Giorno del Ricordo: a Terni si parla di Foibe e di Kosovo con C10F e Fondazione Spirito

In occasione del Giorno del Ricordo 2019, il Comitato 10 Febbraio, la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma e gli Amici della Fondazione Ugo Spirito – Renzo De Felice di Terni propongono

Balcani, nazionalismo e pulizia etnica dalla Seconda Guerra Mondiale al Kosovo evento del quale Barbadillo e media partner.

Ma cos’hanno in comune le Foibe e il Kosovo? Lo abbiamo chiesto a Marco Petrelli, giornalista, collaboratore di Barbadillo e co-organizzatore dell’iniziativa.

Petrelli qual è il nesso fra i due temi?

“Le divisioni etniche che nella penisola balcanica hanno radici antiche e che ancora oggi sono difficilmente ri-cucibili”.

Si spieghi meglio…

“L’invasione tedesca del ’41 mandò in frantumi il già fragile Regno di Jugoslavia, la cui stabilità era minata dalle spinte autonomiste di popoli molto diversi fra loro e incapaci di convivere sotto lo stesso tetto. Divisi in pace, dunque, ma anche in guerra: l’occupazione dell’Asse, infatti, per quanto durissima e causa di migliaia di morti, non riuscì a compattare popoli che invece ‘usarono’ il conflitto per tentare di affermare la propria autonomia”.

Ad esempio?

“Lo Stato Indipendente di Croazia, alleato della Germania, dipendente dall’Italia, strinse rapporti più stretti con Berlino nella speranza di conquistare maggiore autonomia da Roma. Gli Ustascia combattevano infatti su più fronti: contro i partigiani di Tito, contro la minoranza serba, perseguitavano gli ebrei e si scontravano con i Cetnici, serbi monarchici a loro volta divisi fra l’appoggio agli Alleati e la collaborazione con gli italo-tedeschi in chiave anti titina”.

Eppure Tito ottenne l’appoggio dagli anglo-americani…

“Gli Alleati miravano a rafforzare la loro presenza nei Balcani e, naturalmente, a vincere la guerra. L’appoggio britannico ai Cetnici non era sfuggito a Stalin, contrariato dall’idea che una minoranza fedele al monarca serbo in esilio potesse incarnare la resistenza. Prevalse dunque il fair play e, per accontentare i sovietici, Londra e Washington puntarono su Tito, il cui esercito verrà riconosciuto anche da re Pietro II nel 1944 quale forza ufficiale del Regno. Strano concetto: un’Armata popolare che serve una monarchia…”

Le Foibe una tragedia annunciata?

“Diciamo tragico dramma di una più ampia tragedia. Forte del riconoscimento internazionale, a Josip Broz resta solo consolidare il proprio potere. E la pulizia etnica è lo strumento più efficace per sottomettere le etnie che compongono il nuovo stato socialista: gli italiani subiscono analoga sorte dei croati, degli sloveni, dei serbi e dei kosovari. Collaborazionisti? Termine troppo vago: le persecuzioni ai danni delle minoranze (italiani compresi) continuarono dopo il 1945 e travolsero anche antifascisti non in linea con il nuovo regime, cattolici, ortodossi, chiunque potesse essere di ostacolo alla creazione del regime”.

E il Kosovo?

“I kosovari sono stati per decenni spina nel fianco di Tito che fino alla sua morte ha alternato tentativi di rilancio della regione e concessioni (investimenti, autonomia amministrativa) a dure repressioni contro un popolo che si sentiva (e si sente) albanese. Inoltre le autorità del regime intrapresero azioni repressive anche nei confronti dei croati: tutt’altro che sconfitti, gli Ustascia e i loro eredi continuarono per anni a compiere attentati ai danni delle forze socialiste”.

Dunque Tito non riuscì a tenere insieme tutte le etnie?

“No e la dimostrazione c’è stata subito dopo la morte del leader, con un lungo periodo di instabilità che fu anticamera delle guerre degli Anni ’90. Ed è questo il main topic di ‘Balcani, nazionalismo e pulizia etnica’ ”.

Alla luce di questo quadro, perché secondo lei celebrare il Giorno del Ricordo genera ancora polemiche?

“Se con polemiche si riferisce alla ‘menzogna di Basovizza’, si potrebbe anche solo rispondere che le vittime di Basovizza riconobbero riconoscimento, ufficiale, ben prima della legge del 2004: Leone rischiò la crisi diplomatica con la Jugoslavia per tenere accesa la memoria degli infoibati (era il 1975), Spadolini dichiarò Basovizza e Monrupino monumenti di interesse nazionale già nel 1982 mentre Cossiga vi si recò, sempre in visita ufficiale, nel 1991. C’era ancora la Guerra fredda, . Polemiche sterili, dunque, ancorate all’idea che il Giorno del Ricordo sia stato istituito per criticare la Resistenza e l’ideologia comunista, quando alcune associazioni come FIVL e APO ricordano ogni anno le vittime delle Foibe. Segno quest’ultimo che, per fortuna, la malafede sta finalmente lasciando il posto alla ragione e alla umana sensibilità”.

@barbadilloit

Red

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