscere, è riconoscere (cito a memoria). Per riconoscere, per riconoscersi, ci vuole tempo, curiosità, tenacia, bisogna camminare e non correre, bisogna «soprattutto saper ascoltare, porsi di fronte alla storia, ai luoghi e alle persone come uno spettatore curioso.»

Del resto, come scrive icasticamente l’autore «nessun albero ha fretta di crescere.» Quel che lo spinge a scrivere è un sentimento d’amore per la vita:

«Scrivo nella speranza di far rivivere alcune immagini a me care, affinché da domani in ogni nostro piccolo gesto, si possa riscoprire il vero valore della vita e delle cose che ci circondano. Difendere la diversità, l’esperienza, il cielo stellato col bagliore lunare, l’ululare del lupo d’Abruzzo, la corsa rapida dell’antilope sul monte Prena, il sole grande e caldo che accarezza i monti della Laga, il canto della processione, il suono della fisarmonica che si diffonde liberamente nell’aria quando ormai – nella piazza del paese – sono rimasti in pochi ad ascoltare.»
Saranno le radici a salvarci? È questa la sfida drammatica del nostro tempo, che «la chimera del progresso sfrenato può rendere aspra e terribile» e che dobbiamo raccogliere. Se vogliamo che la vita sia degna d’essere vissuta. Per far crescere rose bel nostro giardino.

*Il valore delle radici di Andrea Moi (Passaggio al bosco, 2018, pp. 105, € 8)

@barbadilloit

Sandro Marano

Sandro Marano su Barbadillo.it

Exit mobile version