Taccuino-Coronavirus/31. La testimonianza di Papa Francesco e il valore della salvezza spirituale

Papa Francesco a Piazza San Pietro

Il mio diario dalla segregazione non può ignorare la benedizione “Urbi et Orbi” del Papa, qualche giorno fa. Poi tornerò a parlare di piccole cose, ma qui si cercherà di volare alto. In occasione del solitario pellegrinaggio pontificale da Santa Maria Maggiore a San Marcello, pur ribadendo le mie critiche di fondo a Francesco, mi sono compiaciuto per quella iniziativa, che mi faceva ritrovare in lui il Vicario di Cristo e il Vescovo di Roma.

Mi ha rincuorato la sua lettura del Vangelo di S. Marco (quel brano in cui Gesù rimprovera per la loro poca fede e salva gli Apostoli, spaventati sulla barca nel mare di Galilea in tempesta); mi è piaciuta la sua omelia, per una volta, scevra di qualsivoglia accenno “politico” o addirittura polemico; mi sono sentito confortato dall’adorazione del Santissimo e dalla benedizione, rivolta ad un sagrato deserto e bagnato dalla pioggia, ma idealmente ad una vasta platea televisiva.

Ecco, l’assenza delle abituali folle mi ha reso l’immagine di un Pastore senza gregge; anzi, con un gregge invisibile e liquido come l’acqua di quel mare tempestoso o quella del piovasco incessante. Maiora premunt, dicevano i latini, e cosa di più importante della salute fisica? Dunque niente “assembramenti”, impongono Scienza e Politica (Cesare in questi giorni si appoggia a Ippocrate), cioè niente messe, niente processioni, niente funerali. Chi ha osato far accedere qualche parente a un battesimo è stato denunciato, insieme al parroco officiante. La Chiesa non è più “ecclesia” carnale, ma solo virtuale.

E niente sacramenti, che, a differenza della messa, non hanno surrogati possibili: niente confessione, niente comunione, battesimi e matrimoni unicamente con i diretti interessati e i testimoni, niente Estrema Unzione. E i poveri morti, falciati da questa pandemia? Beh, il prete chiamato a commentare l’iniziativa papale – un Filippo Di Giacomo in calzoni e pullover …- ci ha detto che in fondo quelle onoranze servono solo a noi vivi… Ma allora il sacramento dell’Olio Santo? La confessione? La benedizione alla salma? Ci ha quasi lasciato intendere che si tratta di usanze retaggio di un passato lontano, se non di superstizioni.

Il fatto è che se la salute fisica – cioè la cura del corpo – conta più della salvezza delle anime, il ruolo della religione come fenomeno pubblico non può che essere ancillare, rispetto alle categorie che ispirano la civile convivenza. E dunque la piazza vuota di quel centro del Cattolicesimo che vuol essere la maestosa cattedrale di S. Pietro, illuminata sapientemente nelle sue navate desolate e con i suoi tesori sacri privi della devozione popolare, lascia pensare a scenari inquietanti per la Chiesa.

Trascurare il Regno dei Cieli, nel nome di una subordinazione del contingente all’eterno, cioè al “mondo”, al potere secolare, a sua volta asservito all’economia e alla finanza, al relativismo morale e all’ignoranza, se non alla negazione dell’aldilà, è un male ben più grave della crisi delle vocazioni, degli scandali finanziari o di quelli sessuali, che pure stanno travagliando la Chiesa. E da tutto questo, non solo dal coronavirus, speriamo ci possano salvare la Vergine Salus Populi Romani e il Crocifisso di S. Marcello, che già sconfissero la peste del 1522 e che l’altra sera, rigati dalla pioggia, montavano la guardia fra il sagrato e la cattedrale deserti.

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Giuseppe Del Ninno

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