Cinema (di G. Del Ninno). “I migliori anni della nostra vita”, Lelouch affronta la vecchiaia e l’amore

Vedere e non vedere, ricordare e non ricordare. Con la prima espressione, spesso si allude a un’efficace modulazione dell’erotismo; con la seconda, ci si può trovare di fronte alle ordinarie amnesie a intermittenza di chi magari ha un lungo percorso di vita dietro di sé, ma anche ad una sofisticata tecnica narrativa, specialmente filmica. Quest’ultimo è il caso della più recente opera di Claude Lelouch, “I migliori anni della nostra vita” (e speriamo che i distributori italiani si siano accordati con i produttori dell’omonimo programma tv di successo e, naturalmente, con Renato Zero!).

 

Il regista torna “sulla scena del delitto” commesso nel 1966, quando con il fortunatissimo “Un uomo, una donna” – che vinse Oscar e Palma d’oro a Cannes – raccontò l’incontro amoroso, appunto, di un uomo e una donna giovani, belli e di successo (lui un pilota di formula 1, lei stimata professionista nel mondo del cinema). Ora, i protagonisti di allora, Jean-Louis Trintignant e Anouk Aimée, li ritroviamo ultraottantenni, come nella realtà, in un nuovo, malinconico incontro.

 

Il film è sicuramente un prodotto di raffinata astuzia commerciale, destinato com’è soprattutto alla generazione – oggi maggioritaria, nella nostra Europa invecchiata – che aveva 20 o 30 anni mezzo secolo fa; ma è anche una delicata opera narrativa, che affronta il tema della vecchiaia, dell’amore tardivo, della memoria.

 

La trama è esile e la narrazione si poggia soprattutto sui primi piani dei carismatici protagonisti, sulla gradevole colonna sonora – e in particolare su alcune frasi delle canzoni – sull’inserimento di sequenze del vecchio film, con i due amanti colti nel periodo migliore (appunto, i migliori anni), quello in cui non si ha paura di niente.

 

Anna ha lasciato Parigi per la Normandia, al seguito della figlia, a sua volta attempata signora che svolge la sua attività di veterinaria in un piccolo centro. E qui ricompare il passato, con le fattezze del figlio di Robert – agiato professionista anche lui cinquantenne – che chiede all’antica amante di suo padre di fargli visita, nella casa per anziani dove trascorre i suoi giorni da smemorato.

 

L’incontro fra i due si svolge come fra due sconosciuti, anche se dal fondo della memoria di Robert lampeggia a tratti il ricordo di un sorriso, di una parola, di un episodio, che però non collega alla sua interlocutrice di oggi. Vedere e non vedere, riconoscere e non riconoscere, ad esempio il gesto di lei, immutato negli anni, di ravviarsi i capelli.

 

L’amore però appassisce ma non muore, e via via fra i due si ristabilisce, se non altro, una sorta di complicità, con lui che cerca di coinvolgerla in ingenui piani di fuga, pur continuando in un patetico corteggiamento di una delle sue infermiere.

 

“Il cielo è azzurro e il tempo è breve”, recita uno dei ritornelli che accompagnano il film, ma è anche impietoso non solo con i personaggi, ma con gli stessi interpreti: e se Anouk Aimée conserva i tratti di una bellezza appena alterata dagli anni (solo il suo incedere rivela l’età), in Jean-Louis Trintignant i segni del tempo rendono difficile riconoscere il sorriso ingenuo, ad esempio, dello sfortunato co-protagonista de “Il sorpasso”.

 

Nei suoi ammiccamenti al passato, Lelouch non si fa mancare l’irruzione della Citroen Due Cavalli, l’auto con la quale Anna accompagna Robert in una sortita innocente e autorizzata, fino ai luoghi del loro amore, una locanda sul litorale di Deauville, dove si svolse una memorabile, romantica sequenza del vecchio film e dove Robert fece poi impazzire i vigili con la sua Mustang.

 

E s’immagina quel giovane seduttore di allora – la fedeltà non era il suo forte neppure in presenza di un amore appassionato come quello per Anna – anche al volante dell’auto che, nelle sequenze finali, porta lo spettatore a velocità vertiginosa per le strade di una Parigi deserta. Un inserto, questo, tratto da un cortometraggio del 1976 dello stesso Lelouche, che ne ricavò, fra l’altro, problemi con la Prefecture de Police.

 

E’ immaginabile un lieto fine per una storia come questa? Ebbene sì, perché non siamo fra le pagine del De senectute, ma, appunto, in un film di Lelouch: e così, mentre sembrano avviati ad un caloroso affiatamento anche i figli dei due protagonisti, sulle note del motivo conduttore che dà il titolo al film, vediamo i due che mano nella mano passeggiano verso il tramonto, sulla spiaggia di Deauville. Potenza e tenerezza dell’amore e delle vendemmie tardive.

Giuseppe Del Ninno

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