Linee di resistenza artistica. Carlo Fusca, nove artisti e un Sud fuori dalle mode

Il tempo interiore di Carlo Fusca

Un percorso tra tradizione e trasfigurazione. Una resistenza artistica che non ha mai accettato certe espressioni creative contemporanee auto-referenziali. Raccontare Carlo Fusca vuole dire osservare dentro un engagement pittorico instancabile, razionale, mai conclusivo. In quanto l’artista, il docente, il divulgatore Fusca porta avanti il discorso sulla bellezza mai finita, sulla bellezza da difendere.

Prima di tutto la bellezza va raccontata ai giovani e  questo impegno intellettuale si concretizza oggi attraverso l’Associazione culturale Autonomia delle Arti. La recente mostra barese ‘Linee parallele’, 8 novembre – 10 dicembre 2019, in cui vengono tenute insieme diverse esperienze creative, è il risultato dell’impegno dell’associazione e  di Carlo Fusca. Viene dedicato questo evento espositivo a Mimmo Conenna, ad un vulcano di creatività, un personaggio “come tutti quelli che non blandiscono il potere e non accettano la falsa democrazia  e il clientelismo”, per usare le parole di Toti Carpentieri.

Sono in mostra nove artisti, uniti dal ricordo del maestro Conenna, e sono  associate espressioni corpose, mai improvvisate, come la materica oscurità di Vito Capone o l’enigma di strutture immaginarie di Ugo Martiradonna  o la visione metropolitana di Giuseppe Sylos Labini. Altri artisti, Piero di Terlizzi, Lucia Buono, Franco Menolascina, Miriana Risola, Gianni Zanni, tutti abbracciati dall’attivismo di Fusca, ossia da una visione critica che spiega l’idea di un’arte come sistema di forme, movimento libero e creativo.

Di certo la mostra ‘Linee parallele’ è un punto di partenza. Dice tutta la consapevolezza critica dei creatori di senso. Recupera l’ironia e la sperimentazione obiettiva di Mimmo Conenna. Incalza un Meridione prigioniero di mode o di luoghi comuni sperimentali che esprimono il gusto soggettivo di chi non ha nulla da dire, di chi cerca un’originalità senza più sentimento, originalità per forza, tutta ripetitiva, collegata ad un presente affogato dentro la banale infinità dei linguaggi e dentro la performance occhieggiante la musa caotica della novità.

L’esperienza dell’Associazione culturale Autonomia delle Arti  spinge avanti un’idea, questa: l’arte è un progetto, un punto d’incontro, al fine di rilevare i riflessi della società, sogni, proteste, delusioni,  vale a dire ciò che non riusciamo a leggere in una certa arte contemporanea che continua a rappresentare il vuoto.  Per un esempio che motiva la nostra ricerca, in ‘Memorie sintetiche’, Carlo Fusca, solo pochi anni fa, travolgeva la figura tradizionale con il  gesto nervoso, con la combustione e la materia, per ribadire che  la memoria non scompare, il dramma della figura lacerata diviene dialogo, la contaminazione fa nascere un racconto pittorico mai statico, polimaterico, in cui l’antico e il moderno si scontrano, si contorcono, si fondono; anche questo abbiamo percepito nella mostra barese, raffinata e sincera,  affacciata su corso Vittorio Emanuele II, boulevard luminoso e odoroso di mare.

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Renato de Robertis

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