Formula 1. Sebastian Vettel conquista Singapore e dimostra il suo talento a chi lo dava per bollito

Dopo la doppietta SPA/Monza e arrivati a Singapore, gli occhi degli appassionati e degli addetti ai lavori sono tutti per Leclerc e la Ferrari.

Mercedes e Red Bull però, su una pista così lenta e tortuosa, decana dei gran premi in notturna e da così alto carico aereodinamico, non hanno nessuna intenzione di concedere un’altra prima pagina alla rigenerata Scuderia di Maranello. Nel pre-evento, la Haas annuncia la conferma della sua coppia di piloti -Grosjean e Magnussen- anche per il 2020. Allo stesso tempo, Robert Kubica annuncia l’addio alla Williams a fine stagione. Sul polacco, e su un ritorno pessimo nei risultati ma stoico per le modalità della disabilità con cui ha convissuto, avremo modo di tornare, vista la non esauribilità in poche righe di una’impresa di tali dimensioni.

Messi da parte gli annunci e accesi i motori, al venerdì mattina è Verstappen a farla da padrone in 1’40″259. Al termine della prima sessione, la Mercedes è stata multata di 5000 €, in quanto la benzina caricata sulla vettura di Hamilton era più fredda rispetto alla temperatura dell’aria di 11 °C, aspetto che il regolamento non prevede. Tutto questo non ha comunque impedito all’inglese di sistemarsi in cima alla classifica di FP2 (1’38″773) mentre, al sabato mattina, qualche piccolo ma buon presagio comincia a fare capolino in quel di Maranello visto che, con il tempo di 1’38″192, nelle FP3 Charles Leclerc è primo.

Al pomeriggio infatti, dopo il Q1 andato a Bottas (1’37″317), il monegasco è l’assoluto protagonista: davanti a tutti nella manche intermedia (1’36″650), il ferrarista sublima un altro sabato da sogno con l’ultimo tentativo, visto che nel primo non era andato oltre un distacco di circa tre decimi dal poleman provvisorio Vettel, fermato questi il cronometro sull’1’36″217. Il tedesco, in modalità rally per tutta la sessione con toccatine e controsterzi, ci mette veramente l’anima, guidando oltre le reali possibilità attuali. La pole -la quinta dell’anno e terza di fila- va ancora una volta però al suo compagno di squadra, egregio nel migliorarsi di mezzo secondo per l’1’36″217 finale. Vettel invece, dopo aver abortito il secondo tentativo per un errore, deve accontentarsi della terza posizione dietro Lewis Hamilton, staccato di 29 millesimi dall’inglese e di 220 dal suo compagno di squadra. Alle loro spalle Verstappen, Bottas e Albon.

Colpo di scena a qualifiche concluse:  Daniel Ricciardo, eccellente ottavo, viene escluso in quanto l’MGU-K della sua power unit ha superato il limite di potenza consentito, durante la Q1. L’australiano, previa autorizzazione dei commissari, può comunque prender parte alla gara, scattando dal fondo.

Chissà a cosa pensano i piloti schierati sulla griglia. Forse alla pista sporca, ai suoi muretti e alle molteplici insidie che nasconde. Forse ,soltanto a come affrontare nel modo migliore i suoi 61 giri e la lotta delle strategie, per uno degli eventi più fisicamente massacranti. Magari a nulla.

Ad ogni modo, qualsiasi pensiero viene meno quando si abbassano le visiere e si innesta la prima. Alla partenza i primi sei mantengono le loro posizioni, nonostante a più riprese Vettel faccia capolino negli specchietti di Hamilton. Nelle retrovie una serie di contatti coinvolge Ricciardo e Russell, mentre più avanti Hulkenberg pizzica la posteriore destra di Sainz forandola. Le primissime tornate sono molto intense, con i primi che cercano di non perdere troppo ritmo, provando nello stress tempo a stabilizzare i distacchi così da non danneggiare troppo gli pneumatici a causa del disturbo dell’aereodinamica di chi precede. Insomma, la primissima parte della corsa può essere letta come una sorta di economy run, dove i principali protagonisti vanno un po’ di conserva. Dietro, al decimo giro, Ricciardo e Stroll relegano Kvyat al quattordicesimo posto. Questo, è solo il primo delle tante lotte che vedono impegnati quest’oggi piloti di media e bassa classifica, rendendo “piccante” tutto l’evento. Poco dopo, il russo è passato anche da Sergio Perez. Le prime soste arrivano tra il dodicesimo e il quattordicesimo giro: tra i primissimi che si fermano vi sono Kvyat e Raikkonen. Proprio Raikkonen, tornato in pista dietro a Kubica, ingaggia col polacco un breve duello che si risolve col sorpasso del primo per la quindicesima posizione. L’88 della Williams è successivamente costretto alla terzultima posizione, arresosi a Perez e Kvyat.

Lassù in testa, mentre si avvicinano le prime fermate, Leclerc controlla gli avversari alle sue spalle. Bottas intanto si fa pericolosamente sotto a Max Verstappen: è il giro 19. Al termine del medesimo, ecco che Vettel e lo stesso 33 fanno rientro ai box, uscendone nello stesso ordine, sebbene in undicesima e tredicesima posizione -davanti all’olandese si pone Hulkenberg che si era già fermato dopo le vicende del primo giro.

Leclerc rientra al ventesimo giro e monta gomme dure. Quando è di nuovo in pista però, Sebastian Vettel è riuscito a saltargli davanti, sfruttando la sosta anticipata e dunque quel giro in più sulle gomme nuove. Hamilton, davanti e senza traffico, invece continua, pur segnando dei tempi tutt’altro che eccezionali. Gli altri, Ferrari e Verstappen in primis devono pure lottare con i piloti non ancora fermatisi. Il 44 si ferma solo al giro 26 tornando davanti a Bottas, in ottava posizione. Per Hamilton, di nuovo in gara con pista libera, l’aver allungato così il primo stint, lo pone al entro di una interessante situazione strategica. Nel mentre, Vettel supera Stroll e si prende la quarta piazza provvisoria, lasciando il canadese nelle grinfie di Leclerc e Verstappen. Con la sosta di Hamilton, la prima posizione provvisoria la prende Giovinazzi: era dal Gran Premio del Belgio 2009 che un italiano non conduceva una gara di F1. Nella fattispecie, l’ultima volta era toccato a Giancarlo Fisichella su Force India.

Alle sue spalle si sistemano i vari big che si sono destreggiati nel traffico. L’illusione dura comunque poco, visto che Vettel, dopo aver corso un enorme rischio nel sorpasso su Gasly per la seconda posizione provvisoria alla trentesima tornata, si prende nella successiva  la testa sul pilota di Martina Franca. In principio di trentatreesimo giro, Giovinazzi perde anche la seconda posizione su Charles Leclerc e decaduti gli pneumatici scende ben presto in classifica, dopo anche un contatto con Ricciardo che causa all’australiano una foratura. Dopo trentacinque giri, un contatto tra Grosjean e Russell porta quest’ultimo contro le barriere e manda in pista la Safety Car. Alcuni piloti, come Hulkenberg, Kvyat e Sainz, ne approfittano per rientrare e fare pit stop. La vettura di sicurezza termina il proprio lavoro al termine del giro 40. Quando la gara riprende nella sua valenza agonistica, nelle retrovie c’è da registrare il contatto tra Stroll e Gasly, che lascia il primo con l’ala anteriore rotta e la foratura dell’anteriore sinistra. Due giri dopo, un guasto meccanico (una perdita d’olio per l’esattezza) costringe Perez al ritiro e causa una nuova Safety Car.

Per il messicano è un peccato, visto che fino a quel momento stava conducendo una buonissima gara in zona punti. La vettura di sicurezza fa rientro in pit lane al termine del giro 47: per  i piloti in gara, si prospetta così una mini gara di 14 giri da affrontare con pneumatici almeno in parte risparmiati, viste le due ravvicinate e prolungate neutralizzazioni. Alla nuova ripartenza, Leclerc si fa subito minaccioso nello scarico del compagno ma non sufficientemente per sferrare l’attacco decisivo. Alla tornata 50 c’è da registrare un ennesimo contatto: questa volta sono protagonisti Raikkonen e Kvyat. I due, arrivati in duello sul rettilineo sono fianco a fianco ma il finlandese, che nell’occasione si deve difendere, chiude presto la curva e si tocca col russo, rompendo la propria anteriore sinistra. Kvyat, almeno per il momento, sembra poter continuare (alla fine sarà 15°). Comunque, è necessaria nuovamente la vettura di sicurezza che lascia il tracciato appena al termine del cinquantunesimo giro.

L’ultimo sesto di gara vede Vettel cercare un margine di sicurezza. Hamilton invece solo all’ultimo sembra rompere gli indugi su Verstappen, quando però è ormai tardi. Lassù al comando, Vettel fa ciò che gli riesce meglio, ovvero una progressione irresistibile che lo porta ad allungare. Il tedesco sigilla così un successo scaccia crisi, il quinto personale a Singapore. Alle sue spalle il compagno Leclerc, rimasto “vittima” della vincente strategia del compagno e per questo un po’ deluso. Ma giù il cappello di fronte al numero 5, superbo a sfruttare l‘undercut del diciannovesimo giro. Per la Rossa si ripropone così una situazione già sperimentata a Montecarlo nel 2017, là dove l’uomo partito in pole, allora Raikkonen, viene “sacrificato” nelle strategie interne con Vettel vincitore. Terzo è Verstappen, bravo nel finale a controllare un non particolarmente entusiasmante Lewis Hamilton, poco aggressivo nonostante le gomme migliori e i favori del pronostico elaborati sull’analisi del passo gara al venerdì. Quinto Bottas, davanti ad Albon che alla guida della Red Bull sta trovando una buona regolarità. Ottima settima posizione per la McLaren di Norris che soprattutto  nella prima parte di gara era stato bravo e costante, mantenendosi subito alle spalle -anche a meno di due secondi da Albon- dei primi sei. Ultimi punti iridati per Hulkenberg e Giovinazzi, abile ad ottimizzare lo stint, dopo una prima sosta così ritardata. Per l’italiano, l’ottima parte finale di gara lo salva anche da una penalità di 10” (visto il distacco di quasi diciassette secondi tra sé e l’undicesimo, Grosjean) comminatagli per esser passato -nonostante gli avvertimenti della direzione gara- pericolosamente troppo vicino alla gru che in curva 8 stava spostando la vettura di Russel. Il miglior giro assoluto lo segna Kevin Magnussen, che però non prende punti perché fuori dai primi dieci: il danese della Haas, dopo aver occupato a lungo l’ottava posizione, per un calo della vettura è solo diciassettesimo al traguardo. Gli resta comunque la soddisfazione della seconda volta consecutiva con giro veloce a Singapore, segnato alla tornata 58 in 1’42”301.

Su Vettel e la Ferrari dell’ultimo anno e mezzo si dovrebbero  dire talmente tante cose che mancano le parole. Per il buon Seb, bersagliato dalla stampa nostrana, spesso ingenerosamente, è una grande rivincita. Il “ditino” (tipica esultanza di Seb quando vince) si erge così dopo 22 gare o 392 giorni che dir si voglia, visto che l’ultimo successo del tedesco risaliva a Spa 2018. Siam sicuri che nel sotto casco le lacrime di commozione non siano mancate. Esulta anche la Ferrari che finalmente ha trovato un suo equilibrio: la Rossa torna a fare doppietta, nell’occasione l’ottantaquattresima della sua storia e la prima da Ungheria 2017, quando primi sul traguardo erano stati Vettel e Raikkonen, ottenendo, per la prima volta dal 2008, una serie con più di due vittorie consecutive: all’epoca Massa e Raikkonen si erano “fermati” addirittura a quattro di fila.

La gara sottotono delle Mercedes non deve comunque dare la sensazione di un rimescolamento delle carte, visto che Hamilton e i suoi controllano ancora saldamente il campionato. Vedremo però se nella prossima gara, già la domenica ventura, sulla pista russa di Sochi la Ferrari saprà confermarsi su una pista con lunghi curvoni veloci. Visto infatti gli enormi progressi aereodinamici fatti ultimamente, a Maranello sperano di poter dire ancora la loro nelle prossime gare, in una moltitudine di conformazioni stradali così diverse dalle ultime tre.

Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

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