Boca-River. Viva l’ultima Libertadores ‘vecchio stile’. Prima che il dinero la distrugga

In un mondo come quello di oggi, in cui il calcio si è trasformato in una macchina da soldi, perdendo la sua purezza originaria, la Copa Libertadores è rimasta l’unica competizione di alto livello in cui la pasiòn per il fùtbol è rimasta intatta nel cuore di tifosi e giocatori, prima che i migliori tra loro compiano il “salto” nel calcio europeo.
Ecco, proprio questo continuo confronto con il modello europeo, dopo aver portato alla nascita e all’evoluzione (in termini di aumento delle squadre) di questa competizione, rischia di farle perdere purezza e genuinità: la Libertadores si appresta ad essere snaturata, perdendo, dopo  l’eliminazione dello spareggio in favore della regola dei gol in trasferta (esclusa la finale), anche l’ultima peculiarità che la caratterizza: la finale andata e ritorno.

Godiamoci il canto del cigno del Superclasico

Visto che la decisione pare irrevocabile, godiamoci almeno il canto del cigno del calcio sudamericano, vittima della voglia di espansione economica della Comnebol, o meglio bramosia di guadagno (dal momento che pare impensabile che il calcio sudamericano possa tutelare i propri talenti dagli assalti di procuratori e potenze europee). Cosa si può volere di meglio di una sfida tutta argentina, in una competizione che ha visto un dominio assoluto dello spirito albiceleste – un misto tra pragmatismo, huevos e tecniche – sull’estetismo brasiliano? Cosa di meglio (ci perdoni l’Independiente, massimo vincitore della competizione), di un epico scontro tra Boca e River?
Il Superclasico, la leggendaria e accesissima sfida che divide in due la città di Buenos Aires e (quasi) tutto il paese: una vera e propria guerra di religione tra i Millionarios, storicamente la squadra più ricca del paese oltreché la più vincente, nata dalla fusione del genovese Santa Rosa con il Rosales (così nominata in onore di una barca inglese, criterio valido anche per il bianco e il rosso dei colori sociali) e gli Xeneizes, chiamati così perché fondati da immigrati e marinai genovesi e gialloblù per i colori della Drotthing Sophia, nave svedese avvistata nel porto di Buenos Aires. Mentre in campo nazionale predomina il River Plate, a livello internazionale è netto il divario con 6 Libertadores a 3 per il Boca, secondo in patria, terzo club più titolato al mondo (al pari dell’Independiente se si considera la Suruga Bank, coppa sudamericano-giapponese, un trofeo valido per la Comnebol).

Boca-River nella storia: Sivori, Maradona, Riquelme, Batistuta e Tevez

La rivalità tra le due società nasce nel Barrio de la Boca, condiviso con il River e altri 9 club fino al 38′, anno in cui il River si trasferisce al Monumental, ad inaugurare un ciclo di vittorie che, sotto la guida di Cesarini e i gol di Labruna, massimo bomber del Superclasico, e le magie di di Stefano prima e di Sivori poi, lo porterà a dominare per oltre un decennio.  Lo spirito e l’animo focoso con cui gli argentini si approcciano al calcio e soprattutto a questa sfida é rimasto intatto e, se possibile, è aumentato, come dimostra la Bombonera gremita, che vibra letteralmente per l’entusiasmo in quello che dovrebbe essere un normale allenamento pre partita. Ma questa non è una partita come le altre, questa è una sfida che ha visto D10S Maradona, ora tifoso passionale, battezzare a 21 anni il proprio esordio con due assist e un gol da cineteca e che lo ha visto dolorante e frustrato dare il peggio di sé negli sfottò ai Rivali del River dopo la vittoria nel suo ultimo Superclasico.

 

Il Superclasico è anche la classe e la compostezza del Principe Francescoli o di Saviola, il genio di Juan Roman Riquelme per il Boca, la grinta e la follia di Almeyda (che fu, col River sotto 2-0 e attizzato dalle provocazioni avversarie in campo e fuori, autore del provocatorio bacio di maglia sotto la 12 dell’odiato Boca), la freddezza di bomber come Mario Kempes, Cavenaghi e Crespo per il River. O il doppiogiochismo di Batistuta, comparsa al River nell’89-90 e decisivo per il titolo del Clausura 91′,  il protagonismo in campo e in panchina di Ramon Diaz (ora di Gallardo nel River e Barros Schelotto nel Boca) e gli storici derby con Carlos Bianchi, come lui tecnico più vincente della storia del proprio club. Per rimanere in tema di gesti provocatori come dimenticare la “gallinita” di Tevez, a prendere in giro i rivali del River con lo storico appellativo (che li accompagna dalla rimonta subita nel 1966 per mano del Penarol) nella semifinale di Copa Libertadores del 2004. Rimanendo in zona Boca merita una menzione speciale Martin Palermo, quarto miglior marcatore del Superclasico e autore di una rete decisiva per eliminare il River e approdare in finale.

Cosa aspettarci da stasera

Tormando a oggi, sebbene in campo internazionale il predominio è sempre stato del Boca, ora il River ha l’occasione di prendersi una vendetta senza pari nella partita più importante del calcio sudamericano. Non ci saranno le stelle del passato ma lo spettacolo è assicurato: dopo il 2-2 dell’andata le due squadre daranno l’anima per la rispettiva causa. La partita della Bombonera ha dimostrato da una parte tutto il potenziale offensivo del Boca che, pur tenendo per metà partita il buon vecchio fenomenale Tevez, oltre a Benedetto, ha condotto per 2-1 per 20′, infrangendosi solo di fronte al muro eretto da Armani, numero 1 e punto di forza dei Millionarios. Da tenere d’occhio questa sera (ore 21 italiane, 17 locali) al Monumental anche Pratto, da noi oggetto misterioso, ma vero e proprio idolo in patria e l’estro e la freschezza del diez Martinez per i padroni di casa e Pavon per gli Xeneizes. Sarà importante anche il sacrificio e il dinamismo di faticatori come Enzo Perez da una parte e Wilmar Barrios dall’altra, la luce del centrocampo del Boca, che si tratti di distruggere o di edificare.
Insomma c’è n’è per tutti i gusti, lo spettacolo sarà anche sugli spalti: non sarà la 12 ma anche i Millionarios hanno un tifo niente male. Del resto l’appuntamento è con la storia, da qui in poi il calcio sudamericano non sarà più lo stesso. Chi scriverà il proprio nome nell’olimpo del fùtbol?

@barbadilloit

 

Giacomo Bonetti

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