Leggere (alTempodelCorona). Alla scoperta di Emil Cioran

Emile Cioran

In questi giorni, in cui si ha gioco forza più tempo libero, ho letto un libro bellissimo (E.M. Cioran, Mircea Eliade, Una segreta complicità – Lettere 1933/83, Adelphi). Quando l’ho finito, mi sono subito accaparrata una copia di La mia vita con Cioran, un libro intervista (citato più volte nel volume di Adelphi) alla compagna del pensatore rumeno, Simone Boué, convinta di proseguire sul filone biografico/letterario e di godermi, qualche altro spicchio di un Cioran più casalingo, essendo io una sua grande estimatrice.
Serendipity, credo di non sbagliare, è quando cerchi qualcosa e ti imbatti casualmente (ma con gioia) in qualcos’altro. Così per questo fenomeno, più che sulla vita di Cioran questo libro mi ha fatto riflettere sulla figura della donna che gli è stata accanto e da lì più in generale sulla figura della donna in generale. Perché oggi siamo portate da pagine à la Freeda o da varie motivatrici femministe a pensare che la Donna debba per forza essere di più dell’uomo, debba aspirare alla vetta e qualsiasi rinuncia in tal senso è trattata alla stregua di un tradimento della causa collettiva.
Credo quindi che al di là di chi ha una malsana passione per pensatori ombrosi e vagamente nichilisti, a questo libro dovrebbe essere data una chance da chiunque, per potersi fermare poi a riflettere su cosa intendiamo noi per affetto, relazione, intimità.
E infatti, c’è una certa grazia riservata in Simone Boué, una grazia che probabilmente quand’era in vita si percepiva a vista, o almeno così mi pare di intuire dalla copertina di questo librino, e che ora si trasmette attraverso le sue parole. Lo si presagisce già dall’incipit: “Chi è Simone Boué, chi era prima di incontrare Cioran?” Le chiede Norbert Dodille, l’uomo che conduce l’intervista. E lei risponde, ferma, brillante: “Sa, è a Cioran che mi interesso non a me.”
È una riga che fa riflettere sotto vari punti di vista. Ma prima, un piccolo passo indietro.
Simone Boué è stata la compagna di Cioran per cinquant’anni. Lui, per chi non lo conoscesse è l’autore di opere tra cui Il funesto demiurgo, Esercizi di ammirazione, Sommario di decomposizione, ma si fa fatica a dargli un’etichetta: era uno scrittore a cui non piaceva scrivere, un pensatore in un’epoca in cui si preferiva non pensare, un nichilista quando il nichilismo era passato di moda.
Ma di fatto, Cioran questo era: un glorioso prosecutore della tradizione di Schopenauer e Nietzsche, dopo che essa aveva per di più incontrato l’inquietudine del Modernismo.
Il modo di pensare di quest’uomo, tuttavia, tracimava nella vita privata, rendendolo poco incline ai salotti, alle interviste e finanche alla notorietà (arrivò persino a scrivere che “era meglio essere sconosciuti che famosi” e che “la gloria era qualcosa di spregevole”). Come si fa dunque a sopportare un uomo del genere? Questa domanda la pone a Simone un amico carissimo di Cioran, Costantin Noica, durante il loro primo incontro.
E qui torniamo alla riga d’esordio di cui si parlava prima. Perché a dispetto del titolo e del suo incipit, la figura centrale di questa intervista non è Cioran. O meglio, non solo lui.
In un’epoca come la nostra dove il femminismo sta attraversando una nuova fase, si tende a pensare che la donna debba essere sempre in primo piano, diversamente non è. Come l’infinita polemica generata dalle dichiarazioni di Amadeus, se una donna sceglie di stare un passo di lato, sta abdicando di fatto alla sua identità. Simone Boué finirebbe per essere fermamente condannata per il suo atteggiamento così discosto e sarebbe per di più molto facile cedere a questa tentazione. Basterebbe in tutta onestà non soffermarsi a leggere tra le righe, basterebbe ritenere che il posto più importante implichi di per sé essere al centro del fascio di luce.
C’è qualcosa di toccante, invece, in questa intervista, qualcosa che parla molto di più del modo in cui si sceglie di vivere l’intimità, qualcosa che parla molto di più di Simone che non di Cioran. Quando l’intervistatore dice che lei era indispensabile, lei risponde senza falsa modestia “senza di me se la sarebbe cavata altrettanto bene”; lui non parla di lei nei suoi diari, lei non parla di lui ai suoi genitori. Raramente lei gli racconta delle sue giornate, del lavoro da cui dipendono economicamente entrambi. C’è in questo sodalizio qualcosa di bello, qualcosa che parla di una condivisione fatta con discernimento. Forse da Cioran non ci si aspetta niente di meno, ma tutto questo la dice lunga anche su Simone.
Ho letto questo volumetto, una sessantina di pagine che si finiscono in mezzo pomeriggio, con il fine di avere uno spaccato di vita dell’autore rumeno, ma quello che ho avuto è stato più uno spaccato di anime. Qualcosa di così intimo che quasi preferiresti distogliere lo sguardo per non apparire invadente (e credo sia emblematico che a un certo punto Simone dica che non era nemmeno certa di volerla rilasciare, questa intervista).
Il riassunto di ciò si ha nella bella post-fazione di Sanda Stojan (amica di entrambi e traduttrice di Cioran) quando dice che Simone era l’altra metà di Cioran, quella da cui lo scrittore non si è mai separato. Una complementarietà di fondo che li ha tenuti assieme.
Era Simone un carattere fragile? Non credo. Un carattere fragile non avrebbe resistito mezzo secondo, figuriamoci mezzo secolo. Era Simone un esempio del fatto che dietro a ogni uomo c’è sempre una grande donna? Forse. Come dice lei stessa, probabilmente Cioran se la sarebbe cavata benissimo anche senza di lei, ma con lei forse se l’è cavata meglio. Tuttavia il ragionamento si può fare tranquillamente all’inverso: lei se la sarebbe cavata egregiamente senza di lui, ma con lui probabilmente se l’è cavata meglio (o forse peggio, dipende dai punti di vista).
Tutto questo per dirti di non leggere questo libro se vuoi avere un commento da insider di carattere antologico sulle opere di Cioran, ma di leggerlo assolutamente se ti interessano le persone oltre le opere e se vuoi avere un seppur rapido spaccato di una figura schiva ma affascinante come quella della professoressa Simone Boué.

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Runa Bignami

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