L’intervento. La destra italiana ritrovi la vera unità in via D’Amelio

fiaccolata1A ventuno anni dalla strage di Via D’Amelio Barbadillo ha voluto aprire un dibattito sul valore di questo anniversario: è importante mettere in relazione il modo in cui la comunità militante siciliana della destra giovanile ricorda e attualizza la figura di Paolo Borsellino, con la tradizionale Fiaccolata del 19 luglio a Palermo, e lo stato di salute di un’area politica alla ricerca disperata di unità (e anche di identità).

C’è un gran fermento in queste settimane nella destra “destrutta” italiana. Dopo i disastri elettorali, logica conseguenza di macroscopici errori e sconsiderate scissioni, si susseguono appelli all’unità, convegni, costituenti e frenetiche discussioni sui social network. Confesso di non essere molto appassionato a questo dibattito. Non perché sia contro l’unità dell’area. Appartengo alla generazione che ha subito la distruzione del partito, e delle strutture ad esso collegate, causata dalle scelte sconsiderate del suo leader e dei suoi colonnelli. E proprio quest’ultimi, fagocitati da Berlusconi o marginalizzati dal voto popolare, oggi si affannano nel tentativo di  riunirsi per scongiurare il definitivo funerale politico. Sentiamo parlare di sigle, leadership, soldi della Fondazione AN, elezioni europee. Evitano di parlare di idee, che inevitabilmente dividono, forse per ricostruire quel vecchio giocattolo che politicamente non esprimeva praticamente nulla e invece era efficientissimo a garantire poltrone a tutte le correnti. A parte l’importante legge sulle Foibe mi chiedo cosa abbia prodotto AN nei suoi 15 anni di vita (alcuni dei quali passati al governo della nazione e di una miriade di enti locali). Di questa AN io non ho alcuna nostalgia.

Da ingenuo militante di periferia mi permetto di suggerire qualcosa a quanti sognano di rivedere la destra italiana di nuovo unita e forte. Il prossimo 19 luglio venite a Palermo e partecipate alla Fiaccolata per Paolo Borsellino. Sono certo che proprio in Via D’Amelio ritroveremo tutti le ragioni profonde che hanno spinto, più o meno consapevolmente, tutti noi all’impegno politico a destra. Non per banali logiche di parte per la nota appartenenza di Borsellino alle organizzazioni giovanili missine prima di entrare in magistratura. Il giudice palermitano ucciso dalla mafia rappresenta al massimo l’etica del servizio alla propria comunità nazionale. Servizio non determinato soltanto dalla fedeltà allo Stato, che nulla fece per difenderlo dalla morte annunciata, ma dall’amore senza se e senza ma verso la patria. Una patria intesa sia come “terra dei padri” che come terra da consegnare ai propri figli quindi da preservare e migliorare. L’ethos di una comune appartenenza alla comunità nazionale da cui fare emergere programmi politici e profili antropologici alternativi. Tutto questo negli anni di AN è andato perso.

Se la destra ieri trovava negli eroici soldati delle guerre l’abnegazione e la rappresentazione visibile dei valori nazionali, oggi può rintracciare in Borsellino un “eroe moderno”. Andare in Via D’Amelio impone però delle scelte nette. Proprio sulla questione della legalità la destra italiana deve ritrovare se stessa, iniziando a mettere in discussione certe derive, dovute all’inseguimento degli alleati, improntante più sul principio dell’impunità piuttosto che su quello del garantismo (valore inviolabile). Andare in Via D’Amelio significa far propri gli insegnamenti di Borsellino sui rapporti tra mafia e politica ancora oggi attualissimi.

Partecipare alla Fiaccolata assume anche un valore “pedagogico” per quanti sono impegnati nel tentativo di riunire la destra italiana. La Fiaccolata organizzata dalla comunità militante siciliana è silenziosa, sobria, senza passerelle per nessuno. Una manifestazione che in qualche modo ricalca il carattere di Borsellino. Tutti, colonnelli compresi, prenderanno la propria fiaccola e si mischieranno ad altri militanti e cittadini comuni, senza personalismi e ostentazione di gradi (ormai inutili) sulla giacca. La Fiaccolata dona umiltà e spirito comunitario. E forse, dopo essere stati in Via D’Amelio, comprenderanno tutti che l’urgenza non è tanto costruire il contenitore, un “raffazzonato collage destroso”, ma rilanciare i contenuti per occupare uno spazio drammaticamente rimasto vuoto.

La Fiaccolata non è una “processione”, come qualcuno ha scritto, o monotona ripetizione di un rituale vuoto. È soltanto un passaggio, seppur fortemente simbolico, di un percorso fatto di battaglie condotte negli ultimi vent’anni nel solco degli insegnamenti di Borsellino. Mentre il centrodestra siciliano aveva in Salvatore Cuffaro e Marcello Dell’Utri i propri punti di riferimento, gli unici che guidavano una coraggiosa opposizione interna (criticata aspramente da politici come Miccichè e Prestigiacomo nonché da esponenti di AN) erano proprio gli organizzatori della Fiaccolata. E quando l’unica battaglia del centrodestra sul tema della giustizia era un finto garantismo sempre quei ragazzi, ostinatamente fedeli a Borsellino, lanciavano campagne per la pulizia interna nei partiti e nelle istituzioni, contro l’uso di droghe maggiore finanziamento della mafia, contro l’abolizione dell’ergastolo, contro i vecchi e nuovi racket, per una cultura della legalità nei quartieri e nelle aree più difficili della Sicilia. Tutto questo nel totale silenzio della classe dirigente di AN, quella dei colonnelli e dei tenenti. Penso quindi che Borsellino possa essere più contento delle generazioni della destra italiana più giovani che di quelle anagraficamente vicine a lui.

Per non disperdere questo patrimonio ideale è nato in Sicilia il Coordinamento “Comunità ‘92”. Senza avere la pretesa di anticipare costituenti o nuovi partiti si è cominciato in Sicilia da ciò che unisce la parte migliore della destra locale. Dirigenti di varie generazioni, collocati oggi in diverse sigle politico-partitiche, si sono ritrovati in “Comunità ‘92” per non disperdere quel patrimonio ideale rappresentato dal legame con la figura di Paolo Borsellino, tanto più le storiche battaglie antimafia della destra italiana. Proprio l’anno delle stragi mafiose, il 1992, è una data spartiacque, un punto di non ritorno che ha segnato per sempre più generazioni forgiandone una precisa identità culturale e consapevolezza della centralità della lotta contro ogni mafia. Riallacciare i fili della migliore storia comune liberandola dalle scorie. Solo così potrà rinascere la destra in Italia.

* promotore “Comunità ’92”

Mauro La Mantia

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