Effemeridi. Piero Buscaroli giornalista musicologo scrittore e “patriota”

Piero Buscaroli
Piero Buscaroli

EFFEMERIDI – 15 Febbraio 2016. A Bologna muore il critico musicale, giornalista, pittore e scrittore Piero Buscaroli.
Era nato a Imola nel 1930 in una prestigiosa famiglia locale. Mi dilungherò più avanti, in questa effemeride su alcune vicende della sua adolescenza e sui suoi legami familiari.
A Roma nel dopoguerra frequentò il liceo classico “Tasso”, poi a Bologna studiò musica (organo e armonia); si laureò in Giurisprudenza e per qualche anno fece la professione di avvocato.
Allo studio affiancò, dal 1950, la militanza attiva nel Movimento Sociale, impegnato principalmente in attività culturali, collaboratore del settimanale “Lotta Politica”; nel 1954, assieme a Giano Accame fondò la pubblicazione “Il Reazionario”.
L’anno successivo iniziò la sua collaborazione con Leo Longanesi al settimanale “Il Borghese”, a Milano, come critico musicale con lo pseudonimo di Hans Sachs; dopo la morte di Longanesi, nel 1957, passò alla redazione romana del settimanale diretto da Mario Tedeschi; in seguito per la stessa pubblicazione fu corrispondente dall’estero, durante la guerra arabo-israeliana del 1967 e nella “Primavera di Praga” dell’anno successivo; durante la guerra in Vietnam, in Portogallo dopo il colpo di Stato del 1974, dalla Cina e dai Paesi dell’Est Europa.
Per “Il Borghese” si occupò anche di altri temi oltre la musica e la politica estera anche di arte e di costume.
In quegli anni non abbandonò la militanza politica, divenendo consigliere comunale del MSI a Imola dal 1956 e di Bologna dal 1960 fino a quando dette le dimissioni nel 1963.
Anni nei quali intrecciò frequentazioni divenute amicizie con intellettuali come Mario Praz, artisti come Ardengo Soffici e il poeta americano Ezra Pound.
Dal 1971 al 1975 fu direttore del quotidiano “Roma” di Napoli. Dopo quest’ultima esperienza giornalistica si dedicò alla musica, alla critica musicale per “Il Giornale” diretto da Indro Montanelli; all’insegnamento di Storia della Musica nei Conservatori musicali di Torino, Venezia e Bologna; infine alla scrittura di colossali monografie di musicisti: un “Bach” frutto di dieci anni di studio dedicati al musicista, un volume monumentale di 1.180 pagine uscito negli Oscar Mondadori e universalmente riconosciuto come “punto di riferimento” fondamentale della bibliografia bachiana; altre 1.350 pagine di uno studio dedicato a Beethoven, e ancora studi su Mozart (“Al servizio dell’Imperatore”), Wagner e Brahms.
Per l’editore Mondadori diresse assieme a un altro critico musicale, musicista e docente di Conservatorio, Paolo Isotta, l’importante collana “Musica e Storia”.
Isotta che Buscaroli conobbe nella redazione del quotidiano montanelliano, è stato dal 1980 al 2015 critico musicale del “Corriere della Sera” (tra le iniziali contestazioni del sinistro comitato di redazione nei suoi confronti) e attualmente lo è del “Fatto quotidiano”.
Tra le tante opere di saggistica di Buscaroli, le ultime importanti, dedicate in parte alle sue “memorie” sono state “Dalla parte dei vinti” edita da Mondadori; “Paesaggio con rovine” edito da Camunia, e “La stanza della musica” edita dalla casa editrice torinese Fògola per la quale ha diretto anche la collana “La torre d’avorio”.
I miei quattro lettori che so interessati a certi retroscena di storie e biografie (non pettegole) credo che apprezzeranno se mi dilungo un po’ su questi aspetti riguardanti Buscaroli.
Dunque, a guerra finita, il 27 maggio 1945, Piero aveva 13 anni quando a Imola si salvò per “miracolo”.
Un gruppo di partigiani, dopo aver ucciso sei giovani (tra i quali Lucia Minardi, una ragazza di 16 anni) prelevarono dalle carceri di Imola altri sedici fascisti (quattro dei quali tra i 15 e i 17 anni) e caricatili su un camion li portarono in piazza in centro, all’uscita dalla messa domenicale perché molta gente potesse vedere l’esecuzione.
Tra la folla c’era, per puro caso anche Piero Buscaroli che fu riconosciuto dal capo partigiano Tarabusi, detto “Buchi”.
Racconterà Buscaroli: “Mi afferrò urlando e subito a lui si unirono molti altri. Impotente a resistere e difendermi, mi trascinavano, sotto pugni e spintoni. Mi ha sempre meravigliato, a ogni ritorno della memoria, la chiarezza con cui sentii che bisognava morire bene, quando il frastuono, che mi parve immenso, di un potente motore, e una nuvola di fumo denso, sparpagliarono il gruppo. Fui afferrato da molte braccia e issato su un gippone dell’Ottava Armata, che partì come un bolide. Mi portarono a casa”.
Era stato messo in salvo da tre polacchi, un ufficiale e due sottufficiali della divisione del Generale Wladyslaw Anders (tutti accesi anticomunisti) che erano gli occupanti della città. Per una circostanza fortunata gli ufficiali medici si erano acquartierati nella villa della madre di Piero dove una ausiliaria medico polacca era sua amica, la contessa Paszkowski, cugina di Stanislao Paszkowski, polacco-fiorentino proprietario della famosa Birreria Paszkowski di Firenze in piazza della Repubblica, a sua volta amico della fiorentina Anna Buscaroli, madre di Piero della quale era stato anche testimone di nozze.
Tra l’altro, negli intrecci familiari fiorentini, Stanislao Paszkowski era sposato con Viola, figlia di Giovanni Papini; e la figlia di Papini sposò a sua volta lo scrittore Barna Occhini, padre di Ilaria Occhini, l’attrice che nelle sue memorie racconterà di come – da bambinetta – a Firenze riuscì a salvare il padre ricercato dai partigiani per fargli la pelle.
Ma tornando al ragazzetto Piero Buscaroli, era successo che a sua insaputa l’aristocratica polacca aveva incaricato alcuni militari di sorvegliarlo con discrezione per evitare ciò che stava proprio per accadere.
E sempre la contessa polacca, utilizzando le comunicazioni militari si mise in contatto con Roma da dove partì lo zio Mario De Bernardi (marito di una zia di Piero, asso dell’aeronautica italiana, primatista mondiale di velocità aerea, inventore di un sistema di frenata per gli aerei in piccole piste di atterraggio e nel dopoguerra consigliere comunale del MSI a Roma oltre che padre di Fiorenza De Bernardi, prima italiana pilota di aerei di linea) lo venne a prelevare immediatamente portandolo di corsa a Roma fuori da pericoli come quello scampato.
E a proposito di parentele, c’è una famosa intervista di Massimo Cacciari nella quale il filosofo che sarà sindaco di Venezia, nel parlare di suo biscugino Piero Buscaroli, citò lo zio, Cesare Momo (fratello del regista teatrale Arnaldo Momo), in ricordo del quale il filosofo di Sinistra portava ancora al polso l’orologio che appartenne allo zio.
Zio il quale alla fine della guerra aveva 27 anni ed una laurea summa cum laude, ma era anche Sottotenente della Divisione Alpina Monterosa della Repubblica Sociale.
Il Battaglione Bassano del giovane Momo rimasto asserragliato fino al 5 maggio nella caserma di Saluzzo, cedette le armi al CLN solo quando gli fu garantito che sarebbero stati adibiti a dei lavori come prigionieri.
Venendo meno agli accordi i partigiani subito dopo prelevarono 12 giovani ufficiali – tra i quali Cesare Momo – i che dovettero subire “una via crucis terrificante” poi, portati al Ponte di Valcurta di Melle, tutti legati assieme, furono fucilati in massa senza alcun processo.
Non furono gli unici della famiglia a pagar caro il loro impegno politico o militare.
Corso, il padre di Piero Buscaroli che era anche imparentato con i Cacciari (era cognato del padre del filosofo), era un famoso latinista che alla fine della guerra fu incarcerato per tre anni e mezzo e morì nel 1949 in casa della sorella Illiria che appunto aveva sposato un Cacciari, per i postumi della dura detenzione (la revisione post mortem del processo nel 1960 lo assolse da ogni accusa!).
Piero Buscaroli poi aveva sposato Mariagrazia Pagliani, figlia di Franz Pagliani, famoso chirurgo bolognese, docente universitario e durante la RSI dirigente del Partito Fascista Repubblicano dell’Emilia, che dopo la guerra rimase in carcere fino al 1950.
Altri zii di Piero Buscaroli erano del ramo fiorentino, quelli dell’importante famiglia Falorni; lo zio Vittorio era un diplomatico e scrittore che finì la sua carriera come docente di italiano nell’Università americana di Harvard mentre il fratello, Carlo Falorni, quando era comandante della Scuola Allievi Ufficiali di Ravenna, fu ucciso da un soldato il 10 settembre 1943 dopo l’infausto armistizio.
Lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco il giorno dopo la morte di Buscaroli gli dedicò un ricordo definendolo “un genio, un vero ribelle” e concludendo con una rivelazione: “ editorialista nelle testate corsare, fin tanto che i giornali riuscivano a reggerne la potenza disobbediente essendo lui – da sempre – dalla parte dei vinti, titolo questo di un suo magnifico libro. Incappato nel rischio di aver comminata un’onorificenza dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, Buscaroli – di proprio pugno – scrisse sulla lettera del Quirinale che lo informava di questo rischio, respingendola al mittente, queste parole: “Io non desidero e non voglio alcuna onorificenza da questa repubblica. Mi parrebbe uno scherzo di cattiva specie. Fermi la macchina, La prego e non se n’abbia a male. Detesto questa repubblica. Grazie”.

@barbadilloit

Amerino Griffini

Amerino Griffini su Barbadillo.it

Exit mobile version