Libri. “La grande frattura. L’Europa tra le due guerre 1918-1938”: la storia tra Usa e Berlino

L'Europa tra le due guerre, la cartografia di Limes
L’Europa tra le due guerre, la cartografia di Limes

Lasciare la Storia in mano agli storici è un rischio simile a quello di lasciare la guerra in mano ai militari: spesso, gli specialisti non riescono a uscire dalla prospettiva ristretta degli addetti ai lavori e le loro ricerche possono diventare autoreferenziali e prive di riferimenti al mondo reale. Non è questo il caso di Philipp Blom, che, non a caso, ha una formazione filosofica, autore de La grande frattura. L’Europa tra le due guerre 1918-1938 (pp 574€ 24) edito da Marsilio, come il già apprezzato Il primo inverno. La piccola era glaciale e l’inizio della modernità europea. Stile scorrevole, attenzione anche alle storie quotidiane e visione complessiva delle vicende umane sono le caratteristiche di questo ambizioso volume che ripercorre, con acume e anticonformismo, gli anni che separano le due guerre mondiali non soltanto in Europa –come lascerebbe erroneamente intendere il sottotitolo dell’edizione italiana- ma di tutto il mondo occidentale. Il saggio è diviso in venti capitoli, uno per ogni anno del ventennio che scandisce la “seconda guerra dei Trent’anni”; si parte dal trauma di chi è sopravvissuto agli orrori della guerra di trincea per arrivare fino all’Anschluss e alle spaventose purghe staliniane, passando per i profondi mutamenti sociali, politici ed economici che hanno seminato vittime tanto in Europa quanto in America. Il quadro così composto offre al lettore spunti per originali riflessioni: mentre negli USA il puritanesimo imponeva per legge il proibizionismo, nella Berlino di Weimar dilagavano droghe, alcolismo e soprattutto locali equivoci dove si poteva sperimentare ogni tipo di perversione sessuale; negli stessi anni, i lavoratori del Vecchio continente maturavano una coscienza dei propri diritti tale da accendere rivoluzioni popolari, spesso vittoriose, mentre nel Nuovo mondo, tentativi del genere venivano stroncati a fucilate sul nascere, come nel caso della sanguinosa “battaglia di Blair Mountain”, quando, nel 1921, stanchi di essere sfruttati, 5000 minatori di Logan County, in Virginia, reagirono ai soprusi dei padroni, per finire schiacciati dalla Guardia Nazionale, che per l’occasione utilizzò addirittura degli aerei per bombardare i lavoratori. Un altro inaspettato parallelo è quello che, più o meno negli stessi anni, accomuna in un triste destino le popolazioni sovietiche e quelle statunitensi, vittime entrambe di una spaventosa carestia che lascerà nelle città solo i cadaveri dei morti per fame.

Philipp Bloom, storico

Le storie scelte da Blom per raccontare il ventennio in questione non si limitano a suscitare la curiosità del lettore, ma, come in conclusione afferma esplicitamente l’autore, compongono un quadro di quegli anni purtroppo molto simile al nostro. La crisi del 2008, anche se non ha avuto conseguenze immediatamente devastanti come quella del 1929, ha comunque minato profondamente la nostra società. La vita ha perso tutte le antiche sicurezze, e “nessuno di noi è al riparo dal rischio di una catastrofe economica personale”. Il posto fisso è diventato un miraggio e la precarizzazione del mondo del lavoro ha prodotto un divario mai così profondo tra ricchi e poveri, aggravato dalla totale sfiducia nella politica e nell’intervento dello Stato. L’ideologia del mercato, conclude Blom, non è meno totalitaria delle ideologie del secolo scorso, eppure nessuno sembra accorgersene, rassegnati come siamo a subire qualsiasi ingiustizia sociale, purché ci si possa divertire, fare shopping e distrarsi su Internet. Non sono parole rassicuranti, come ammette lo stesso autore, ma rifiutarsi di vedere i problemi non aiuta a risolverli, anzi…

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Luca Gallesi

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