Libri. Il “Soggetto radicale” di Dugin e la “rivolta contro il mondo post-moderno”

Aleksandr Dugin

Aleksandr Dugin

Soggetto radicale. Teoria e fenomenologia

A distanza di qualche mese dall’uscita de Il sole di mezzanotte. Aurora del soggetto radicale, torniamo a recensire un’opera di Aleksandr Dugin.

La circostanza è legata  all’uscita di Teoria e fenomenologia del Soggetto radicale, saggio curato da Francesco Marotta, Andrea Scarabelli e Luca Siniscalco, in cui il filosofo russo approfondisce in maniera esaustiva le teorie già presentate nel precedente opuscolo. Il libro è impreziosito anche da alcuni apparati critici e da appendici che aiutano a sviscerare meglio i concetti in esso presenti.

Nella fattispecie il volume, che nasce da una serie di conferenze tenute da Dugin tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000, ha come scopo precipuo la critica dell’epoca attuale, che si realizza nel momento in cui avviene il totale annientamento della sacralità. A ben vedere in passato vi era già stata la c.d. “letteratura della crisi”, una corrente di pensiero che aveva criticato la modernità grazie alle opere di Oswald Spengler, di René Guénon, di Ernst Jünger, di Julius Evola e di molti altri pensatori. Tuttavia, pur mantenendo saldi gli insegnamenti di questi maestri, occorreva una nuova analisi che permettesse di mettere a fuoco le problematiche della post-modernità e di:

«Sviluppare una strategia di rivolta contro il mondo post-moderno, adattando il tradizionalismo alle nuove condizioni storiche e culturali; non tanto resistere ai mutamenti in atto, ma esserne profondamente consapevoli, intervenire nel processo una direzione radicalmente diversa.»

(Aleksandr Dugin, Teoria e fenomenologia del Soggetto Radicale, a cura di Francesco Marotta, Andrea Scarabelli e Luca Siniscalco, AGA -Cusano Milanino, 2019, cit. p. 35)

 

I tre paradigmi dell’umanità

Secondo la visione di Dugin, vi sono tre fondamentali paradigmi nella storia umana: il premoderno (la società tradizionale), il moderno (la società post-tradizionale) e il post-moderno.

Il primo di questi periodi era fondato sul manifestazionismo, inteso come forma primordiale della Tradizione, in cui non sussisteva l’idea di causalità dei fenomeni. L’uomo dell’antichità non perdeva tempo a interrogarsi sulle cause di un determinato fenomeno, ma si poneva il problema di comprenderne il fine, dottrina che Aristotele indicava con il termine entelechia. Il premoderno era permeato dal miracoloso, che si manifestava in ogni ambito della vita umana. Mircea Eliade inquadra questo fenomeno con la teoria della ierofania. Inoltre è possibile rilevare che:

«L’uomo della Tradizione è profondamente euforico. In genere, la felicità è sempre al suo fianco, giorno e notte. Si mantiene in correnti miracolose anche osservando un chiodo, un martello o il proprio dito, vive sensazioni incredibilmente forti: l’Essere straborda sempre, irradiandosi in tutte le direzioni.»

(Aleksandr Dugin, Teoria e fenomenologia del Soggetto Radicale, a cura di Francesco Marotta, Andrea Scarabelli e Luca Siniscalco, AGA -Cusano Milanino, 2019, cit. p. 78)

Questo periodo idilliaco si conclude, però, con l’avvento del secondo paradigma: la modernità. Essa, secondo Max Weber, conduce al disincanto, al razionalismo, allo scientismo, al materialismo, all’ateismo e al:

«Il formarsi soltanto in Occidente di un tipo di scienza, di economia, di politica che rappresentano la razionalizzazione più sistematica e completa della realtà sinora avutasi nel mondo.»

(Valerio Verra, Moderno e Post-moderno, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Milano, edizione digitale, cit.)

Successivamente, l’uomo comincia ad avvertire un profondo disagio anche nei confronti del modernismo, vengono a cadere le grandi narrazioni e giungiamo al terzo paradigma: il post-moderno. Tutte le certezze presenti nella modernità crollano, le persone non rivolgono le loro preghiere a Dio ma allo stesso tempo non ripongono nemmeno più fiducia nella filosofia e nella politica. Non a caso autori non sospetti, come Yuval Noah Harari, sostengono che l’uomo della civiltà odierna non abbia uno stile di vita così migliore di quello primitivo. Tornando a noi, questa modernità liquida è ormai completamente desacralizzata, l’uomo respinge il divino e in suo luogo realizza i c.d. “miracoli neri”.

 

I miracoli neri

Non essendoci più spazio per il soprannaturale, la società odierna affida alla scienza un ruolo messianico e pseudosacrale. Dugin vede in questo fenomeno la materializzazione dei c.d. “miracoli neri”, cioè di una serie di condotte atte a sostituire il divino con alcuni surrogati che conducono l’uomo alla più bieca rovina. In particolare, si palesano scenari distopici atti a stravolgere la natura umana, situazioni che fino a poco tempo fa appartenevano solamente ai romanzi o ai film di fantascienza e che cominciano piano piano a prendere forma reale grazie ad alcuni movimenti come quello del transumanesimo. Con tale termine si intende:

«Un’estensione dell’umanesimo, dal quale è in parte derivato. Gli umanisti sostengono l’importanza del singolo essere umano, del pensiero razionale, della libertà, della tolleranza e della democrazia. I transumanisti concordano con tutto ciò ed aggiungono una forte enfasi su quello che, potenzialmente, potremmo divenire. Non solo intendiamo utilizzare mezzi razionali per migliorare la condizione umana ed il mondo, ma vogliamo anche utilizzare gli stessi strumenti per migliorare l’organismo umano. Questo vuol dire che non ci limitiamo ai mezzi usualmente sostenuti dagli umanisti (per esempio l’educazione), ma che sosteniamo anche l’uso dei mezzi tecnologici che, un giorno, ci permetteranno di spingerci al di là di quello che oggi si definirebbe umano.»

(Riccardo Campa, Mutare o perire: La sfida del transumanesimo, Sestante Edizioni, Bergamo, 2012, edizione digitale, cit.)

In altre parole, ogni strumento atto ad apportare un miglioramento all’uomo è da considerarsi positivo, anche se è in contrasto con la natura. I transumanisti non si pongono alcuna remora morale, aprendo le porte a qualsivoglia forma di aberrazione come la clonazione umana. Infatti:

«I transumanisti non vedono ragioni particolari per praticare la clonazione completa di un essere umano, ma non vedono nemmeno ragioni per vietarla. In fin dei conti la clonazione produce un fratello gemello, non un mostro.»

(Riccardo Campa, Mutare o perire: La sfida del transumanesimo, Sestante Edizioni, Bergamo, 2012, edizione digitale, cit.)

Luca Siniscalco, Andrea Scarabelli e Alexsander Dugin

Paiono tesi alquanto balzane, eppure vi sono molti intellettuali che le sostengono e che mirano a obiettivi ben più atroci. Si pensi al fatto che vengono gettate anche le premesse per porre in essere la mutazione genetica dell’uomo, in quanto:

«L’OGM è anche un banco di prova per le cosiddette ibridazioni uomo-animale, altre tecnologie cruciali per il nostro destino. Vi sono molti progetti scientifici basati sull’introduzione di geni umani in cavie da laboratorio, soprattutto topi, per testare poi farmaci e terapie […] I critici che gridano allo scandalo pare dimentichino che l’uomo non è un angelo, uno spirito, una realtà altra rispetto alla natura, ma una macchina biologica che ha già l’80% dei geni in comune col topo. Che piaccia o meno. E per questo le ibridazioni sono possibili in natura.»

(Riccardo Campa, Mutare o perire: La sfida del transumanesimo, Sestante Edizioni, Bergamo, 2012, edizione digitale, cit.)

Al riguardo, appare più attuale che mai Oswald Spengler, il quale ha affermato che:

«Si è spiato il corso della natura annotandone i segni e si è incominciato ad imitarla grazie a mezzi e a metodi che utilizzano le leggi del ritmo cosmico. L’uomo ha osato assumere la parte di un dio, e si capisce che i primi che si dettero a fabbricare e a conoscere queste cose artificiali, queste cose prodotte da un’arte — proprio qui è nato il concetto di arte come antitesi alla natura.»

(Oswald Spengler, Il Tramonto dell’Occidente, Longanesi, Milano, 2015, edizione digitale, cit)

Come se non bastasse, un altro aspetto repellente dei c.d. miracoli neri concerne la diffusione virale di internet che, se da un lato ha consentito alla società di agevolare il commercio e lo scambio di informazioni mettendo le persone in grado di comunicare da una parte all’altra del mondo in maniera istantanea, dall’altro ha comportato non poche problematiche di ordine psicologico e sociologico.

Si pensi a tutti quei soggetti che hanno sviluppato una dipendenza dalla rete, definita dalla medicina Internet Addiction Disorder, oppure, per esempio, a tutte quelle persone che sono diventate schiave dal demone del gioco d’azzardo online, sistema che permette agli utenti di accedere a casinò virtuali direttamente da casa e di sperperare con facilità fiumi di danaro.

Altra problematica connessa a questo dominio è il cyber-sesso, grazie al quale le persone possono fruire del materiale pornografico disponibile gratuitamente sul web, con la conseguente perdita di desiderio nei confronti dei rapporti sessuali e del partner.

Anche in questo caso, pare profetica la visione di Spengler:

«L’uomo faustiano è divenuto schiavo della sua creazione. Nelle sue mosse così come nelle sue abitudini di vita egli sarà spinto dalla macchina in una direzione sulla quale non vi sarà più né sosta, né possibilità di tornare indietro.»

(Oswald Spengler, Il Tramonto dell’Occidente, Longanesi, Milano, 2015, edizione digitale, cit)

 

L’apertura dell’Uovo del Mondo

Siamo pertanto giunti al punto più oscuro dell’era umana in cui:

«L’uovo cosmico si apre verso il basso, il materialismo finisce e un flusso di energie inferiori s’insinua nel mondo. Sono i demoni mascherati da uomini di cui parla Eufemio, Gog e Magog: invadono noi, i nostri amici, i nostri genitori, i nostri studenti e i colleghi, di tanto in tanto rivolgendoci occhiate folli.»

(Aleksandr Dugin, Teoria e fenomenologia del Soggetto Radicale, a cura di Francesco Marotta, Andrea Scarabelli e Luca Siniscalco, AGA -Cusano Milanino, 2019, cit. p. 174)

In tale circostanza, nel momento in cui si dissolve ogni ambito della Tradizione, quando tutto sembra perduto, compare il Soggetto Radicale che:

«Intende mostrare la propria natura superiore non sul trono regale ma nelle vesti di un contadino, di uno spazzacamino, di un mendicante, di un mostro. Fautore della chiusura dell’Uovo del Mondo dall’alto e della sua apertura dal basso, il Soggetto Radicale è vincitore di Dio […] Pur facendo formalmente parte dei collettivi demoniaci […] mantiene una differenza ontologica fondamentale, radicale e terribile. È un uomo differenziato (Evola), un uomo integrale. Il suo spirito brama l’ultima prova, la prova più terribile, l’immersione nella gelida cascata delle acque materiali e infernali. È lì che afferma la propria dignità e un’incomparabile superiorità.»

(Aleksandr Dugin, Teoria e fenomenologia del Soggetto Radicale, a cura di Francesco Marotta, Andrea Scarabelli e Luca Siniscalco, AGA -Cusano Milanino, 2019, cit. pp. 310-311)

Muovendo dalla teoria dell’uomo differenziato di Julius Evola e dalle posizioni degli altri “tradizionali integrali”, il Soggetto Radicale è una figura di fondamentale importanza per comprendere il mondo post-moderno. Questo volume non è diretto a coloro che intendono ritirarsi nichilisticamente dalla società odierna, ma invece è rivolto a chi ha il coraggio di affrontare il periodo più oscuro del Kali Yuga rimanendo in piedi tra le rovine.

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Francesco La Manno

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