Libri. “Il segreto di Benedetto”: l’indagine di Socci sulle dimissioni di Ratzinger

Il 27 novembre uscirà il libro di Antonio Socci dal titolo “Il segreto di Benedetto XVI – Perché è ancora Papa”. Il giornalista senese sembra intenzionato a non demordere nel suo intento di indagare sempre più a fondo le vicende relative alle dimissioni di Benedetto XVI, che hanno portato poi all’ascesa di Jorge Mario Bergoglio alla cattedra di Pietro. Il popolo cattolico inoltre va avanti a domandare risposte e il successo della pre vendita ne è una prova, dato che il titolo si trova già in cima alle classifiche dei rivenditori online, dove è transitato fra i primi venti di tutto il catalogo in Italiano.

“Non è Francesco”

Le dimissioni di Benedetto XVI, Papa amatissimo dal popolo cattolico al pari del suo predecessore, hanno creato un senso di vuoto fra i fedeli e messo in moto una serie ininterrotta di interrogativi. Dal canto suo, Socci ha rotto il ghiaccio sulla messa in dubbio della legittimità dell’elezione di Francesco già nel 2014, quando fece il tutto esaurito (anche nelle librerie cattoliche “di establishment”) il libro “Non è Francesco”. Il titolo ad effetto, ma soprattutto il contenuto, crearono grande scalpore, perché venivano analizzate le modalità delle dimissioni e venivano svelati alcuni particolari delle votazioni del conclave che avrebbero potuto inficiare l’elezione di Bergoglio. L’analisi verteva anche sulla libertà di Benedetto nel dimettersi, sulle minacce che aveva potuto ricevere, sul comportamento successivo. Nell’atto di dimissioni, per fare un esempio, Ratzinger scriveva “per il bene della Chiesa”. C’era forse in corso una minaccia di scisma? E perché non è ritornato un cardinale o un semplice vescovo ma ha pressoché inventato titolo di Papa emerito? Domande che ricorrono ormai da più di cinque anni e si intrecciano con i destini della Chiesa cattolica intera.
Stando alla sinossi, il volume in uscita si occuperà ancora una volta di alcune profezie che girano da molti anni in ambito cattolico e, data la straordinarietà della situazione, sono tornate in auge con forza. Socci in “La Profezia finale” (2016) ne parlò, soprattutto della profezia legata alle apparizioni di Fatima, mandando poi, mezzo libro, una lettera a Francesco, chiedendogli di tenerne conto.

Fra mafia di San Gallo e lobby gay

In questi anni, dopo il primo libro di Socci sull’argomento, di rivelazioni e scandali ne sono scoppiati molti. Ad avvalorare la tesi di una elezione eterodiretta di Francesco troviamo ad esempio il Cardinale Danneels, che in un libro ha ammesso candidamente di avere avuto degli incontri con altri prelati, un gruppo informale, nella cittadina svizzera di San Gallo. Il porporato spiega apertamente che ci fu una macchinazione per arrivare all’elezione di Bergoglio, che nacque all’interno di quel gruppo, che si autodefiniva scherzosamente “mafia di San Gallo”.  Ne facevano parte vescovi e cardinali progressisti, contrari alla linea di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, fra cui Carlo Maria Martini. Una rivelazione del genere, nel 2015 non poteva che alzare un grande polverone e rinfocolare le polemiche e le domande sempre più pressanti riguardo queste benedette dimissioni.

Altro discorso, ben più pesante, è quello relativo alla cosiddetta lobby gay. Ai vertici della Chiesa e un po’ a tutti i livelli si sarebbe consolidato, secondo alcune vulgate, un gruppo di preti apertamente omosessuali, con la volontà di cambiare l’insegnamento della Chiesa in materia di nozze gay e simili. Questa lobby sarebbe anche un gruppo di potere che fa di tutto per promuovere i propri elementi in ogni posto importante. La lobby fino all’estate scorsa era un ectoplasma, non se ne conosceva la natura e non si sapeva neanche se esistesse.
A scoperchiarla ci ha pensato Monsignor Viganò, con un memoriale nel quale accusava alcuni prelati, facendo nomi e cognomi, di avere un occhio di riguardo per la promozione di omosessuali a posti di riguardo e, ancora peggio, di coprire sistematicamente gli abusi sessuali perpetrati dai propri affiliati. Il dossier fu una bomba che sta tutt’ora avendo i suoi effetti. Nella geografia di coloro che avrebbero macchinato per giungere alle dimissioni di Ratzinger, la lobby avrebbe un ruolo preponderante. Benedetto, parole sue, aveva infatti cercato di scioglierla, pensando pure di esserci riuscito.

Questioni di abbigliamento

A creare scompiglio e porre interrogativi, va detto, contribuiscono alcune interviste e dichiarazioni di persone direttamente interessate dalle problematiche sovraesposte. Per dirne una, Benedetto si veste sempre di bianco, cioè si veste da Papa. La speculazione al riguardo è, come comprensibile, molto ampia. L’ironia della blogosfera cattolica (e l’arrabbiatura di Socci) venne sobillata proprio dall’Emerito, quando spiegò ad un vaticanista che la decisione di vestirsi di bianco deriva dal fatto che al momento delle dimissioni “non c’erano in giro altri vestiti”. In pratica in tutta Roma non si trovava una talare nera! Molti leggono in questa uscita un esempio della sottile ironia ratzingeriana.

Sconcertante fu invece l’esposizione di una teoria piuttosto audace e improbabile da parte di Monsignor Ganswein, storico segretario di Ratzinger. In pratica il ministero petrino si sarebbe allargato, con un ruolo attivo ricoperto da Bergoglio e uno passivo, o orante, ricoperto da Ratzinger. L’ipotesi fantateologica non è più stata riproposta, perché avrebbe in effetti avvalorato l’ipotesi di un Benedetto ancora Papa.

Vedremo dunque cosa ci riserverà il nuovo saggio di Socci, sperando che l’autore abbia avuto accesso a qualche fonte di prima mano che aiuti a dipanare la matassa.

@barbadilloit

Francesco Filipazzi

Francesco Filipazzi su Barbadillo.it

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