Formula 1. Mollano (ma che fatica) Fia e Liberty Media, a Melbourne non si corre

Tanto tuonò che alla fine piovve.Non avevamo fatto in tempo a soffermarci sugli ultimi scambi legati alle vicende tecniche, che la Formula 1 ha perso ancora molta della sua credibilità; non da sola, per altro, visto che la Uefa ha fatto per certi versi una figura ancora peggiore.

Andiamo comunque, come sempre, con ordine. Anzi no, per una volta partiamo dalla fine.

Sono le 00:15 di venerdì 13 marzo, le 10:15 ora di Melbourne, quando la FIA, la F1 e la AGPC (Australian Grand Prix Corporation -l’ente organizzatore della corsa australiana) diramano il seguente comunicato:

“In seguito alla conferma di un caso di positività al Coronavirus da parte di un membro della McLaren e la conseguente decisione da parte della scuderia di Woking di non prendere parte al Gran Premio d’Australia, la FIA e la F1 si sono riunite insieme agli altri nove team principal delle altre scuderie di F1 giovedì sera per discutere sull’eventuale proseguimento o meno del weekend di gara. Le discussioni hanno visto la maggior parte dei team schierarsi a proposito della cancellazione dell’evento. Di conseguenza, la FIA e la F1 con il supporto della AGPC (Australian Grand Prix Corporation), hanno deciso di cancellare il Gran Premio d’Australia di F1. Siamo consapevoli della delusione che questa decisione comporterà presso tutti i fan che erano pronti ad assistere al fine settimana australiano, tutti loro verranno completamente rimborsati. Ringraziamo tutti coloro che hanno cercato con tutte le forze di permettere all’evento di avere luogo nella massima sicurezza possibile alla luce dell’emergenza legata al Coronavirus, ma la salute e la sicurezza di tutti i membri del mondo della F1 e una competizione che deve essere sostenuta nel nome del fair play hanno ovviamente avuto la precedenza su tutto”.

Quello di Melbourne è uno degli appuntamenti più attesi dell’anno, visto che dal suo debutto, nel 1996, il circuito dell’Albert Park ha sempre aperto (salvo le stagioni 2006 e 2010) il mondiale e vi converge tutta la speranzosa attesa degli appassionati per il ritorno in pista delle vetture, dopo la pausa invernale e i test, per vedere la reale misura delle forze in campo. Sebbene la pista sia piuttosto atipica (un semi-cittadino di 5003 metri molto veloce) e faccia dunque spesso storia a sè, questa ha sempre dato vita a gare avvincenti, spesso ad eliminazione, decise dall’episodio di turno.

Quello che invece ha lasciato molto a desiderare è stata la gestione dell’evento, con le squadre e il materiale lasciate partire per l’Australia come se nulla fosse: nonostante l’emergenza Covid-19, la preparazione della macchina organizzativa e il montaggio delle strutture procedeva come se nulla fosse. Nel mentre, sebbene quasi tutto il mondo sportivo – eccetto la Uefa, dove ancora al giovedì sera molti stadi dell’Europa League erano colmi ma questo meriterebbe un approfondimento a parte- stava annullando i propri eventi, Liberty Media (la società che controlla la Formula 1 ) continuava a fare spallucce, nonostante dalle conferenze stampa trapelassero alcune dichiarazioni di particolare insofferenza da parte dei piloti, come quelle di Hamilton che lapidariamente aveva detto quanto in quel contesto contasse solo il denaro o di Raikkonen, che all’incontro con i media si era sibillinamente lasciato sfuggire che se fosse dipeso da loro, i piloti non si sarebbero trovati lì in quel momento (il finlandese parla poco ma quando lo fa, riesce a non esser banale nemmeno nelle dichiarazioni per i giornalisti).

C’è un’ulteriore premessa da fare, visto che nei giorni precedenti alla corsa, tre membri di alcune scuderie vengono trovati positivi al virus e isolati negli alberghi nei quali alloggiavano. Il governo australiano, l’11 marzo, decide per la chiusura degli ingressi ai cittadini italiani e a coloro che hanno trascorso un periodo in Italia nelle ultime tre settimane, essendo l’Italia uno dei Paesi più colpiti dal virus; tuttavia, il provvedimento non ha impatto sul personale della Ferrari, Pirelli e Scuderia AlphaTauri, già presenti in loco.

Le cose però cambiano al giovedì, a scaletta ormai già fissata: un meccanico della McLaren viene trovato positivo alla malattia e la scuderia di Woking decide di ritirarsi in blocco dall’evento. A questo punto la situazione esplode: cominciano a rincorrersi voci e smentite, anche perché Ross Brawn, direttore generale e responsabile sportivo della competizione, aveva affermato in precedenza (riferendosi in quel caso al personale proveniente dall’Italia) che qualora a qualche team fosse stato impedito di raggiungere un luogo di gara, per delle limitazioni al trasporto internazionale, la corsa non si sarebbe tenuta.

Cominciano così, a partire dall’ora di pranzo europea di giovedì, dunque nella notte australiana, una serie di riunioni e di valutazioni visto che tra l’altro nulla era stato detto ai tifosi, tra i quali i primi volenterosi già si mettevano in fila. Da qui in poi le notizie si fanno confuse. Tra l’altro, in un primo momento, sembra che comunque la corsa dovrà tenersi ma a porte chiuse. Intanto, nella sola giornata di giovedì, il titolo della F1 sul listino Nasdaq crolla del 12% e il venerdì alle 09:30 australiane –a due ore dall’inizio delle FP1- nulla ancora si sa.

Ovviamente cosa i diversi responsabili della F1 e delle squadre si siano detti non lo sapremo mai; ciò che però è certo, è che la Red Bull era l’unica squadra davvero disposta a correre, insieme probabilmente ad AlphaTauri, Racing Point e  Haas mentre clamorosa sarebbe stata la scelta della Mercedes la quale, inizialmente pronta a correre, avrebbe poi deciso per il contrario, rompendo contestualmente con il fronte ribelle sorto per le recenti vicende FIA-Ferrari. La nuova “pace” tra i due grandi costruttori sarebbe stata sancita, in quelle ore frenetiche, con una telefonata fra Ola Kallenius, presidente Daimler, e John Elkann, presidente Ferrari.

Red Bull, si capisce, dal canto suo è un marchio giovane, sfrontato, sempre pronto a pubblicizzare gli sport estremi e non ha una tradizione quasi secolare nel motorsport. Ecco dunque perché sarebbe stata disposta a correre, anche con poche vetture al via, colpita in misura molto minore dal danno d’immagine (non che questo non vi sia comunque stato, anzi) che si sarebbe generato.

Già queste poche informazioni danno l’esatta misura di quanto potesse essere pesante il clima, visto che per altro tutti i tifosi in possesso del biglietto erano già accalcati ai cancelli.

Ogni illazione viene spenta dal comunicato riportato in apertura, quando sono ormai le 10:15 locali. La tempesta non finisce qui: il CEO di F1 Chase Carey, in arrivo dal Vietnam, dove stava cercando di salvare il salvabile, anticipa soltanto l’uscita di un ulteriore comunicato ufficiale, così recitante:

Vista della continua diffusione globale del COVID-19 e dopo continue discussioni con la FIA, il Bahrain International Circuit, la Bahrain Motor Federation, il Comitato del popolo di Hanoi, la Vietnamese Motorsports Association e la Vietnam Grand Prix Corporation, è stata presa una decisione da parte di tutte le parti coinvolte di rinviare entrambe le gare che si sarebbero dovute svolgere il 20-22 marzo in Bahrain e dal 3 al 5 aprile in Vietnam. A seguito dell’annuncio della cancellazione del Gran Premio d’Australia questa settimana e della natura fluida e continua della diffusione del COVID-19 a livello globale, la Formula 1, la FIA e i promotori hanno preso queste decisioni al fine di garantire la salute e la sicurezza del personale viaggiante, dei partecipanti al campionato e dei fan, che rimane la nostra principale preoccupazione. La Formula 1 e la FIA continuano a lavorare a stretto contatto con gli organizzatori delle gare in Bahrein e Vietnam e con le autorità locali per monitorare la situazione e impiegare il tempo necessario per studiare la fattibilità di potenziali date alternative per ciascun Gran Premio più avanti nel corso dell’anno se la situazione dovesse migliorare. Di conseguenza, la Formula 1 e la FIA prevedono di iniziare il campionato in Europa alla fine di maggio, ma dato il forte aumento dei casi COVID-19 in Europa negli ultimi giorni, questa opzione verrà regolarmente monitorata”.

Lo stesso Carey ci ha tenuto inoltre a rispondere ad Hamilton, asserendo che: “se a comandare fosse stato il denaro, non avremmo preso questa decisione. Le cose sono cambiate, abbiamo scelto di venire qui, ma la situazione ora è differente. Abbiamo dovuto valutare giorno dopo giorno, ora dopo ora. Dovevamo mettere insieme molte informazioni per prendere la decisione giusta nel momento giusto, e credo che l’abbiamo fatto”; sinceramente, non una grande dichiarazione, a maggior ragione in un momento così particolare e visto che tutti quanti conoscevano quale fosse la situazione globale e soprattutto quali potessero essere le conseguenze. È anche risaputo, nello stesso momento, che nessuno è più cieco di colui che non vuol vedere, in particolare quando ci sono milioni di dollari in ballo.

Comunque, tornando al documento ultimo sopracitato, il suo linguaggio scarno preannuncia in realtà una problematica ancora più enorme, visto che probabilmente prima di maggio-giugno non si potrà tenere alcun gran premio, ponendo in seria difficoltà gli eventi di Barcellona, Montecarlo e soprattutto Zandvoort che, tornato in calendario dopo trentacinque anni (qui Niki Lauda vinse la sua ultima gara, nel 1985), non vedeva l’ora di ripresentarsi nel Circus, fortino com’è del tifo olandese per Max Verstappen; e invece, anche qui non vi è certezza, visto che probabilmente, da quello che si dice, l’obiettivo è recuperare il più possibile, cancellando la pausa estiva e tirando dritto fino a metà dicembre, arrivando ad almeno 17-18 appuntamenti. L’unica buona notizia, almeno per i team, è che le vetture potranno essere sviluppate fino al primo gran premio dell’anno, quando sarà.

Insomma, si capisce quanto la pessima figura sia stata fatta e come adesso sarà molto difficile recuperare. Vero è anche che ogni volta che vi sia un numero spropositato di interessi in gioco, prendere una decisione di tale portata è veramente complesso ma (è molto banale da dire ma non fa mai male ricordarlo) la salute deve venire prima di tutto.

Speriamo soltanto che si trovi il bandolo della matassa e che questa F1 2020, ridotta e compressa che sia, non smetta di emozionarci, potendo anzi il suono dei V6 coprire la montagna di polemiche che hanno caratterizzato la prima parte dell’anno.

 

Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

Exit mobile version