Libri. Il viaggio in Egitto con “Al Tayar” di Mario Vattani

La copertina del romanzo di Mario Vattani Al Tayar
La copertina del romanzo di Mario Vattani Al Tayar

Sono appena tornata da un viaggio appassionante in territori che conoscevo già, ma che stavolta ho visitato seguendo il meraviglioso racconto di un narratore che li ha vissuti da una prospettiva unica, vivendo e lavorando come console al Cairo per tre anni, a contatto con quella gente e quella cultura che Mario Vattani ritrae con stile impeccabile e linguaggio ricercato ma mai frondoso nel romanzo “Al Tayar” (Mondadori).

In questo viaggio in Egitto mi ha guidato la corrente. Non solo quella maestosa eppure discreta e silenziosa del grande fiume Nilo, ma quella della vita stessa. Con gli occhi di Alex ho incontrato tanta parte della miseria umana, ho incrociato la malattia, la paura, l’avidità, la disperazione, ma anche la sensualità, la speranza, la voglia di vivere e di rinascere, di lottare, di cambiare, di crescere. Ho attraversato luoghi descritti talmente bene che potrei ripercorrerli tutti riconoscendone le sagome, i colori, le luci, le sfumature, sentendone gli aromi e i fetori come si fa con territori familiari. Così come di ogni persona (non riesco a chiamarli personaggi, tanto mi sono sembrati vivi e reali) distinguo le forme, sento le voci, conosco le espressioni del viso e l’odore. Anche chi incrocia solo per un attimo l’esistenza di Alex è un cameo perfetto, come la donna delle pulizie all’aeroporto.

Leggere Al Tayar è come guardare un film piuttosto che sfogliare un libro, talmente sono vivide le immagini dei posti e dei volti. E allora è facile rintanarsi nel piccolo appartamento di Alex, sdraiarsi sui tappeti beduini con un whiskey a guardare il tramonto inghiottire la metropoli e tutte le sue contraddizioni, rifugiarsi nella risata viva e generosa di Noura per fuggire dall’ingordigia senza scrupoli di Benjamin e di Mohamed, è semplice provare tenerezza per la vitalità acerba ed inebriante di Nawal, o sentire la paura e la disperazione di Kamal, è terrificante smarrirsi nel buio del deserto come nella desolazione dell’anima del protagonista, è inevitabile comprenderlo e al tempo stesso maledirlo per le sue scelte.

Mario Vattani coniuga magistralmente il noir ed il romanzo intimista, alternando momenti di calma e di introspezione ad improvvise e brutali scene d’azione. L’analisi della psiche di Alex ci fa entrare nell’intimo dei travagli e dei tormenti del suo animo, la sua necessità di conoscere e di cambiare, di scegliere, di rinascere ci fa vivere la sua nuova realtà, a volte seducente ed accogliente, a volte disumana e ostile, in un alternarsi emozionante di colpi di scena e di lampi di riflessione, di frastuono e di silenzio, di luce e di buio, di crudeltà e di dolcezza, di autodeterminazione e di fatalità. Il tutto nell’abbraccio della metropoli millenaria e moderna, immobile e viva, che crea ed annienta, che strangola e abbraccia, che nasconde e svela.

Pagina dopo pagina si è davvero sempre in balia della corrente, che può trasportarci placida verso la salvezza o può tirarci a fondo ed ucciderci. Come nell’acqua torbida di Doromizu, ancora luci e ombre, vita e morte, dannazione e salvezza. E ancora un finale che lascia l’amaro in bocca e fa sperare in un seguito. Per Alex e per tutti noi. (dal sito goodloiuse)

*Al Tayar di Mario Vattani, pp. 336, euro 20, Mondadori

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Raffaella Scorretti

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