La polemica. Se nella cosmogonia di Michele Serra non c’è spazio per il crocifisso

Matteo Salvini con il crocifisso

Tonico il neotonacato Michele Serra che dalle vette del suo Stato (Semi-Etico) officia a furia di salmodianti calci nel didietro il suo rito mediatico catodico atto a rimpiazzare la prima pietra di Pietro col suo giansenismo secolarizzato e quell’ ottuso rifiutare un simulacro di Cristo, da privilegiato e annaspante poverocristo, sempre in cerca dei galloni d’una modernità buona a eleggerlo Suo chierico. Così accadde che un crocifissino privato al collo d’una lavoratrice si fece, per il Serra che va alla guerra, scandalo pubblico. Roba da scatenar contro la poveretta il bronzeo ronzinante della Raitivvù, intimandole di non provarci mai più. Ma nella corsa del Paladino de La Repubblica ad invecchiar da Catone in wi fi, c’è forse il disprezzo per l’eco visiva d’una passione che non avrà mai. O l’osservanza a un ethos trasparente amante di tutto, curioso di niente. Perché nulla lo turbi, l’arguto Michele, intinge l’intelletto nella sua glassa d’austerità e miele. Ma nessuno gli dica che il suo “ismo” d’accatto, non è un ideale, soltanto un prodotto. S’intona a un vasto prêt-à-porter, un compiaciuto dettato di mode, che lo fa ormai caporale, condottiero, re, della conformità a tutto quel che si muove. Oppur si muore. E mentre orna lieto il suo carme con l’amato phard della denuncia difforme, ignora d’aver firmato la resa al precetto della sua ultima grande Chiesa: usare e farsi usare, senza requie, dall’ora della culla a quella delle esequie.

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Fabrizio Baleani

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