Libri. “La legge della civiltà e della decadenza” di Adams: alle radici dell’ascesa della finanza globale

Finanza globale

Abbiamo da poco concluso la lettura di un libro di grande attualità, un volume che invitava gli uomini dell’epoca in cui fu scritto, a prendere atto della lezione che la storia stava loro impartendo, vale a dire che il declino di una nazione coincide sempre con l’ascesa politica della grande finanza e con  l’affermarsi dei suoi valori. Ancora oggi, lo ricorda Luca Gallesi nella postfazione del testo che ci accingiamo a presentare, la lectio fornita dalla finanziarizzazione dell’economia, non è stata  imparata. Ci riferiamo al volume di Brooks Adams, La legge della civiltà e della decadenza. Saggio sulla grandezza e il declino, recentemente comparso nel catalogo di Mimesis (per ordini: mimesis@mimesisedizioni.it, 02/24861657, euro 24,00). Si tratta della prima edizione italiana, impreziosita dalla Introduzione di Ettore Adalberto Albertoni, di un testo uscito per la prima volta a Londra nel 1895, cui fecero seguito l’edizione statunitense l’anno successivo e quella francese nel 1899.

Non dovrebbe stupire il lettore, sapere che, dati i contenuti, quest’opera colpì in profondità Ezra Pound, negli anni tragici del Secondo conflitto mondiale. Il poeta ne propose la pubblicazione a Camillo Pellizzi, ma l’incalzare degli eventi, legati ai drammi del 25 luglio e dell’8 settembre, fecero fallire il progetto. Pellizzi non si diede per vinto e, all’inizio degli anni Sessanta, perorò la pubblicazione del libro presso Giovanni Volpe, editore romano. Neppure questa volta la cosa andò in porto. Eppure Brooks Adams era studioso di serietà inappuntabile, non un accademico, ma un curioso appassionato, che vantava nella sua formazione il retaggio di un ambiente familiare aduso al comando. La sua famiglia annoverava tra le sue fila due Presidenti degli Stati Uniti, il secondo ed il sesto, ed un numero considerevole di addetti diplomatici che poterono intrattenere relazioni con intellettuali ed uomini di potere di tutto il mondo. Anche Brooks, come il fratello maggiore Henry, avrebbe dovuto intraprendere la carriera diplomatica, ma fu attratto dall’analisi del mondo nel quale viveva, connotato in modo indelebile da continue trasformazioni indotte dalla prepotente industrializzazione.

In origine questa famiglia, come ricorda Henry Adams (1838 – 1918) nell’autobiografia scritta in terza persona, aveva al centro del proprio mondo ideale i valori del puritanesimo, politicamente espressi dai Padri Pellegrini nel tentativo di mettere in atto il Sacro esperimento, vale a dire costruire, nelle colonie unificate del Nuovo mondo, uno Stato giusto, rispettoso dei principi della morale puritana a differenza di quelli operanti nel Vecchio continente. Un puritanesimo riservato e moderato quello degli Adams, mai ostentato, che si mostrava nella predilezione per il piccolo centro di Quincy, per la vita a contatto con la natura e i suoi ritmi, piuttosto che per quella urbana di Boston. La città dove gli Adams si trasferivano durante la stagione invernale rappresentava per Henry: «reclusione […] scuola, regola, disciplina […] la campagna a soli dieci chilometri di distanza, era libertà, varietà, vita da vagabondi» (p. 13). Quincy era, quindi, simbolo della resistenza morale puritana alla corruzione della vicina Boston.

   Brooks Adams, autore del libro che presentiamo, aveva beneficiato di una formazione internazionale, aveva infatti frequentato il College Columbia di New York, la Harvard University, ma aveva studiato anche a Londra. I suoi primi libri furono The Emancipation of Massachusetts  e The Gold Standard. Nel primo egli assunse una posizione mediana tra l’anti-congregazionalismo allora diffuso, e le posizioni filo-clericali: «Si era confermato così un credente, sostanzialmente un deista di stampo inglese, e un puritano moderato» (p. 24). Nel secondo, invece, si occupò del tema del bimetallismo e la cosa gli permise di presentare le sue teorie economiche. A suo modo di vedere: « la concezione dell’economia […] era sostanzialmente agricola e perciò la moneta doveva essere sonante» (p. 26). Il nostro autore non apprezzava tre figure che stavano diventando dominanti negli Stati Uniti e nel mondo: mercanti, finanzieri e banchieri. Il dirigismo politico che cominciavano ad esercitare in conseguenza dell’industrializzazione sempre più pervasiva, era causa significativa della ‘grande depressione’ degli anni 1873-1895.

   Sua opera principale è senza ombra di dubbio, La legge della civiltà e della decadenza. In essa propose in modo affabulatorio, in una prosa capace di conquistare il lettore, non solo il suo mondo ideale ed emotivo che, in queste pagine, trovò esemplare rappresentazione, ma anche un’interpretazione assai ampia, che muove dall’antichità romana, della storia universale. Per questo,     Brooks è stato definito, con vezzo giornalistico, lo Spengler d’America.  Anch’ egli, infatti, come il grande morfologo della storia tedesco, analizzò le cause che producono le fasi storiche di incivilimento, come quelle che stanno a monte del regresso storico. La sua lettura del corso degli eventi umani gli è costò l’accusa di essere evoluzionista. In realtà, lo studioso si interessò delle teorie di Darwin, in quanto suo fratello Henry aveva incontrato a Londra Sir Charles Lyell, geologo ed amico personale di Darwin. Brooks si richiamò alle tesi evoluzioniste solo per sostenere, su basi scientifiche, la dura polemica nei confronti della storiografia tradizionale, ferma alla ripetizione di sterili luoghi comuni.

   In questo libro Brooks sgombrava il terreno da molto ciarpame esegetico-storico, al fine di creare un nuovo orizzonte di ricerca: aveva scoperto, come ricorda il fratello Henry: «una legge della storia secondo cui la civiltà segue gli scambi commerciali, e dopo averla applicata al Mediterraneo la stava applicando all’Atlantico» (p. 31). Rilevò, tra le altre cose, l’importanza della geografia e le sue interrelazioni con le scelte politiche e soprattutto, con lungimiranza, intuì che le fasi storiche dispersive, dissolutive, sono quelle in cui: «predomina la competizione economica» (p.350). Ora, poiché da più parti si avverte oggi l’esigenza di una ripartenza, di un Nuovo Inizio europeo, segnato da altri riferimenti culturali e spirituali, rispetto a quelli utilitaristi dominanti, crediamo le pagine di Brooks possono suggerire utili considerazioni.

* La legge della civiltà e della decadenza. Saggio sulla grandezza e il declino, di Brooks Adams, Mimesis (per ordini: mimesis@mimesisedizioni.it, 02/24861657, euro 24,00)

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Giovanni Sessa

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