Taccuino Coronavirus/35. Pizza pasta pane (tutto fatto in casa): il tempo e il ritorno alla manualità

Lievito e farina

Farine e lievito non se ne trovano più. I giorni della quarantena hanno riportato agli italiani l’interesse per le cose lente, non foss’altro per ingannare, impegnare e riempire il tempo. Che si è improvvisamente dilatato: prima non bastava mai a far tutto, adesso è tornato lento, lentissimo: non passa più.

Giocoforza, dunque, riscoprire la manualità. Leggere, al tempo del Coronavirus, è esercizio benefico. Che se non accompagnato da altro, però, può essere estenuante. S’ha bisogno di fuga, di impegnare altrove la mente già impensierita dalle trame imprevedibili del morbo. Perciò occorre divertere, meglio divertirsi. E in una nazione che s’è fatta obiettivo, finora, di campare del turismo non può che esserci altra passione se non per la cucina, unica trincea sulla quale gli italiani – disposti a farsi sfottere da chiunque per chissà quale atavico complesso di inferiorità – sarebbero capaci di scendere a far la guerra.

Pizze, pani, pasta: tutto fatto in casa. Con il suggerimento di internet, la cui utilità si riscopre nelle decine di migliaia di ricette compulsate ogni minuto da chi di casa non può uscire. Ma quando la domanda s’impenna, l’offerta fa quel che può. Dunque, dopo sei timballi perfettamente riusciti e davanti agli scaffali vuoti del reparto lievito, in tanti hanno imbracciato la strada dell’autoproduzione. Confortati dai tutorial che sono in rete, dove c’è di tutto e anche di più. Così farselo da sé, il lievito è diventato argomento di Stato, secondo solo alle onnipervasive indicazioni sul come lavarsi bene le mani: addirittura son fioriti grappoli di fake news a cui i produttori hanno deciso di rispondere inaugurando un sito web interamente dedicato.

Tutti provano a far da sé, consapevoli del fatto che si possa anche sbagliare. Ma che, se la ricetta riesce, il suo sapore sarà incomparabilmente migliore di quello di un surgelato. Oggi c’è il tempo per farlo, quando l’isolamento finirà in tanti perderanno la pazienza di attendere a un impasto. Però avrà imparato quanto lavoro ci voglia affinché qualcosa riesca bene. Che se i nostri nonni sparlavano della fretta, a cui abbiamo sacrificato le nostre esistenze, forse avevano ragione.

Tra tutti, probabilmente, qualcuno avrà imparato a ritrovare il piacere di occuparsi oggi di qualcosa che ci ritroveremmo domani. Abbandonare il falso mito del vivere alla giornata annegando nel conto alla rovescia dei minuti, contrabbandato (alle anime semplici) per una versione hard-discount del carpe diem oraziano, per ritrovare lo spirito laborioso e intelligente alla base della civiltà mediterranea, quello che che sta nelle Opere e i Giorni di Esiodo.

Un ritorno alla manualità che, forse, è anche un ritorno alla terra. E al riappropriarsi del tempo, dandogli un senso così antico da essere nuovo.

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Giovanni Vasso

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