Difesa. Quando Spoleto (al tempo della Rsi) era la casa dei paracadutisti

La scuola di Spoleto durante la Rsi, nel 1944

I ragazzi della leva che hanno indossato il basco amaranto parlavano di SMIPAR; oggi si parla invece di CAPAR. Cambiano gli acronimi (Scuola Militare di Paracadutismo / Centro Addestramento Paracadutisti), magari la formazione ma le tradizioni, quelle restano: Pisa è sempre lì, simbolo della Brigata e della sua storia.

C’è stato tuttavia un tempo in cui la casa del parà era Spoleto, tre ore di macchina forse più da Pisa, al limite della provincia più meridionale di Perugia e a 20′ da Terni. E’ lì, infatti, che la Divisione Nembo (al tempo dipendente dall’Aeronautica) schierava un intero battaglione che, dopo l’Armistizio dell’8 settembre, diventa un elemento chiave per la lotta agli anglo-americani.

Spoleto non è un luogo qualunque: ha dato i natali ad Alberto Bechi di Luserna, comandante del 187° Folgore nel corso della battaglia di El Alamein e autore degli immortali versi che ancora oggi accolgono i visitatori del Sacrario Militare:

Fra le sabbie non più deserte
son qui di presidio per l’eternità i ragazzi della Folgore
fior fiore di un popolo e di un Esercito in armi.
Caduti per un’idea, senza rimpianto, onorati nel ricordo dello stesso nemico,
essi additano agli italiani, nella buona e nell’avversa fortuna,
il cammino dell’onore e della gloria.
Viandante, arrestati e riverisci.
Dio degli Eserciti,
accogli gli spiriti di questi ragazzi in quell’angolo di cielo
che riserbi ai martiri ed agli Eroi.

 

Nell’autunno 1943 la cittadina umbra diventa la “casa” del Reggimento “Nembo” che, trovatosi in Sardegna al momento dell’Armistizio, rifiuta la resa e continua a combattere con i tedeschi. Gli uomini sono sotto il comando del Maggiore Rizzatti e del Capitano Alvino ma non sono gli unici: dalla Calabria a Viterbo, infatti, i resti di unità maggiori si concentrano verso il Lazio, in attesa di combattere un eventuale sbarco anglo-americano.

In realtà per vedere gli Alleati sulle coste laziali bisognerà attendere il gennaio successivo; intanto, nell’ottobre 1943, quei paracadutisti sono inquadrati nel Raggruppamento Paracadutisti “Nembo” inviati a Spoleto per le prime fasi di addestramento. La vicinanza del comando della Luftwaffe alla località umbra e la sospensione delle attività addestrative negli storici centri di Tarquinia e Viterbo, avevano forse spinto le autorità di Salò ad individuare il territorio spoletino quale punto strategico per la formazione delle reclute. A Spoleto si riceve un’infarinatura da istruttori tedeschi ma è poi a Friburgo che si impara il “mestiere” del parà ed è lì che si consegue l’ambito brevetto.

Rimandati a Spoleto agli inizi del ’44 le aliquote della “Nembo” sono subito schierate a Nettuno dove, il 22 gennaio, sono sbarcati gli anglo-americani. Trecentocinquanta i  militari impegnati nel contrastare le forze Alleate (sotto il comando del Capitano Alvino) che, per quattro mesi, continueranno a battersi senza riuscire a raggiungere Roma. Lo faranno solo inseguito allo sfondamento a Cassino, ma ci arriveremo….

La preparazione si vede perché la “Nembo” combatte bene destando ammirazione fra i tedeschi; tuttavia le perdite sono pesanti e il battaglione iniziale si riduce a compagnia.

Poco prima della liberazione di Roma, il Maggiore Rizzati è inviato nel Lazio con il Reggimento “Folgore” per contribuire alla difesa della Capitale ma anche per coprire la ritirata tedesca. Alla “Folgore” si aggiungono i superstiti della “Nembo” nonché una compagnia del Battaglione “Azzurro” che si distingue nel pontino, conquistando una postazione e tendendola fino al completo annientamento.

Nello stesso mese Terni, Spoleto e Perugia cadono in mano alle forze alleate. Dunque la formazione è concentrata negli ultimi centri rimasti nell’Italia settentrionale, quale ad esempio quella di Tradate.

Nell’estate ’44 l’Aeronautica Nazionale Repubblicana riesce a riunire tutte le unità paracadutiste sotto il medesimo comando. Nel frattempo la “Nembo” perde Rizzato, caduto il 4 giugno in combattimento.

La memoria dello “SMIPAR spoletino” è ancora fosca, conosciuta solo grazie ad alcuni testi ed articoli letti più dagli appassionati e dai curiosi che non da chi passa, quotidianamente, per vie e strade un tempo simbolo di tragedie, sacrifici, eroismi e morte.

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Marco Petrelli

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