Cultura (di G.Marocco). L’auto oggi e nel mondo di ieri: la mostra Futurama a NY nel 1939

Futurama, incrocio con livelli differenziati, 1939
Futurama, incrocio con livelli differenziati, 1939

Da decenni, ormai, si sente parlare, come un mantra, di “crisi Fiat”, oltreché dell’auto in Italia, concetto che praticamente coincide. Un luogo tanto comune da non farci quasi più caso. Eppur vero, verissimo! Scriveva oltre un anno fa, il 25.7.2018, Giorgio Meletti per “il Fatto Quotidiano”, in un ‘coccodrillo’ che, alla pari di tanti altri, vide la luce prematuramente, ma dopo che John Elkann preannunciò la morte imminente di Sergio Marchionne:

Il rispetto umano per Marchionne morente impone di guardare la realtà e riconoscergli che nel disastro dell’industria italiana non ha meriti né colpe particolari. Nel 2004, quando gli fu affidato il timone della Fiat, il Gruppo torinese produsse in tutto 2,1 milioni di veicoli. In Italia furono costruiti allora 1 milione 141 mila veicoli, l’anno scorso ne sono stati fatti 1 milione 142 mila. (…) Nel 2004 sono stati prodotti nel mondo 63 milioni di veicoli, nel 2017, 97 milioni, con una crescita superiore al 50 per cento. Così Marchionne ha ereditato una quota di mercato attorno al 7-8 per cento e ne lascia una attorno al 5 per cento. C’è nell’ultimo bilancio FCA la fotografia spietata di questa sconfitta storica di cui Marchionne non ha responsabilità: nel 2017 ha venduto solo 215 mila veicoli in Cina, mercato da 24 milioni di pezzi. Ecco perché tutti parlano di inevitabile fusione con un grande gruppo asiatico (…). Marchionne ha solo fatto bene il suo mestiere, ha curato con successo gli interessi degli azionisti’.

L’ America, grazie al genio del deal maker Marchionne, ha salvato la Fiat, lasciando la proprietà formale agli italiani, ma dando agli statunitensi la governance effettiva. ‘Così è finita: Detroit è rimasta una delle capitali dell’ auto mondiale, Torino è diventata una città della cultura. Quel che è certo, l’ Italia non ha più un’ industria dell’ auto, è come la Spagna; all’ Italia sono rimasti tanti piani industriali ben infiocchettati, talora ballon d’ essai colorati, e quattro stabilimenti non strategici’, ha scritto recentemente Riccardo Ruggeri, che fu un grande manager, uno che se ne intende.

Lasciamo ora dormire l’ ‘American Dream’ o il sonno dei giusti di Marchionne… 

Oltre Fiat, FCA, ipotesi di alleanze e fusioni con altri produttori, il futuro dell’auto nel mondo non sembra essere quello ad alta tecnologia – ovviamente green, che piace tanto ai radical-chic della provinciale Italia, ma non solo – quanto una tecnologia basica per miliardi di persone, potenziali consumatori, che però possono spendere pochissimo. Tutti costoro (indiani, pakistani, cinesi, indonesiani, filippini, brasiliani, africani ecc.) un’auto elettrica, ibrida, a conduzione autonoma ecc., non se la potrebbero, infatti, permettere per tanti motivi. Né oggi né domani. Stesso discorso per gli smartphone che non dovrebbero costare più di 40 dollari. Anche perchè il mercato di iPhone ecc. da mille e più dollari (o Euro) non offre prospettive di crescita, semmai il contrario.  L’auto green (che poi è una falsità, giacchè l’energia pulita per la locomozione non esiste, piedi esclusi…) può piacere ai ricchi ‘ecologisti’ di casa nostra. Ma non serve per il mondo. Potrà stimolare gli ingegneri che lavorano in quel settore, ma non serve alle imprese (se non per chiedere sovvenzioni in nome del Protocollo di Kyoto), e neppure ai governi, facile demagogia ambientalista o elettoralista a parte. Ciò che è affascinante per pochi normalmente non serve a molti. Per i molti servirebbe, ad esempio, un diesel quasi ‘pulito’ o qualcosa del genere.

Mario Cianflone, giornalista del ‘Sole 24 Ore’, apriva il 2019: ‘Quest’anno risparmiatici le bufale’. Con l’invito alle Case automobilistiche ed alle star della tecnologia a non spacciare grandi fake news che, prese regolarmente per vere, scatenano ipotesi e montature senza fine sui media e dotti articoli di analisi sulle magnifiche sorti progressive di veicoli fantastici. Tutti, ovviamente, green ed a prossima guida autonoma…

Invito, naturalmente, caduto nel vuoto. Grandi titoli: ‘Tesla starebbe lavorando in segreto allo sviluppo delle proprie batterie’, a giugno. L’impresa starebbe progettando delle batterie con una soluzione innovativa che possa superare la tecnologia agli ioni di litio; tutto ipotetico, of course. E giù concept car a go-go, elettriche, ibride, ibride plug-in e microibride, illustrate nei particolari con abbondanti corredi fotografici o disegnati al computer.

Monica Secondino ha scritto per “Il fatto quotidiano”, lo scorso 13 Maggio 2019:

L’auto? Piace ancora, pure ai giovani. Così come elettrificazione e guida autonoma. (…)  fiducia nella transizione verso nuove forme di mobilità pulita e alternativa, che tuttavia avverranno in maniera lenta. (…) Micromobilità ed elettrico. L’utilizzo di quest’ultimo sta crescendo, ma rimangono alte barriere da superare, che i consumatori individuano nei costi troppo alti, nella scarsa autonomia e nella mancanza di stazioni di ricarica . Per questo motivo solo il 38% degli intervistati ritiene che le auto elettriche rimpiazzeranno i motori tradizionali nei prossimi 10-15 anni, mentre il 56% sposta più avanti nel tempo il sorpasso, tra 25-30 anni. Stesso orizzonte temporale anche per avere la guida autonoma con l’intelligenza artificiale. Nei confronti di quest’ultima i consumatori hanno un atteggiamento positivo perché trovano benefici legati al minor stress durante il trasporto, all’accessibilità ed alla sicurezza. Fattori però controbilanciati da costi dei veicoli troppo alti, dalla difficoltà nello stabilire la responsabilità in caso di incidente e nella mancanza di fiducia nella tecnologia”. (https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/13/lauto-piace-ancora-pure-ai-giovani-cosi-come-elettrificazione-e-guida-autonoma/5170871). 

Si sa che ai giovani piace assai l’utopia e pure a molti meno giovani.  L’ ‘auto pulita’, verde, la voglia di ritrovare o scoprire un’innocenza perduta, non ne è forse un’espressione tipica? Utopia incarnata, almeno un po’, nella Tesla, un’azienda statunitense fondata nel 2003 a San Carlos, Silicon Valley, California, da Martin Eberhard e Marc Tarpenning, specializzata nella produzione di veicoli elettrici, pannelli fotovoltaici, sistemi di stoccaggio energetico. L’obiettivo della Company, per il futuro, è la produzione di veicoli elettrici per il mercato di massa a prezzi accessibili per promuovere l’utilizzo di fonti rinnovabili e non inquinanti.  Tesla appare a molti come l’azienda più innovativa al mondo. Nel 2008 ha iniziato a produrre il Tesla Roadster, trazione posteriore e propulsione elettrica, con carrozzeria Lotus (2.000 unità fabbricate tra il 2009 ed il 2011), cercando di coniugare nello stesso veicolo sportività, efficienza, tecnologia di punta ecologicamente corretta, ma, purtroppo, a prezzi non contenuti. Il modello più economico, la Tesla Model T, viene offerto ad un prezzo base di circa 50.000 Euro, in Italia. 

Staremo a vedere…

Fino alla decade del 1970, l’utopia era essenzialmente rivolta ad un futuro ancora inteso in senso positivista, colmo  di creazioni scientifiche, di progresso tecnologico. Si pensava, cioè, al futuro in modo molto più entusiastico rispetto ai decenni successivi. L’ottimismo collettivo, generato dal boom economico che coinvolse sia l’America che l’Europa, ed il fascino dei primi viaggi nello spazio, dallo Sputnik all’Apollo, spinsero gli individui a predisporsi in maniera fiduciosa nei confronti della tecnologia e generarono in essi una marcata, rinnovata fede nel progresso scientifico. Dopo il trauma di due spaventose Guerre Mondiali, le realizzazioni che ne erano derivate ci mostravano l’attesa d’una prospettiva brillante per il futuro dell’umanità; paradisi Hi-Tec sulla Terra e nello spazio, destinati alla convivenza pacifica delle popolazioni. 

L’esplorazione dello spazio divenne un tema molto presente in quello che poi verrà definito “retrofuturismo”, una sorta di corrente artistica ucronica, dedita alla ‘rivisitazione’, a volte beffarda, di quelle illusioni, quasi atti di magia e d’immaginazione… Fino agli anni settanta, la tecnologia sembrava poter cambiare il mondo e la vita delle persone. L’uomo camminava sulla Luna, i satelliti comunicavano il mondo in tempo reale, arrivava il computer sempre più piccolo e capace, si trapiantavano cuore, polmoni, fegato, reni, i bambini erano concepiti in provetta… Eppure la Guerra del Vietnam, la crisi energetica del 1974, i maggiori timori legati all’ambiente, cominciarono a porre in dubbio i benefici della scienza applicata. Molti giovani erano sempre più diffidenti verso il positivismo scientifico, non solo i valori civili, delle generazioni anteriori. Il ‘retrofuturismo’ fu essenzialmente la reazione scettica a sogni che stavano sfumando. La paternità del termine viene attribuita a Lloyd John Dunn che, dal 1983, iniziò ad utilizzarla per alcune produzioni pubblicitarie. L’unione dei termini “retro” e “futurismo” è nata dall’esigenza di poter identificare facilmente tutta una serie di opere caratterizzate da visioni avveniristiche, futuribili, cronologicamente spostate all’indietro. Principalmente, oggi, questa parola richiama alla mente le creazioni artistiche in cui vi è una forte componente tecnologica e che immaginano una sorta di realtà parallela, mai concretizzata. Le ambientazioni retrofuturistiche si collocano solitamente in società o situazioni utopiche. L’ingenuità di questi scenari viene utilizzata in senso prevalentemente ironico, nella grafica, moda, architettura, design, cinema, letteratura. Il retrofuturismo fa riferimento a due tipi di produzioni che si sovrappongono e che possono essere indicate come: il futuro visto dal passato ed il passato non realizzato nel futuro.

Uno dei maggiori visionari, ispiratori inconsapevoli di questa corrente, fu Norman Bel Geddes (Adrian, 27 aprile 1893 – New York, 8 maggio 1958), un architetto, designer industriale e scenografo vissuto nella prima metà del XX secolo. Bel Geddes fu un grande esponente dello stile aerodinamico o streamlining e pioniere del design nella consulenza aziendale. Egli progettò aeroporti galleggianti, altissimi grattacieli, imaginifici mezzi di locomozione, ma la sua opera più famosa fu la realizzazione del padiglione per la mostra Futurama. Geddes aveva già creato una città modello per la Shell nel 1937, che fu battezzata ‘The Shell Oil City of Tomorrow’, e che fu una sorta di prototipo della assai più estesa ed ambiziosa Futurama del 1939.

L’Esposizione Generale di New York del 1939 si svolse dal 30 aprile al 31 ottobre del 1940. Il tema scelto per l’evento era il futuro, come testimonia il motto “Dawn of a New Day”; l’esposizione newyorkese si prefiggeva l’obiettivo di mostrare ai visitatori “The World of Tomorrow” e  contò con una superficie di 500 ettari in Flushing Meadows–Corona Park.​ Dal 1935, in piena ‘Gran Depressione’, un gruppo di imprenditori della città si riunirono e diedero vita alla New York World’s Fair Corporation, scegliendo come  presidente del comitato Grover Whalen. Durante i siguenti 4 anni il comitato pianificò la Expo con l’intenzione di farne il maggior evento dalla fine della Guerra Mondiale. Il disegnatore capo della mostra fu Henry Dreyfuss. 

Il 30 abril 1939 il Presidente Franklin D. Roosevelt inauguró, al cospetto di  200.000 persone, la Fiera Mondiale di New York, una esposizione piena di proposte tecnologiche e sociali. Ci furono padiglioni di 52 Stati di tutti i continenti, con l’Italia, l’URSS (che chiuse il suo stand prima della conclusione dell’Expo), ma non la Germania, ed il Padiglione Ebraico di Palestina (giacchè Israele non era ancora nata ufficialmente, ma per gli USA era come se già lo fosse).

Era il 1939. Gli ultimi mesi di pace. Un anno tragico che contrastò significativamente con i significati e le intenzioni della Fair. Allo schiudere le porte, la Expo di New York, e Futurama in particolare, emanavano un ideale sofisticato, gradevole, di attivismo sano e creativo, ma quando esse furono serrate lo scenario del mondo era assai mutato. 

Vediamo brevemente gli avvenimenti più significativi del tempo.

Il 6 gennaio 1939 i chimici tedeschi Otto Hahn (Premio Nobel per la chimica 1944) e Fritz Strassman pubblicarono i risultati dei loro esperimenti, con i quali sarà dimostrata l’esistenza del processo di fissione nucleare. Il 26 gennaio  le truppe nazionaliste di Francisco Franco conquistano Barcellona. Il 10 febbraio, colpito da una crisi cardiaca, muore papa Pio XI. L’11 febbraio Lise Meitner ed il nipote Otto Robert Frisch pubblicano un articolo in cui forniscono una prima spiegazione teorica ai risultati sperimentali di Otto Hahn sulla fissione nucleare. Il 2 marzo viene eletto papa il cardinale camerlengo, Eugenio Pacelli, che prende il nome di Pio XII. Il 15 marzo la Germania, he già aveva annesso i Sudeti, occupa la Cecoslovacchia. Sotto forma di protettorato tedesco, la Boemia e la Moravia entrano nel III Reich. La Slovacchia, con voto unanime del Parlamento, si proclama indipendente, sotto tutela tedesca.Il 19 marzo Konrad Zuse, ingegnere tedesco, mette in funzione il primo computer Z1, usando solamente relè. Presentava una struttura già molto simile a quella dei moderni computer: era programmabile, dotato di memoria e di un’autonoma unità di calcolo in virgola mobile, basata sul sistema binario. Il 21 marzo il governo tedesco chiede alla Polonia la restituzione di Danzica, un corridoio di comunicazione con la Prussia Orientale e garanzie sul confine tedesco-polacco. Il 22 marzo la Germania occupa militarmente la regione di Memel in Lituania. Il 26 marzo il governo polacco respinge le richieste germaniche. Il 28 marzo Francisco Franco conquista Madrid. Finisce la guerra civile spagnola. Il 31 marzo Francia e Regno Unito si dichiarano congiuntamente garanti dell’integrità territoriale della Polonia. È il preannuncio del prossimo conflitto mondiale. Il 7 aprile l’esercito italiano invade l’Albania ed occupa Tirana, senza incontrare resistenza. Re Zog I si rifugia in Grecia. Il 22 maggio Mussolini firma il patto di alleanza militare con Hitler, detto Patto d’Acciaio. Prevede, in caso di guerra, l’intervento armato dell’Italia al fianco della Germania. Il 23 giugno a Berlino Italia e Germania firmano l’accordo con le opzioni per i cittadini dell’Alto Adige di madrelingua tedesca; chi vuole può rinunciare alla cittadinanza italiana e trasferirsi nel Reich. Il 20 luglio nel secondo anniversario della morte di Guglielmo Marconi, viene inaugurato a Roma, Monte Mario, il primo trasmettitore “radiofonovisivo” dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche). La trasmissione viene vista al Circo Massimo e alla Mostra di Leonardo Da Vinci al Palazzo dell’Arte di Milano. Inizia in Italia l’era televisiva, che tarderà 15 anni per convertirsi in servizio pubblico. Il 23 agosto, con il Patto Molotov-Ribbentrop, la Germania nazista e l’Unione Sovietica stalinista si dividono l’Europa orientale: Finlandia, Lituania, Lettonia, Estonia, la Bessarabia romena e la Polonia orientale entrano nella sfera di interessi dell’URSS, la Polonia occidentale in quella della Germania. Il patto viene mantenuto segreto; si saprà della sua esistenza a guerra finita. Il 24 agosto Pio XII, dal Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, collegato con la stazione radio vaticana, legge un messaggio al mondo per implorare la pace. Il 26 agosto Roosevelt invia un messaggio ad Hitler, proponendogli di intavolare trattative dirette con la Polonia per giungere ad un accordo su Danzica. Il 30 agosto ordine di mobilitazione generale in Polonia. Vengono richiamate alle armi ventitrè classi. Il 1º settembre Hitler ordina l’invasione della Polonia, in base a quanto segretamente pattuito con Stalin (l’URSS occupa la parte orientale della Polonia il 17 settembre).

L’umanità era ripiombata, quindi, nella catastrofe terminata appena nel novembre 1918.

Il 2 settembre Mussolini dichiara la “Non belligeranza”, ma nuove leggi instaurano un’economia di guerra: divieto di vendere carne in alcuni giorni della settimana, divieto di usare ferro e cemento armato nelle costruzioni private, razionamento del carbone per il riscaldamento, prove di oscuramento elettrico. Il 3 settembre  Gran Bretagna, Australia e Francia dichiarano guerra alla Germania. Il 4 settembre  il Giappone dichiara la sua neutralità nel conflitto europeo. Il 5 settembre anche gli Stati Uniti d’America si dichiarano neutrali. Il 6 settembre  pure il Sudafrica dichiara guerra alla Germania. L’esercito tedesco entra a Cracovia. Il 10 settembre il Canada dichiara guerra alla Germania. Il 17 settembre  l’Unione Sovietica invade la Polonia occupando la zona orientale. Il 27 settembre Varsavia si arrende alle truppe tedesche. La Polonia occidentale viene incorporata al Terzo Reich, la parte orientale viene annessa all’URSS. Il 6 ottobre si conclude la campagna di Polonia con la vittoria delle forze naziste. Il 30 novembre   l’Unione Sovietica dichiara guerra alla Finlandia (la ‘Guerra d’Inverno’ termina nel febbraio 1940). Il 17 dicembre. La ‘corazzata tascabile’ tedesca Admiral Graf Spee viene fatta affondare dal suo equipaggio fuori del porto di Montevideo, dopo la Battaglia del Rio de la Plata di 4 giorni prima contro unità britanniche. Il comandante Langsdorff, messi in salvo i suoi uomini, si suicida il 20 in un hotel di Buenos Aires.

Non tutto è tragedia in quella parte finale dell’anno. ‘Via col vento’ (Gone with the Wind), un film diretto da Victor Fleming e prodotto da David O. Selznick, adattamento cinematografico, in Technicolor, dell’omonimo romanzo di Margaret Mitchell –  ambientato negli Stati Uniti della Confederazione durante la guerra di secessione, con Vivien Leigh, Leslie Howard, Olivia de Havilland, Clark Gable – è proiettato in anteprima ad Atlanta il 15 dicembre 1939. Vinse 10 Premi Oscar, ebbe un enorme successo, rimanendo la pellicola col maggiore incasso nella storia del cinema; assai radicata nella cultura popolare e considerato una delle migliori di sempre.

Futurama fu una mostra sponsorizzata dalla General Motors, che intendeva mostrare una visione del mondo in avanti di vent’anni (1960). In quell’occasione furono presentati molti progetti, alcuni dei quali realizzati negli anni successivi. Certo che l’auto vi aveva un ruolo centrale, ça va sans dire… I visitatori della mostra ricevevano una spilla con su scritto “I have seen the future” e venivano trasportati a bordo di poltrone mobili lungo un percorso interattivo. Come una catena di montaggio. Durante il percorso i visitatori assistevano alla rappresentazione della città del futuro, fatta di autostrade mirabolanti, parcheggi sotterranei, estesi giardini e rampe di lancio per missili spaziali. 

‘Futurama’, la ‘Città dell’Automobile’ della New York World’s Fair era una metropoli futurista ispirata dalle pagine della pulp science fiction: enormi forme geometriche, curve filanti, in un tripudio di vetri, lastre cromate scintillanti, pareti bianche per aumentare la sensazione di nuovo e di smisurato. Fu la Expo della fioritura (al tramonto) del Streamlined Moderne Style, variante dell’Art Déco, già fortemente influenzata dall’architettura dell’ International Style o Razionalismo di Le Corbusier e Mies van der Rohe. L’esposizione newyorchina naturalmente suggestionò la grafica, la stessa fantascienza, gli scenari e le sceneggiature di centinaia di film, di serie televisive, di cartoni animati. 

Uno dei postulati più ricchi di fascino era quello della maquette ‘Democraticy’, l’immagine di un mondo idealizzato composto da una megalopoli, piccole campagne accoglienti, con glamour, ed un aeroporto circolare (all’epoca per decollare gli aerei dovevano avere il vento a favore…). Sempre in quell’occasione fu sepolta una delle prime capsule del tempo, contenente oggetti e messaggi destinati alle popolazioni del futuro. Anche uno di Albert Einstein, che recitava: 

«La nostra epoca è ricca di menti creative, le cui invenzioni potrebbero facilitarci notevolmente la vita. Stiamo dominando i mari e sfruttando le energie al fine di alleviare la fatica dei lavori manuali. Abbiamo imparato a volare e siamo in grado di inviare messaggi al mondo intero, senza alcuna difficoltà. Tuttavia, viviamo nella costante paura di essere eliminati dal ciclo economico». 

Shell Oil City of Tomorrow model, 1937

Futurama fu un esercizio lucido (in parte ludico) che immaginò come sarebbe dovuto essere il futuro 20 anni dopo, in una mescolanza di ottimismo, realismo scientifico, un po’ di  utopia fiabesca. General Motors intese, pragmaticamente, costruire  ‘a working prototype by 1960’.

Analizziamola più in dettaglio.  Si disegnò e costruì una gigantesca maquette di 3.300 m2 della megalopoli del futuro, Futurama, uno scenario con strade piene di migliaia di auto, che eviterebbero incidenti grazie ad un sistema di radiocontrollo. Il modello a gran scala rappresentava vari paesaggi nordamericani, ipotizzando una rete di autostrade su montagne, fiumi, laghi, attraverso città e paesi. Fu collocato sul terreno di un acro in Queens. Tale modello animato comprendeva, pare, ben 500 mila edifici, un milione di alberi di 13 differenti specie, 50.000 modellini di auto, dei quali 10.000 in movimento, a differenti velocità, lungo una interstate highway a 14 corsie. I visitatori  prendevano posto, seduti, in gruppi di 552, per un viaggio della durata di 18 minuti, in un conveyor system (un nastro trasportatore) a bassa velocità, per dar modo di godere appieno della vista straordinaria di ‘The World of Tomorrow’. Il conveyor, nel tragitto di ⅓-mile, si elevava in alcuni punti per dare una sensazione di volo d’uccello, tra luci, suoni, effetti colorati… 

Veicolo con forma di goccia

Se il timore dell’inquinamento non pareva ancora essere prioritario, sì lo era l’intasamento. Geddes disegnò Futurama como una ideale città del futuro, con i suoi confortevoli sobborghi per la classe lavoratrice; un traffico di veicoli intenso, ma controllato, ordinato, sicuro, scorrevole, con alcune vie e strade riservate ai pedoni. Gli Stati Uniti diventavano, nella visione, un luogo tutto percorso da carrozzabili interconnesse, con velocità fino a 160 Km/h, al fine di consentire la libera e rapida circolazione di persone e merci, requisito indispensabile per la crescita e la prosperità della Nazione. A Futurama i grattaceli erano alti anche 400 metri, con eliporto sul tetto, ma le zone rurali non erano dimenticate. Le coltivazioni sarebbero state ‘protette da prodotti chimici’(!) e la impollinazione resa artificiale per aumentare la produttività…

(Il mondo del 1960 immaginato nella maquette di 3.300 m2)

La proposta di Geddes fu accolta in modo entusiasta dal pubblico (30.000 persone al giorno, in media) e si convertì nella base per la creazione del Interstate Highway System nel 1956, durante la Presidenza Eisenhower. Geddes pubblicò Magic Motorways (Random House, New York, 1940) che ebbe molte edizioni e ristampe. Futurama, fu detto,‘prophesied an American utopia regulated by an assortment of cutting-edge technologies: remote-controlled multi-lane highways, power plants, farms for artificially produced crops, rooftop platforms for individual flying machines, and various gadgets, all intended to create an ideal built environment and ultimately to reform society’.Tutto ciò s’immaginava, 80 anni fa, con ovvie ingenuità od esagerazioni, alla cima del progresso scientifico che si sviluppava dal secolo XIX. Le Esposizioni Universali erano sorte come riflesso dell’ottimismo verso l’ingegneria e le scoperte della tecnica, per mostrare e stupire i contemporanei. La prima Esposizione Universale fu quella di Londra, organizzata nel 1851 al Crystal Palace in Hyde Park, conosciuta come la ‘Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations’. Essa nacque grazie ad un’intuizione del Principe Alberto, consorte della Regina Vittoria. 

La Fair di New York del 1939-1940 è la prima che non esibisce risultati già ottenuti, ma prospetta ipotesi di futuro. Lascia intravedere la modernità prima del disastro, al quale in parte contribuiranno proprio gli statunitensi. Futurama, in particolare, ‘vendeva’ modernità, l’entusiasmo appassionato per il progresso. La situazione economica e sociale era ancora problematica per gli Stati Uniti, riemergendo faticosamente dagli abissi della Great Depression del 1929, ma guardando speranzosi al futuro. Era una promessa di una vita migliore per tutti, grazie alla scienza ed alle scoperte della tecnica. Futurama e ‘The World of Tomorrow’ seppero legare toni di fantascienza con proposte credibili. Tale cocktail colpì i visitatori e la sua estetica permeò il cinema e le arti nei decenni seguenti. Bel Geddes indovinò alcune previsioni e fallì in altre. Ma con la sua città ideale diede una speranza agli statunitensi, figli di emigranti poveri in maggioranza, che anelavano alla prosperità materiale. Il modello emerge ancor oggi con la sua forte carica ideale di ‘benessere’ per tutta la società, proponendo soluzioni al fine di risolvere i problemi reali, basate su di una solida idea di lavoro, di etica e d’impegno personale.  

Dettagli del Futurama diorama, foto di Richard Garrison.  https://archive.org/stream/magicmotorways00geddrich#page/240/mode/2up

Una nuova edizione di Futurama fu presentata durante la Fiera Mondiale di New York del 1964. In quell’occasione la mostra, nuovamente sponsorizzata dalla General Motors – ed ubicata nella stessa area di Flushing Meadow Park della Expo del 1939-’40 – ma non riconosciuta dal ‘Bureau International des Expositions’, dipingeva il futuro di 60 anni dopo, nel 2024, in “The New Futurama”. L’ottimismo perdurava, nonostante tutto. Risultò essere la più importante mostra della Fiera Mondiale, totalizzando oltre 26 milioni di presenze. Norman Bel Geddes era mancato sei anni prima.         

                                       

(Cfr. https://en.wikipedia.org/wiki/Futurama_(New_York_World%27s_Fair); Isenstadt Sandy, The Future is Here: Norman Bel Geddes and the Theater of Time, New York, Abrams, 2012; https://famousarchitecturalscalemodels.wordpress.com/2016/08/16/1960-as-seen-from-1939/ https://es.ripleybelieves.com/futurama-car-city-envisioned-by-general-motors-8382; 1939_0_256875095.html).https://www.wired.com/2010/04/gallery-1939-worlds-fair; https://www.milanoplatinum.com/1939-1940-new-york-worlds-fair.html; https://www.eldiario.es/turing/futurama-1939_0_256875095.html). 

L’interessante filmato ufficiale, realizzato nel 1940 dalla General Motors, Futurama World’s Fair “To New Horizons”, di 23 minuti,  si può vedere in: https://www.youtube.com/watch?v=mNs4G-5_wFM.

@barbadilloit

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