L’intervista. Rosati: “Leone patrimonio del cinema nazionale, non solo del mondo western”

C'era una volta in America di Sergio Leone
C’era una volta in America di Sergio Leone

Saggista, scrittore, esperto di cinema, narratore, studioso… Riccardo Rosati ha tante sfaccettature, ma soprattutto ama il cinema e la letteratura con grande passione e con grande passionalità, cosa che si riflette in tutto quello che fa. Alla luce delle sue ultime pubblicazioni, abbiamo deciso di incontrarlo per voi per farci raccontare un po’ “come siamo messi”.

Riccardo, in passato si era occupato del saggio “H.P. Lovecraft e il cinema” insieme ad Antonio Tentori. Cosa è successo nel frattempo e quante cose sono cambiate nella sua vita, quante sono rimaste le stesse?

“In generale continuo a seguire, studiare e scrivere sui miei vari, forse troppi, chi lo sa, campi di interesse; tra questi, naturalmente, il cinema occupa una parte notevole”.

Ha curato il saggio “Lo schermo immaginario”. Di cosa tratta?

“LO SCHERMO IMMAGINARIO – SCRITTI CINEMATOGRAFICI FUORI DAL CORO (Tabula Fati, 2016) presenta mie recensioni e saggi usciti negli anni sul cosiddetto “cinema di genere”. Il secondo, DALLA KATANA AL REVOLVER – KUROSAWA E LEONE A CONFRONTO (Profondo Rosso, 2018), tratta del rapporto tra questi due grandissimi registi. In fondo, anche in esso parlo del “genere”, nella fattispecie del western e del chanbara nipponico, quest’ultimo, un po’ semplicisticamente conosciuto come il “cinema dei samurai””.

Ne “Lo schermo immaginario” l’intento ci sembra che sia quello di suscitare nello spettatore una visione più cosciente del cinema e al contempo proporre determinate teorie analitiche al di fuori del ristretto ambito settoriale, utilizzando una metodologia più vicina agli studi letterari che a quelli cinematografici.

“È proprio così. da anni non faccio mistero, sapendo bene di attirarmi puntualmente le antipatie di quelli che soglio definire “cinematografari”, che per me la Settima Arte è materia di studio. In altre parole, quando mi occupo di cinema, lo faccio con la stessa disciplina e puntiglio di quando affronto argomenti ben più complessi come, ad esempio, la linguistica, la letteratura o la museologia. Pertanto, mi risulta inevitabile proporre delle teorie analitiche, e non limitarmi al gusto personale, il quale,  francamente, trovo essere segno di una scarsa preparazione e di palese arroganza. Nessuno studioso serio di letteratura potrebbe mai cavarsela con un semplice, per quanto arzigogolato, “Mi Piace”. Purtroppo, ciò capita spesso per i film. Per tale motivo, io mi definisco uno studioso di cinema e non un critico cinematografico; son cose profondamente diverse, quasi  antitetiche direi”.

E’ dunque un lavoro decisamente controcorrente.

“In base a quello poc’anzi detto…  Per serietà. senza teoria, si scrivono cose vacue, personali e tendenzialmente utili solo per la cerchia degli amici che la pensano come te”.

Recentemente per le edizioni Profondo Rosso ha pubblicato un altro saggio, “DALLA KATANA AL REVOLVER – AKIRA KUROSAWA E SERGIO LEONE A CONFRONTO.

“Qui ho cercato non solo di analizzare i collegamenti tra LA SFIDA DEL SAMURAI di Kurosawa e PER UN PUGNO DI DOLLARI di Leone, ma specialmente nel far ciò ho introdotto pure riflessioni di stampo orientalistico e americanistico, altri due miei interessi di ricerca. In effetti, sono inclusi pure dei capitoli sul mitico I SETTE SAMURAI, sempre del maestro giapponese, e I MAGNIFICI SETTE di John Sturges. Infine, non posso non citare la prefazione di Antonio Tentori e il saggio in appendice di Gianluca Di Fratta sul western anime, quest’ultimo davvero uno scritto originale. Sono felice che tali contributi abbiano arricchito il mio volume”.

Come si è mosso per questo progetto?

“Esattamente come per gli altri per Profondo Rosso: l’amico Luigi Cozzi mi ha proposto di scriverlo e io ho accettato. Colgo la occasione per ringraziarlo per la sua stima e fiducia. All’inizio, ero leggermente intimorito, era la prima volta che mi confrontavo in modo tanto ampio col western, però ho scoperto man mano che anche in questo campo avevo alcune cose da dire. Molto mi ha aiutato la mia lunga frequentazione coi “generi non mimetici”, di cui parlo esaustivamente proprio ne LO SCHERMO IMMAGINARIO”.

Che rapporto ha con la cinematrografia di Akira Kurosawa e che significato ha per lei?

“Beh per Kurosawa, certamente il fatto di essere uno studioso del Giappone e del suo cinema. Per me egli è stato uno dei grandi del cinema mondiale, benché confesso che non sia il mio regista nipponico prediletto, gli preferisco Kenji Mizoguchi e Yasujirō Ozu, ma stiamo comunque parlando di livelli assoluti”.

E Sergio Leone invece?

“Per quanto concerne Leone, ho voluto “difendere” un nostro patrimonio nazionale, sovente colpevolmente ignorato, relegato nel ristretto circolo di quegli entusiasti degli “spaghetti western”. Inoltre, considero il contributo dato alla Settima Arte da parte di questo enorme autore italiano un qualcosa di irripetibile oramai. Insomma, a mio avviso Leone e i suoi film sono preziosi e andrebbero studiati in grande profondità”.

Se volessimo riassumere in poche righe il confronto tra queste due leggende, cosa si potrebbe dire?

“Immensi, irrinunciabili, e totalmente diversi, questo va chiarito. Ovvio, accostarli può essere stimolante, malgrado si rischi sempre di cadere nel banale, nel “già detto”. Ecco, nel mio libro, che possa piacere o meno, questo non accade, proprio perché non è solo un libro sul cinema”.

Il prossimo impegno letterario?

“Tra pochi mesi uscirà per Solfanelli un’altra mia raccolta di scritti cinematografici, però sul cinema “realistico”. Con questo testo, come preciso anche nella Introduzione, il “cerchio si chiude” nel raccontare il mio modo di intendere gli studi filmici. Nel contempo, sto lavorando a un libricino a quattro mani su Batman e su una figura del folklore britannico del XIX secolo. In ultimo, sto rifinendo un romanzo breve in tema fantasy”. (da Lazonamorta.it)

Davide Longoni

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Davide Longoni su Barbadillo.it

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