Libri. “Cuori Rossoblù” di Telese, imperdibile diario sentimentale dello scudetto del Cagliari

Per conoscere gli eroi che trionfando nel calcio hanno incarnato il riscatto del popolo sardo

Il Cagliari dello scudetto

C’è una differenza sottile tra l’eroe e il supereroe. Questi è un reazionario, combatte perché nessuno violi lo status quo; quello, invece, è rivoluzionario: travolge il mondo che ha trovato per fondare una nuova civiltà, dare carne e voce a un’altra idea. E se il calcio è l’ultima fabbrica di miti, dobbiamo riconoscere che la nostra è epoca di supereroi come Cr7 e Leo Messi, paladini al servizio delle loro doratissime maestà Real, Juve e Barcellona.

Ma c’è stato un tempo in cui, sul campo, giocavano a palla campioni disposti a tutto pur di scardinare e capovolgere quella realtà che si credeva immutabile e inviolabile. Guidati da un uomo taciturno e silenzioso, che nella battaglia diventava una “belva”, che si trasformò in un autentico totem nazional-popolare.

È agli eroi del Cagliari del ’70 che Luca Telese ha dedicato l’ultima “puntata” della saga dei “cuori”. È uscito, in concomitanza con il 50esimo anniversario dello scudetto sardo, il libro Cuori rossoblù. Non aspettatevi un libro che parli solo di futbol perché Telese non è l’ultimo arrivato e sa bene, come Mourinho, che chi conosce solo di calcio in realtà non sa niente di calcio.

Cuori Rossoblù intreccia piani narrativi e vicende, personali, politiche e sportive diverse. Con un unico centro di gravità permanente: il riscatto. All’insegna di questo si snoda quello che può essere letto quasi come un romanzo di formazione che si snoda (almeno) su due livelli, se non tre: quello individuale di ciascuno dei sedici calciatori della rosa di quel Cagliari, ragazzi provenienti dagli anfratti della povertà più nera, svezzati al sacrificio non per scelta ma per necessità, arrivati in Sardegna tutti controvoglia ma che di questa si innamoreranno, perdutamente;  quello di un’isola che non vuole più essere matrigna e finalmente imporrà al mondo quella atavica dignità che i suoi figli sventoleranno gioiosa in faccia al mondo; quello dell’Italia degli anni ’60, il boom economico e l’ultima narrazione davvero condivisa di un Paese litigiosissimo per genetica e storia.

Poi ci sono i personaggi e, su tutti, forse anche un al livello stesso del mito ruvido di Gigirriva, c’è Manlio Scopigno: l’allenatore scomodo che amava il whisky, i classici e Che Guevara; tecnico dai metodi rivoluzionari e dalle idee poco ortodosse che però è l’unico (e lo capirono subito all’Unione Sarda come saprà chi leggerà il libro) in grado di far avverare un sogno che, solo un pugno d’anni prima, anche solo immaginare era pura eresia.  Telese si meraviglia, giustamente: i produttori italiani dormono della grossa: in America a uno come Scopigno avrebbero dedicato almeno un (grande) film. A cercar bene, c’è una seppur striminzita “citazione” cinematografica del Filosofo come allenatore di celluloide. Ma è una macchietta: quella di Gianvincenzo Coligno (interpretato dal pugliese Gianni Ciardo) che in “Mezzo destro, mezzo sinistro” di Gigi Sammarchi e Andrea Roncato pretende di allenare la squadra pigra della Marchigiana al ritmo della Pastorale di Beethoven.

C’è poi il piano politico e sociale della vicenda che è, se possibile, altrettanto interessante. Il Cagliari non poteva avere i mezzi per sostenere uno squadrone del genere, per poter blindare un campionissimo come Gigi Riva da Leggiuno, uno così grande da lasciar intendere che la forza della squadra fosse l’attacco quando invece, come Rombo di Tuono ha sempre tentato di spiegare, era la difesa. Non c’era la possibilità di ottenere sponsor, negati dalla legge. Almeno in via diretta. Emerge, dal racconto di Cuori Rossoblù, l’interessante quadro dell’intreccio fra aziende e politica nel sostegno al miracolo sportivo più grande di sempre che si sia verificato in Sardegna. Tra queste imprese anche la Saras di Angelo Moratti che, in quegli anni, abitava ai piani altissimi del calcio italiano e internazionale. I successi del Cagliari servirono (anche) all’industrializzazione della Sardegna (che ebbe luci ma anche ombre) e alla Dc, allora egemone, era utile a gestire il consenso. Questione di soft power, si sarebbe detto oggi; ma pure di progetti economici e industriali che, fatalmente, non potevano non interessare gli abitanti della Sardegna che, in quegli anni, iniziavano a conoscere la realtà dei “metal-mezzadri”.

L’epopea del Cagliari si compie nel 1970 e Telese lo dice subito: quello fu l’ultimo atto del “boom economico”. Poi si aprirà una stagione nuova, e dolorosa, per l’Italia. Ma quegli anni di crescita e di trasformazione, oggi ancora, rappresentano un immaginario condiviso su cui è difficile trovare divisioni, oggi ancora: la narrazione neorealistica dei poveri ma belli che diventa quella del benessere, in cui (per dirne una) un operaio che non ha manco finito le elementari può diventare, con duro lavoro e abnegazione, il cavaliere del lavoro Ferruccio Lamborghini.

E in cui una squadra di ragazzini spediti chi per punizione, chi per sciatteria, chi per superficialità a svernare in Sardegna, può diventare campione d’Italia e un orfano stufo del collegio, che montava gettoniere per ascensori, può diventare il simbolo del riscatto, Gigirriva, l’eroe che scosse Cagliari e dal tempo in cui era sospesa e la trasformò in una grintosa e rispettatissima capitale. Non solo del calcio.

Gran parte del racconto, dunque, riguarda tutti gli uomini che, sul campo, hanno contribuito al miracolo del primo scudetto conquistato da una squadra del Sud. Nessuno di quei ragazzi s’è arricchito col pallone. Il destino di ognuno ha seguito la sua strada ma non ci si è persi di vista quando la sorte ha picchiato duro su qualcuno di loro. Come è accaduto al povero Nené, scaramanticissimo brasiliano, la cui parabola quanto ricorda quella di un altro gigante del suo tempo che, come lui, aveva giocato con Pelé: Garrincha.

L’occasione della celebrazione del 50esimo anniversario avrebbe giustificato la facile scorciatoia della “rimpatriata” che, però, Telese respinge. Anche perché quello non è un gruppo di ragazzini che hanno condiviso i patemi della maturità e le sigarette nei bagni di scuola e che ora, davanti a una pizza, ricordano quanto fosse brutta la prof di francese: quello è stata una sporca dozzina (abbondante) che l’ha fatta davvero grossa, prendendosi lo scudetto e rifiutandosi (come Riva) ai desideri dei giganti per regalare felicità agli uomini.

 

*Cuori Rossoblù di Luca Telese, Solferino. 304 pp. 17 euro

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Giovanni Vasso

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