Cultura. “Le mani della madre” di Recalcati: la maternità in chiave pop

Una mamma secondo il grande artista fascista Boccasile
Una mamma secondo il grande artista fascista Boccasile

La figura della madre è stata decostruita, la società postmoderna tende ad archiviarla, considerandola un retaggio del passato. Massimo Recalcati, sorprendentemente, ha deciso qualche anno fa di superare questa tendenza politically correct dedicando alla madre e al concetto di maternità più in generale un saggio dalle tante sfaccettature con dal titolo Le mani della madre (Feltrinelli, 2015). Cinema e psicanalisi, amore, amarezza, Lacan, Bergman, Bocelli, Erri de Luca e Clint Eastwood, diversi influssi raccolti da un unico filo rosso, assemblati e sviscerati per parlare dell’idea di madre e di ciò che la riguarda perché << bisogna essere giusti con la madre>>. Recalcati ha spesso ricevuto l’etichetta di “essere pop” come marchio di infamia, ma in questo caso utilizza gli strumenti del pop in maniera tutt’altro che stucchevole, quasi per un fine nobile, utilizzando in parallelo la lente della cultura pop e quella psicanalitica della scuola lacaniana.

Analizza al microscopio l’idea di materno, atteggiamento derivante dal ruolo di madre, i cui ritocchi si rivelano trasversali, presente in ogni atto che riguarda la cura, per poi appoggiarsi sulle modalità con cui l’arte e i modi di vivere ne abbiano rifiltrato le funzioni nel corso dei secoli. La decostruzione della figura materna non contempla forzature, ruoli precostituiti o maschere. La madre, letta attraverso la lente del cinema offre l’occasione per rileggerne la figura, apparentemente eterna e ancestrale, presente in ogni cultura, un codice appartenente a vari mondi. Intesa in senso viscerale la maternità si connette idealmente con l’idea di attesa e di accudimento. La madre protegge, considera valore tutto ciò che non c’è ancora, come il figlio, la cura, l’accudimento portate da un eccesso di altruismo, di amore per l’altro. In questo ci sono luci e ombre.

Recalcati, nello specifico, desiderava concentrarsi soprattutto sulle luci del concetto. Le ombre rivelano forzature causate da una distorta visione del dolore. La maternità comprende anche l’idea dell’attesa, ciò che consente alla figura della madre di vivere, perché l’incontro con il figlio significa un incontro con l’assoluto. L’incontro con l’assoluto, con la vita che nasce, implica una caratteristica che dovrebbe trovarsi inscritta nel codice genetico del materno. Una figura fatta di attesa ma anche di assenza, presupposto a volte necessario per la crescita, sua e dei figli.

L’agiografia diviene dunque necessaria per entrare nell’essenza del materno e lo stereotipo diviene utile se si vuole scavalcarlo. Recalcati non intende scrivere un trattato di sociologia o di antropologia su come è vista la figura della madre, intende, piuttosto, andare al cuore di un’energia, per elevarla ad archetipo universale e donare dignità ad un ruolo svilito dal pensiero postmoderno.

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Stefano Sacchetti

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