Roma. In memoria del carabiniere Mario Cerciello Rega, figlio d’Italia

Il funerale a Somma vesuviana di Mario Cerciello Rega
Il funerale a Somma vesuviana di Mario Cerciello Rega

Tra tutti i Paesi, l’Italia è di certo quello che ha la storia più ricca, forse la più gloriosa.

Eppure gli Italiani non riescono ad uscire dal vortice del costante stato di guerra civile, che li vede contrapporsi perennemente l’uno contro l’altro, che si tratti di cose futili o di quelle più serie.

Da qualche anno a questa parte si può addirittura parlare – specie in ambito politico e giornalistico – di “anti-italiani”, ovvero di persone che dinanzi ad uno stupro, una violenza, un omicidio, una truffa o qualsiasi altro reato sperano sempre che il criminale sia italiano, fino ad arrivare a festeggiare se così dovesse essere, per poter dire alle destre che no, non sono i migranti il male assoluto, che anche gli italiani sanno molto bene come rendersi carnefici.

L’ultima notizia che ha “spaccato” l’opinione pubblica e scatenato le due fazioni, è stata la foto scattata all’assassino del vice brigadiere Mario Cerciello Rega, ritratto in manette e con una benda che gli copriva gli occhi.
Fiumi di post, di accuse all’Arma, di opinioni non richieste.

Sono due giorni che stiamo a discutere della nazionalità degli assassini, ad incriminare le forze armate per aver commesso la “barbarie” di mettere una benda sugli occhi del colpevole, e abbiamo completamente distolto l’attenzione dal punto focale:

un ragazzo di 35 anni, un figlio, un marito, un servitore dello stato ha perso la vita nel tentativo di adempiere al proprio dovere.

Sì, Mario è morto. Aveva una pistola, ma non ha reagito.
Non ha reagito, perché se lo avesse fatto sarebbe “morto lo stesso, ammazzato dalla giustizia”, come ha detto qualcuno.
Perché il tema, che nessuno sembra voler affrontare, è quello della sicurezza, nel senso più stretto del termine.
Perché prima di reagire un carabiniere deve seguire una prassi troppo lunga, che nel frattempo lascia al delinquente tutta la libertà di azione, mettendo in pericolo il carabiniere stesso, ed eventualmente altri cittadini.
Il tema, che nessuno sembra voler affrontare, è che le nostre forze armate, sottopagate, sottostimate, non sono messe in condizione di svolgere al meglio il proprio dovere, non vengono forniti di dotazioni adeguate, nemmeno troppo costose, come potrebbero essere, ad esempio, delle divise antitaglio, ma in effetti c’è poco di cui meravigliarsi in un paese in cui spesso poliziotti e carabinieri sono costretti a fare posti di blocco senza neppure il giubbotto antiproiettile.

Ci confermiamo il Paese dello “Stato di emergenza” dove tutti i temi vengono tirati fuori solo dopo una avvenuta tragedia: che sia un ponte, una calamità naturale, un omicidio, ci si accorge solo “post” delle soluzioni utili a prevenirle.

Intanto una giovane sposa si trova a versare lacrime sulla bara di un figlio d’Italia.

A lei e a tutti i servitori dello Stato va la mia vicinanza, perché , parafrasando una ormai famosa lettera, “è soprattutto grazie a voi che siamo fieri di essere Italiani”.

@barbadilloit

Francesco Di Giuseppe

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