Storia. Vittoria d’Inghilterra (1819-1901): duecento anni dalla nascita

 La Regina Vittoria, di Franz Xaver Winterhalter, 1845
La Regina Vittoria, di Franz Xaver Winterhalter, 1845

I suoi 16 trisnonni erano tutti tedeschi. Col marito tedesco, della Casa Wettin,Vittoria parlò sempre in tedesco e mai perse il forte accento germanico quando doveva parlare in inglese. La figlia Vittoria fu Deutsche Kaiserin, sia pur per soli 99 giorni, nel 1888, suo nipote il bizzoso Kaiser Guglielmo II. E decine di altri congiunti prossimi, tra i quali lo zio Re dell’Hannover, giacchè lei non ci poteva regnare a causa della Legge Salica lì in vigore. Eppure nessuno come Queen Victoria richiama subito alla mente i valori – veri o supposti è un’altra storia – della Gran Bretagna e del suo popolo, virtù, vizi, manie, con i suoi autocompiacimenti. La Monarchia britannica – la dinastia fu ribattezzata Windsor durante la Grande Guerra contro la Germania Imperiale ed alleati –  le sue tradizioni, i riti pomposi fuori del tempo, il suo stile (scandali e relativa gestione compresi, che forniscono materiale inesauribile alla stampa), la rendono spesso anacronistica, oggetto di sarcasmi liberal, progressisti, repubblicani, ma appare, altresì, unica, inarrivabile, praticamente forgiata in un acciaio misterioso, resistentissimo ed inossidabile. 

Pazzi o debosciati, e sempre mediocri, non dedicandosi attivamente né alla vita politica, né a quella militare, i predecessori di Vittoria di Hannover non godevano di stima o affetto popolare, piuttosto il contrario. Governavano aristocratici e politici, che erano poi sostanzialmente la stessa cosa, di religione protestante (anglicani, ma pure calvinisti scozzesi) da quando il Parlamento aveva fatto mozzare la testa a Re Carlo I Stuart (1649), che pretendeva restaurare l’assolutismo di Enrico VIII e magari tornare al cattolicesimo. Erano, dal 1679, politici dei partiti Tory o Whig (conservatori o liberali), espressione della medesima classe sociale e cultura. Si disse che l’unica vera differenza tra gli uni e gli altri consisteva nell’alcolizzarsi …con il vino di Oporto o con quello di Madera! 

Sotto di loro un esercito piccolo ed efficiente,  una marina potente e piratesca che dominava i mari del mondo (‘Regina dei Sette Mari’ verrà denominata la Gran Bretagna), che già aveva posto le basi di un grande impero coloniale e, soprattutto a partire dalla Rivoluzione Industriale, una borghesia intraprendente, spregiudicata, avida, ma lungimirante; un ceto colto che spezzava l’idea diffusa di una nazione ricca, con splendide magioni palladiane, università antiche e prestigiose, eppur ancora semibarbara a livello di popolo, rissoso ed ubriacone. Quello, tanto per capirci, mai defunto, che provocò la morte di 38 spettatori della Juventus nello Stadio Heysel di Bruxelles, nel 1985 ed altre prodezze di Hooligans scatenati.. Splendid isolation sarà definito il periodo, nella seconda metà del XIX secolo, durante il quale la politica estera della Gran Bretagna venne improntata ad evitare qualunque coinvolgimento diretto nei conflitti europei per dedicarsi allo sviluppo della potenza coloniale e commerciale dell’Impero. Tentazione ricorrente.

Vittoria, come lo fu a suo tempo Maria Teresa d’Austria, può essere considerata una sorta di clessidra: quando le sorti di una dinastia sembrano giunte al termine, soprattutto per mancanza di eredi, ecco che una piccola donna grassoccia, golosa, ignorantella, diventa sovrana ed offre alla storia ed alla famiglia un inesperato futuro. Un mito, quello della Regina Vittoria, con poco fondamento reale, costruito, ma ciò è secondario. I miti non sono tali in base alla loro consistenza effettiva, ma appunto in quanto contagiosi, impalpabili, non riconducibili a fredde valutazioni razionali. La Queen, paradossalmente, era agli inizi del regno la cosa meno British che ci si possa immaginare. Comunque, al di là di ogni critica, apologia, esaltazione, duecento anni ben portati…  

La Regina Vittoria è forse il più compiuto esempio di “invenzione della tradizione” come più tardi scriverà diffusamente lo storico marxista Eric Hobsbawn, quando, nei decenni finali del XIX secolo, i governi scoprirono il ‘significato politico’ delle emozioni, l’appello alla componente emotiva dell’essere umano. Mentre venivano scosse credenze antiche, soprattutto di carattere religioso, per assicurarsi obbedienza e lealtà dei sudditi s’imponevano sostituti efficaci. Uno fu ‘l’invenzione della tradizione’ miscelando elementi vecchi e nuovi per generare adesioni, come la Corona e le glorie militari o l’impero e le conquiste coloniali. La vita politica si ritualizzò e si riempì di cerimonie e di simboli. Nella decade del 1880 la monarchia britannica, sempre più ‘ieratica e bizantina’ – ancor oggi la Regina, oggetto di culto in vita, e la Royal Family ne replicano molti riti pomposi – ne divenne un chiaro esempio. Monumenti (come i Memorials al principe Alberto ed alla stessa regina Vittoria),  bandiere,  uniformi,  inni,  marce,  divennero molto popolari,  come oggi lo sono le grandi squadre di calcio e così  la  propaganda imperialista. 

La guerra (lontano dall’isola), come il nazionalismo espansionista, acquisì un potere demagogico ancor maggiore. Il governo conservatore utilizzò la Guerra dei Boeri (1899-1902) per sconfiggere clamorosamente  i liberali nelle elezioni del 1900, così come l’imperialismo statunitense aveva coltivato la popolarità delle armi nella guerra contro la Spagna del 1898. Con la mobilitazione delle masse si forniva una nuova legittimità ai regimi politici ed alle classi dirigenti. Parallelamente, le esigenze commerciali dei mercati, in piena seconda Rivoluzione Industriale, scoprirono il potere degli spettacoli per le masse (come il circo itinerante tra Europa ed America  “Buffalo Bill’s Wild West” e poi l’universo del cinema). L’industria della pubblicità crebbe anch’essa rapidamente e conobbe un successo travolgente. Significativamente, il cartello pubblicitario moderno (poster, depliant, cartellone, insegna stradale o luminosa, vignetta per periodici e quotidiani ecc.), nacque tra il 1880 e il 1890.

Con la morte della Regina Vittoria, il 22 gennaio 1901, ebbe fine anche il secolo XIX, in un certo modo. Grandi mostre, eventi rievocativi, manifestazioni, documentari e serie TV ricordano in questo 2019 il bicentenario della nascita della Regina, specialmente in Gran Bretagna, ma anche in Canada, in Australia ed in altri Paesi (Italia compresa). Non è un caso che la Bibbia liberal del ‘politicamente corretto’ mondiale, il New York Times, abbia pubblicato il 4 gennaio scorso:

 ‘Celebrating the 200th Anniversary of Queen Victoria’ (di Jennifer Conlin)                                    

The birth of the British monarch, who ruled over her global empire from ages 18 to 81, is being marked by exhibitions and tours in 2019. Queen Victoria reigned over the British empire for 63 years. She was a sprightly girl of 18 when she ascended to the throne of the British Empire in 1837, and a revered global presence — a grandmotherly figure to her millions of subjects — when she died in 1901 at 81. In 2019, the Victorian Era will be again celebrated throughout Britain as the country marks the 200th anniversary of the queen’s birth.For those wanting to cross the Atlantic and join the celebrations, here is a roundup of the festivities that will be taking place, from museum exhibits to travel packages and tours.

Tra i vestiti della regina Vittoria esibiti a Kensington Palace questa Petticoat, sottoveste

 

Where it all began. Start at London’s Kensington Palace, Victoria’s birthplace, where a new exhibit opens on May 24, the date the future queen was born in 1819. The preserved suite of rooms that Victoria and her mother, the Duchess of Kent, once occupied, will be filled with new interactive displays and objects never before seen by the public, such as a scrapbook kept by the queen. The exhibit also includes writings and drawings from her childhood. Don’t miss the ‘Pigott Gallery’, where another new exhibit re-examines her life and legacy as a wife, mother, monarch and grandmother, as well as wardrobe items that show the queen’s fashionable side, in contrast to the black gowns she donned during her long widowhood. “We are celebrating an exceptional woman who was powerful, yet feminine, royal, and yet appealed to ordinary people”, said Polly Putnam, the curator of the exhibit at the royal palace: “They broke the mold when they made her” .

 Ho raccolto e rielaborato un po’ di materiale sulla Regina Vittoria ed il bicentenario. Anzi su Alexandrina Victoria, nomen omen, che fu una donna e sovrana dura, con grande carattere, spesso anticonvenzionale, che esibì durante il lungo regno un impegno basato su forti valori e convinzioni. Celebre rimase una sua frase: “Una sconfitta? La possibilità non sussiste”. Non il profilo biografico completo, che ognuno può trovare in Internet. Spunti, episodi, cose curiose… L’offro di seguito:

‘Il 24 maggio 1819 in quello che molti anni dopo suo figlio definirà aunt keeper nasce la futura regina Vittoria. Nel palazzo costruito perché re Guglielmo III vuole allontanarsi dall’aria insalubre del centro di Londra, la bambina, orfana del duca di Kent ed erede degli zii Giorgio IV e Guglielmo IV, passa tutta la sua infanzia. Qui la giovane riceve la notizia che lo zio è morto e lei è la nuova regina; qui in una sala al primo piano si tiene la prima riunione del Consiglio Privato di un regno che sarà lunghissimo, il più lungo della storia inglese fino a quella della sua bis-bis nipote Elisabetta II. Sovrana ad appena diciotto anni e finalmente libera dalla pesante tutela di una madre poco amata, la regina Vittoria è una ragazza allegra e vivace, che ama la musica, il ballo ed è attratta dagli uomini affascinanti e colti. In effetti Vittoria, orfana di padre all’età di otto mesi, cerca soprattutto una figura maschile di riferimento. Lo zio Leopoldo di Sassonia-Coburgo si prodiga in consigli e lei gli sarà sempre molto affezionata; con Lord William Lamb, visconte di Melbourne, sarà tutto diverso. La giovane sovrana, salita al trono il 20 giugno 1837, è letteralmente soggiogata dal suo primo ministro, che ha quasi sessant’anni, ma  uomo di grande charme, aristocratico nei modi e ricco di fascino. La regina alle prime armi ed il lord sono ben presto inseparabili. Quella per Melbourne è una vera passione, beninteso non oltre i limiti delle convenienze, ma nettamente al di là della prudenza e della ragionevolezza’. 

Melbourne è un abile politico whig e Vittoria ancora troppo inesperta per restare super partes: abbraccia, infatti, con entusiasmo la causa dei liberali; alla prima crisi di governo le fanno gentilmente, ma pesantemente notare che gli affari del Regno non si trattano in quel modo.  Per fortuna entra presto in gioco il cugino Alberto di Sassonia-Coburgo e Gotha (spedito a Londra dal comune zio Leopoldo, Re dei Belgi dal 21 luglio 1831, il quale considera urgenti le nozze della nipote) che è un giovane intelligente ed aitante. Nei seguenti ventuno anni, fino alla morte prematura, a 42 anni, ci penserà l’“ottimo Alberto” a mantenere gli equilibrî in casa e nel Regno.

‘L’epoca vittoriana, è un periodo di grande sviluppo industriale, culturale, politico, scientifico e militare e la stessa sovrana è all’origine di molte innovazioni e tradizioni che sono diventate il simbolo della Gran Bretagna. Innanzitutto la regina Vittoria è il primo sovrano a stabilire ufficialmente la sua residenza a Buckingham Palace che, con il fondamentale contributo dell’amato Alberto (grande appassionato di arte e architettura), farà ampliare e rinnovare. Il 10 febbraio 1840 si sposa indossando un semplice e luminoso abito bianco; non è la prima in assoluto, ma di sicuro è quella che tutte le spose dopo di lei vorranno imitare. Il suo matrimonio è il primo grande show reale; l’albero di Natale è una tradizione tedesca che il principe Alberto porta in Gran Bretagna, ma l’usanza si diffonde grazie alla popolarità della famiglia reale. L’Afternoon Tea, ovvero uno dei riti simbolo dell’Inghilterra nasce ufficialmente grazie a una dama di corte della regina, la quale apprezza subito l’idea. I Garden Tea Party, che ancora oggi si svolgono a Buckingham Palace, sono un’idea della regina Vittoria. Ma oltre a questo alla regina Vittoria dobbiamo l’invenzione della Royal Family, così come la conosciamo oggi’. 

(Da Marina Minelli, Il 24 maggio 1819 nasce a Kensington Palace la futura regina Vittoria).

   La regina Vittoria fu il primo monarca britannico moderno. I precedenti sovrani avevano avuto un ruolo più attivo di lei nel governo del Paese. Una serie di riforme videro l’aumento del potere della Camera dei Comuni a scapito della Camera dei Lord e della Corona stessa, con il ruolo del monarca sempre più simbolico. Dal regno di Vittoria in avanti il monarca aveva “il diritto di essere consultato, il diritto di consigliare ed il diritto di avvisare”. La monarchia di Vittoria divenne quindi più simbolica che politica, con forte enfasi sulla moralità e sui valori della famiglia, in contrasto con gli scandali sessuali, finanziari e personali legati ai personaggi della famiglia degli Hannover, che avevano screditato la dinastia ancor più della perdita delle colonie nordamericane. Il regno di Vittoria creò per i britannici il concetto di ‘monarchia di famiglia’ in cui anche la crescente classe media poteva identificarsi. 

Vittoria fu, purtroppo, anche la prima portatrice conosciuta di emofilia. Portatrice sana, ed inconsapevole, lei passò la malattia ad almeno tre dei suoi figli, di cui un maschio e due  femmine certe (Alice e Beatrice). Il più famoso emofilico della sua discendenza fu il bisnipote, il piccolo zarevic Alessio Romanov, assassinato con la sua famiglia nel 1918 dai bolscevichi. La principessa Vittoria Eugenia di Battenberg, un’altra nipote della regina Vittoria, fu anch’ella una portatrice del gene dell’emofilia: sposò Alfonso XIII di Spagna e due dei suoi figli nacquero emofiliaci.

La regina (ribattezzata “nonna d’Europa”) ebbe 9 figli, a parte le gravidanze sventurate, che a loro volta ebbero una numerosa discendenza:

Vittoria, principessa reale, 21 novembre 1840-5 agosto 1901, sposata nel 1858 a Federico III, imperatore di Germania e re di Prussia; ebbero figli.  

Edoardo VII, 9 novembre 1841-6 maggio 1910, sposato nel 1863 alla principessa Alessandra di Danimarca; ebbero figli.  

Alice, 25 aprile 1843-14 dicembre 1878, sposata nel 1862 a Luigi IV, granduca d’Assia e del Reno; ebbero figli. Portatrice sana di emofilia. 

Alfredo, duca di Sassonia-Coburgo e Gotha e duca di Edimburgo, 6 agosto 1844-31 luglio 1900, sposato nel 1874 alla granduchessa russa Marija Aleksandrovna Romanova; ebbero figli.  

Elena, 25 maggio 1846-9 giugno 1923, sposata nel 1866 a Federico Cristiano di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Augustenburg; ebbero figli.  

Luisa, 18 marzo 1848 3 dicembre 1939, sposata nel 1871 a John Douglas Sutherland Campbell, IX duca di Argyll; non ebbero figli.  

Arturo, duca di Connaught e Strathearn, 1º maggio 1850-16 gennaio 1942, sposato nel 1879 alla Principessa Luisa Margherita di Prussia; ebbero figli.  

Leopoldo, duca di Albany 7 aprile 1853-28 marzo 1884, sposato nel 1882 alla principessa Elena di Waldeck e Pyrmont; ebbero figli.  

Beatrice, 14 aprile 1857-26 ottobre 1944, sposata nel 1885 a Enrico di Battenberg (Assia); ebbero 4 figli, di cui 2 maschi affetti da emofilia ed una femmina portatrice sana. 

Il re Edoardo VII si sposò nel 1863 con la principessa Alessandra di Danimarca ed ebbero 2 figli: Maud del Galles – regina di Norvegia dal 1905 al 1938 come consorte di Haakon VII – e Giorgio V del Regno Unito, il quale a sua volta ebbe 2 figli sovrani, Edoardo VIII e Giorgio VI. Quest’ultimo è il padre di Elisabetta II del Regno Unito, attuale regina del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord. Il Kaiser Guglielmo II di Germania, come detto, era figlio della figlia Vittoria; lo zar Nicola II di Russia era sposato con la Alessandra, figlia della figlia Alice. Altre sue nipoti sedevano come regine consorti sui troni di Grecia, Norvegia e Romania. 

Nel corrente 2019 quasi tutti i regnanti e molti pretendenti ai troni europei sono discendenti di Vittoria.

                    

                            Regina Vittoria, altro che puritana   

La famiglia reale. Olio di Franz Xaver Winterhalter, 1847

Nella biografia La Regina Vittoria (edizione italiana: Claudiana, 2009) lo scrittore britannico Richard Newbury si propose di mostrare che la regina non era affatto puritana, come molta storiografia ha descritto, ma assolutamente passionale e capace di «deliziarsi». 

Vittoria e Alberto avevano avuto entrambi un’infanzia difficile. Vittoria aveva perso il padre a otto mesi e per tutta la vita avrebbe cercato figure paterne. In più sua madre ed il suo amministratore – e amante – Sir John Conway cercavano di dominarla psicologicamente, sperando di accedere alla Reggenza. Alberto, secondogenito del Duca Ernesto di Sassonia-Coburgo, era di tre mesi più giovane di Vittoria. Aveva una madre briosa che, non reggendo più le ripetute infedeltà del marito, aveva cercato consolazione nel ciambellano di Corte, il barone von Mayern. Quando Alberto aveva cinque anni i genitori divorziarono e lui non rivide mai più sua madre. L’analogia delle loro infanzie fece sì che Vittoria e Alberto cercassero la stabilità nella famiglia e nella fedeltà coniugale. Questo significò una famiglia numerosa, ma anche una vita sessuale assai attiva, forse entusiasmante’. 

La regina ragazzina era stata capace di scegliere un perfetto principe azzurro in quello che Bismarck, sempre pungente, chiamava ‘l’allevamento di stalloni d’Europa’: i Sassonia-Coburgo. 

‘Fu amore a prima vista. «Alberto è davvero molto affascinante e incantevole, con gli occhi azzurri e un naso squisito e una bocca così bella con i suoi baffetti delicati e poi leggere, leggerissime basette; una figura magnifica, spalle larghe e vita sottile; il mio cuore batte. Balla così bene e ha un aspetto davvero spettacolare». Quattro giorni più tardi fu lei a fargli la proposta di matrimonio perché era sicura che lui «non si sarebbe mai preso la libertà» di chiedere in moglie una Regina. «Carissimo, adorato Alberto, io prego giorno e notte di poter essere sempre più degna di te, carissimo, carissimo Alberto», scriveva questa donna testarda, caparbia, ostinata, imperiosa. La prima notte di nozze lo stallone si comportò, pare, magnificamente, come la fioritura di sottolineature, doppie sottolineature e lettere maiuscole nel diario di Vittoria cerca di esprimere. È tutta una «beatitudine oltre ogni immaginazione», tutto è «gratificante e sbalorditivo al massimo». Tuttavia, quando Alberto espresse il desiderio di prolungare la loro luna di miele, lei replicò: «Dimentichi, mio carissimo amore, che io sono la sovrana e che il lavoro non si ferma ad aspettarmi»’.

(http://www1.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/201003articoli/53642girata.asp).

Per celebrare il 200esimo anniversario della nascita della regina Vittoria, dal 20 luglio al 29 settembre va in scena a Buckingham Palace a Londra una mostra a lei dedicata. L’esposizione “Queen Victoria’s Palace” racconta la storia di come la regina britannica trasformò Buckingham Palace da casa privata a residenza reale a tutti gli effetti. 

‘Together with Prince Albert, Queen Victoria changed not only the fabric of the building itself but also the relationship of the monarchy with the nation. Her vision that a modern palace should fulfil two roles, one public the other private, still governs Buckingham Palace today’, recita la locandina… Seguito ideale di un’altra mostra di anni addietro: “Victoria and Albert Passionate Patrons: Art and Love”, nella Queen’s Gallery di Buckingam Palace; un’esposizione splendida, carica di intimità e senso dell’arte. L’inevitabile scontro di ruoli istituzionali, nella monarchia e nel matrimonio, si sarebbe risolto anche attraverso il linguaggio dell’arte, della musica e del teatro, che unirono Venere e Marte, l’aspetto sensuale e quello intellettuale, di Vittoria e di Alberto, coniugi e mecenati appassionati.

(https://www.rct.uk/collection/themes/exhibitions/queen-victorias-palace/buckingham-palace/the-exhibition).

 Oltre al suo ruolo assolutamente non secondario di principe consorte, anzi brillante ed equilibrato, Alberto avrebbe voluto esportare nella sua Germania, dopo i fallimenti del 1848, il liberalismo moderato britannico, essenzialmente attraverso l’amatissima ed intelligente figlia primogenita Vittoria, moglie del Kronprinz prussiano Federico (25.1.1858), oggetto di lettere quasi quotidiane.  Il principe faceva parte dei ‘liberali di Worms’ e sosteneva il ‘piano Coburgo’, ovvero l’idea che una Prussia liberale servisse da esempio agli altri Stati tedeschi nel processo di unificazione nazionale e la necessità di trasformare la Prussia in monarchia parlamentare, sul modello britannico. Ma non ebbe successo. Ancor prima di morire (14.12.1861) Alberto fu contrastato dal Bismarck e dal re Guglielmo I. In seguito sia i predetti, sia il futuro imperatore tedesco, si opporranno strenuamente ad ogni tentativo, della non amata madre, in tal senso. 

Guglielmo II rappresenterà, in effetti, il tentativo di sintesi tra vetero-militarismo prussiano e modernizzante neoimperialismo tedesco. Una concezione autocratica del potere che, in ogni caso, ereditò la politica colonialista britannica (talora con accenti alla Kipling), ma non il mantenimento dell’equilibrio europeo, evidente dopo il licenziamento di Bismarck e sempre più ai ferri corti con il panslavismo russofilo degli zar, la revanche francese, i timori britannici circa il mantenimento della supremazia della orgogliosa flotta, dominante dai tempi elisabettiani (1589). Anche se, recentemente, un documentato volume di Luis Gorrochategui Santos, The English Armada. The Greatest Naval Disaster in English History (Bloomsbury, 2018), ridimensiona parecchio la leggenda della Drake-Norris Expedition che distrusse la Armada Invencible di Filippo II…

Ormai anziana, spesso confusa, e gravemente minata dai reumatismi, la regina Vittoria morì il 22 gennaio 1901, dopo un regno di 63 anni, 7 mesi e 2 giorni. I suoi funerali furono celebrati il 2 febbraio e, dopo due giorni di lutto nazionale, la salma venne tumulata al Mausoleo Frogmore accanto al marito. A Vittoria succedette il primogenito, principe di Galles, che regnò con il nome di Edoardo VII. Il primo nome ufficiale come monarca fu “Vittoria Regina, per Grazia di Dio, del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda, Difensore della Fede”. La frase “Imperatrice d’India” fu aggiunta nel 1876.

A proposito del funerale della Regina Vittoria, nel 2017 è comparso un lungo e dettagliato articolo:

                     ‘Cosa accadrà quando morirà la Regina’ (Elisabetta II, sul trono dal 1952) 

Samuel Knight, un giornalista britannico che scrive per il Guardian e per il New Yorker ha raccontato come si svolgeranno i maestosi funerali della sovrana britannica dal regno più lungo di sempre: «Per una ristretta cerchia di aristocratici e funzionari pubblici, l’arte di pianificare grandi funerali – con la loro solennità, la cura maniacale per i dettagli – è l’espressione di un autentico talento nazionale». Un cerimoniale che sarà “mostruoso” per tempi, mezzi di comunicazione ammessi, sontuosità e coinvolgimento di ospiti, autorità e popolo. A sovrintendere alle cerimonie funebri vere e proprie sarà il 18° duca di Norfolk, Edward Fitzalan-Howard (nato nel 1956). È dal 1672 che la famiglia Norfolk sovrintende i funerali reali. Norfolk sarà coadiuvato da una task force del governo, formata da rappresentati della polizia, dei servizi di sicurezza, dei trasporti e delle forze armate.    (https://www.ilpost.it/2017/03/17/funerale-regina-inghilterra)

Staremo a vedere, se non sopravviderà a tutti noi! Il funerale dell’ava Regina Vittoria, nel 1901, è stato descritto minutamente e definito “bizzarro” da Stewart Richards, autore di Curtain Down at Her Majesty’s: The Death of Queen Victoria, The History Press, gennaio 2019. Vediamo rapidamente il perchè, anche sulla base di un articolo recente del Richards (18.1.2019):

                                    The final days of Queen Victoria 

When Queen Victoria died at the age of 81 on 22 January 1901, it took her family, court and subjects by surprise. 1900 had been Queen Victoria’s annus horribilis: “a horrible year, nothing but sadness and horrors of one kind & another”, she wrote. The Boer War (1899–1902, fought between Great Britain and two Afrikaner republics) weighed heavily on her mind, and the lifting of the sieges against Mafeking and Ladysmith in early 1900 had done little to relieve her anxiety. In April, her eldest son the Prince of Wales had been shot at as he travelled through Belgium, by a young boy protesting against the war. Her eldest daughter –Vicky, the Dowager Empress of Germany – had been diagnosed with incurable breast cancer that had spread to her spine, and the empress was languishing in great pain in her castle in Kronberg. In August 1900, a telegram had arrived announcing that her favourite son – the chain-smoking, heavy drinking Alfred, Duke of Edinburgh – had died from throat cancer. “Oh! God! my poor darling Affie gone too! My 3rd Grown up child. It is hard at 81!” she wrote. A few weeks later she received the news that her much-loved grandson, Prince Christian Victor, eldest son of her daughter Princess Helena, had succumbed to enteric fever while serving with the British Army in South Africa. As Queen Victoria ended the 19th century, she was not her usual self. She was visibly fading: her voracious appetite had disappeared and she had lost almost half her body weight. On Tuesday 22 January 1901, Superintendent Fraser ordered the household police to surround the queen’s Isle of Wight residence Osborne House. All telephone and telegraph wires were to be suspended, and any servant or messenger to be prevented from leaving. A short while later he walked down the long  gravel drive to the entrance gate where a large crowd was waiting, and pinned a small notice on to the bulletin board: 

“Osborne House, January 22, 6.45 pm. Her Majesty the Queen breathed her last at 6.30pm, surrounded by her children and grand-children”.

Il 25 gennaio, il nuovo Re Edoardo VII, il fratello principe Arthur, Duca di Connaught, ed il nipote Kaiser Guglielmo (che sempre s’impicciava di tutto, ordinò la maschera funebre che Vittoria detestava, poi litigò col vescovo di Winchester, il preferito di Vittoria, e lo insultò…) aiutarono a sollevare il suo corpo e posarlo nella bara. Non aveva voluto essere imbalsamata e molti fiori cercavano di attenuare gli odori della decomposizione. Era vestita con un abito bianco ed il velo da sposa. Da 40 anni, dalla morte di Alberto, lei vestiva solo di nero! La morte scosse l’intera Nazione. Ciò che seguì fu soprattutto caos e confusione massima. Nessuno si ricordava, dopo 64 anni, di come si realizzasse un funerale reale, al di là delle istruzioni della diffidente defunta sovrana, che esplicitamente pretese un ‘Full Military State Funeral’. 

A parte, Vittoria aveva chiesto al suo medico personale, James Reid, di mettere, segretamente, nella bara una serie di ricordi che commemoravano la sua famiglia e la servitù. Una delle vestaglie di Albert era appoggiata al suo fianco, con un calco in gesso della mano, mentre una ciocca di capelli di John Brown, insieme ad una sua foto, era posta nella mano sinistra, nascosta alla vista della famiglia da un mazzo di fiori, l’amata erica di Balmoral. Gli oggetti collocati accanto al corpo della regina includevano l’anello nuziale della madre di Brown, datole da Brown stesso nel 1883. I cimeli di Brown furono sepolti insieme alla regina in segreto per rispetto ai figli, in particolar modo ad Edoardo. John Brown (1826 – 1883) fu l’assistente personale scozzese della regina per molti anni. Venne apprezzato da molti per la sua competenza e compagnia, mentre fu odiato da altri per la sua influenza e la sua disinvoltura con la Regina. L’esatta natura della sua relazione con Victoria fu oggetto di grandi speculazioni da parte dei contemporanei, e continua a essere controversa ancor oggi. Sposò la regina? Edoardo VII si assicurò di distruggere i cimeli di John Brown, oltre che quelli di Abdul Karim, il cameriere musulmano indiano, presunto protagonista della seconda relazione sconveniente della Regina, ma non riuscì ad impedire alla madre di esser sepolta con due ricordi dell’affezionatissimo scozzese.

Ben 33 mila soldati furono fatti affluire a Londra e vicinanze. Giunse pure a Scotland Yard la segnalazione che tre noti anarchici – in un momento di grande attività dell’estremismo anarchico; pochi mesi prima era stato ucciso re Umberto I a Monza e lo statunitense presidente William McKinley lo sarà quello stesso settembre – avrebbero cercato di assassinare durante le esequie il Kaiser ed il re Leopoldo del Belgio. 

Il 1 febbraio 1901, un corteo funebre per mare attraversò il Solent (lo stretto marino tra le isole di White e di Gran Bretagna), fiancheggiato da 11 mila navi e naviglio di ogni genere, che al passaggio dello yacht Alberta con la bara facevano suonare le proprie sirene. La vista di un corteo funebre reale che viaggiava per mare doveva fornire uno spettacolo inedito ed impressionante: il corpo di Victoria fu trasportato a bordo dell’ Alberta da Cowes a Gosport, con nella suite dello yacht il nuovo re Edoardo VII. Il corpo di Vittoria fu vigilato dai Royal Marines prima di essere trasportato sull’affusto di cannone alla stazione ferroviaria, il giorno seguente, per il viaggio a Londra. Un gran numero di monarchi e principi stranieri erano presenti, oltre a  Guglielmo II, il Re dei Belgi e l’erede al trono austro-ungarico, l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo. Il 1914 era ancora lontano. Il futuro Edoardo VIII e poi duca di Windsor, colui che nel 1936 rinuncerà al trono per sposare Wallis Simpson, aveva 6 anni e dava la mano al Kaiser…

Vittoria aveva, dunque, esplicitato in 12 pagine delle precise volontà riguardo al servizio ed alle cerimonie funebri, molti dei quali costituirono un precedente per i funerali di Stato che ebbero luogo in seguito. Primo, lei non amava la preponderanza del nero e ruppe con la tradizione: non ci sarebbero stati mantelli neri, tende o baldacchino. Vittoria chiese un manto chiaro per coprire la sua bara. In secondo luogo, espresse il desiderio di essere seppellita come ‘la figlia di un soldato’. La bara venne, quindi, posta su un affusto di cannone. La processione funebre divenne così una sorta di lunga sfilata militare, con i pari, i consiglieri privati, i magistrati e molti dignitari senza precedenza. In terzo luogo, Vittoria chiese che non ci fosse pubblico in lacrime o visibilmente costernato al passagio del corteo! Ciò significava che l’unico evento possibile a Londra sarebbe stato una processione di carri da una stazione all’altra: il suo corpo arrivato alla stazione di Waterloo, fu poi portato alla stazione di Paddington. Il nuovo Re, il sessantenne Edoardo, il famoso bon vivant della Belle Époque parigina, direttamente seguiva il funerale della madre a cavallo… , infine con il treno fino a Windsor per la tumulazione a Frogmore, il 4 febbraio, ben 13 giorni dopo il decesso! Prima, alla Westminster Abbey, il 2 febbraio alle ore 14, ebbe però  luogo un solenne servizio funebre con musiche e marce di Mendelssohn, Beethoven, Hartmann, Verdi, cori, salmi cantati, orazioni. A Windsor i cavalli infreddoliti si staccarono dal carro che portava il feretro fuggendo, rischiando di far cadere la bara e rendendo necessario il reclutamento di un vicino contingente di marinai per svolgere… analoghe mansioni. 

 (Da https://darkgothiclolita.forumcommunity.net/?t=60511901; https://www.vanillamagazine.it/i-cimeli-nella-bara-della-regina-vittoria-raccontano-la-sua-vita-sentimentale).

Continua il Richards:

The Royal Horse Artillery were unable to re-harness the horses and disaster loomed. Prince Louis Battenberg (grandfather of Prince Philip, the Duke of Edinburgh) rescued the day, suggesting: “If it is impossible to mend the traces you can always get the naval guard of honour to drag the gun carriage.” The service in St George’s Chapel was also chaotic. The clerical procession, led by two Archbishops, arrived an hour too early and had to stand patiently in the nave, which was half-empty owing to a major blunder by the Earl Marshal. The earl’s officials were seen dragging guests from their seats to spread them out in order to hide the mistake, while the uncooperative Lord Chamberlain tried to explain why he had requested that the women guests should come “in trousers”.

(https://www.historyextra.com/period/victorian/queen-victoria-death-funeral-mask-cause).

Un funerale grandioso ed alquanto bizzarro, in linea con l’eccentricità, reale e soprattutto presunta, dei sudditi di “Sua Graziosa Maestà”. Che riescono a convertire in eccentrico, a prendere sul serio, ciò che altrove viene  definito stravagante o tout court ridicolo! 

La Regina Vittoria. Incoronazione, Olio di George Hayter, 1838, National Portrait Gallery, London

Ma sorge un dubbio: non sarà che gran parte del British Style sia proprio stato inventato e costruito dalla Regina Vittoria?

Gianni Marocco

Gianni Marocco su Barbadillo.it

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