Cultura. Il Canto degli Animali di Isotta, sulla fratellanza tra l’uomo e gli animali

È possibile penetrare il mistero del mondo animale, quello che il grande storico Jules Michelet definiva “mondo immenso di sogni e di muti dolori”? Se la conoscenza ravvicinata della ricchezza e della complessità presenti nella vita animale ha messo definitivamente in luce, grazie all’etologia, l’insostenibilità di una visione meccanicistica, l’arte, la musica, la poesia, la letteratura possono aiutarci a ritrovare le vie della fraternità coi viventi.

E’ l’itinerario tracciato da un illustre musicologo, Paolo Isotta, nel volume “Il canto degli animali”.(Ed. Marsilio).

”La scienza – scrive- dichiara solo nell’Ottocento l’origine comune degli animali e dell’uomo. La grande arte da sempre la conosce e la canta insieme con la fratellanza che ci lega a loro”. I classici greci e latini avevano intuito e cantato tale fraternità: in Omero il pianto dei cavalli di Achille per la morte di Patroclo,  “le calde lacrime che cadevano al suolo ripensando al loro cocchiere”, la morte del vecchio cane Argo che “riconobbe Ulisse nell’uomo che si avvicinava e, agitando la coda, abbassò le orecchie: gli mancò la forza per avvicinarsi al suo padrone”, in Lucrezio il dolore inconsolabile della giovenca che si aggira disperata intorno all’ara dove è stato sacrificato il suo vitello. I sentimenti degli animali venivano riconosciuti ma soprattutto la distanza cogli uomini non era ritenuta incolmabile. Se il logos, che è insieme ragione e parola, è proprio dell’uomo, agli animali è infatti attribuita una ragione astuta, chiamata metis, che consente loro di ricordare, di prevedere e di collegare eventi. Che dire? Antichi modi di pensare aristotelici anticipano singolarmente il moderno naturalismo evoluzionista post-darwiniano. Oggi l’etologia cognitiva riconosce l’esistenza di capacità peculiari, di menti animali complesse, perfettamente rispondenti alle esigenze e all’ambiente di vita dei singoli individui.

Ne è una riprova la  ricchissima antologia personale  di Isotta, una silloge di meraviglie musicali, poetiche, narrative che ci fa attraversare il territorio sterminato in cui convivono i versi di Virgilio con l’ornitologia fantastica di Leopardi che attribuisce agli uccelli “una grandissima forza e vivacità e un grandissimo uso di immaginativa” o di Shelley che così si rivolge a un allodola: ”Insegnami la metà di quella gioia che certamente il tuo cervello conosce (…) Insegnaci, spirito o uccello, i segreti dei tuoi dolci pensieri”. E ancora. In pagine di finissima analisi musicale troviamo uccelli profeti che danno voce alla natura, come nella wagneriana sinfonia della foresta, in cui si celebra la fratellanza dell’uomo con gli animali, ma anche uccelli che predicano ai profeti lodando il Creatore, come nel grande Liszt del “San Francesco che predica agli uccelli”.

Al di là, comunque, della ricchezza dei riferimenti culturali che fanno di Isotta un flaneur della lettura e della musica – come lui stesso si definisce -, per il suo gusto di vagabondare nei territori artistici più diversi, un’idea centrale anima il libro: la lotta contro il pregiudizio antropocentrico che ha contribuito a uno dei meccanismi di distanziamento più radicato nella nostra cultura, la “rappresentazione falsata”, il descrivere, cioè, gli animali come esseri privi di soggettività incapaci di sentimenti e di emozioni, una rappresentazione che ne ha sancito l’assoluta esclusione dal nostro mondo morale. Ma l’animale non è un alieno, la comunicazione tra le specie è non solo possibile ma auspicabile per far uscire l’uomo dal suo orgoglioso isolamento. In tal senso, “Il canto degli animali” persegue un allargamento delle frontiere dell’etica secondo un duplice movimento:  l’inclusione degli animali nella grande società dei viventi, la “bella città universale” di cui già parlava Michelet, e, insieme, l’accesso dell’uomo nel mondo degli animali, un mondo ‘altro’ che può aprire nuovi orizzonti al suo pensiero e accrescere la sua creatività.

Se gli animali sono esseri abbastanza simili per condividere con noi certe esperienze fondamentali e abbastanza diversi per rappresentare per noi una fonte continua di meraviglia e di stupore, l’arte si rivela come lo strumento euristico che ci consente di penetrare in un ‘altrove’ che ci riguarda e interroga la nostra umanità.

 

*Da Il Secolo XIX del 20.1.2019

Luisella Battaglia*

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