Formula 1. Il Brasile consacra Max Verstappen (nonostante Ocon e le polemiche)

Grandi emozioni e tanto spettacolo. Questo ha regalato il penultimo appuntamento del Mondiale di Formula 1 2018, corso sulla pista di Interlagos a San Paolo (Brasile).

Spettacolo dunque ma anche verdetti, perché la Mercedes torna dal Brasile con in quinto titolo costruttori consecutivo, titolo assicuratasi grazie all’ennesima vittoria di Hamilton e al quinto posto di Bottas.

Nonostante l’effimera valenza in termini mondiali, anche qui non sono mancate le polemiche, in particolare riguardanti la giustizia sportiva. Il fatto che molto spesso si usino “due pesi e due misure” e che i commissari di gara cambino di gara in gara, sta favorendo un certo nervosismo tanto tra i piloti, quanto tra gli addetti ai lavori che sempre più spesso storcono il naso di fronte a certi verdetti.

Emblematico è il caso di Hamilton che, durante le qualifiche al sabato, ostacola prima Raikkonen –per altro nel giro veloce del finlandese-e poi con una manovra ai limiti del penale Sirotkin. Sebbene il russo non fosse nel giro veloce, l’aspettativa era quantomeno quella di un accertamento da parte dei commissari. E invece, nulla.

Di contro Vettel, già penalizzato di tre posizioni in Austria per aver ostacolato Sainz (precedente giuridico), viene giustamente multato per non aver rispettato la procedura di peso vettura, per altro in un concitato momento  all’interno del Q2.

Anche su questo ci sarà da lavorare in vista della stagione ventura.

Controversie giuridiche a parte, è forse questo il week-end che consacra definitivamente, se ce ne fosse ancora bisogno, la stella di Max Verstappen. Bene in questo caso anche Ricciardo, quarto al traguardo dopo esser partito undicesimo, avendo pagato lo scotto di cinque posizioni di penalità per la sostituzione del turbo.

Si diceva di Verstappen. Primo al venerdì mattina in 1’09″011 (altre due sessioni di libere primeggiate da Bottas e Vettel, rispettivamente in 1’08″846 e 1’07″948), il buon Max alla domenica si ritaglia uno spazio di primissimo piano, giocandosi la vittoria  dopo aver fatto grandi sorpassi.

Procediamo però con ordine, ripartendo dalle  qualifiche di sabato che, al di là delle polemiche, sono tiratissime. Complice anche la pioggerella di metà sessione, soprattutto nel Q2 (dove si fa notare un grandissimo Leclerc che si qualifica in Q3 dopo  aver deciso in autonomia e in disaccordo con l’ingegnere di restare fuori) si differenziano le strategie. La Ferrari infatti è l’unica squadra di vertice che si qualifica con le gomme Soft, nel tentativo di allungare il primo stint di gara.

Il Q3 è comunque “terra  di Lewis Hamilton” che si prende la pole già al primo tentativo:  1’07″281 e Vettel, Bottas, Raikkonen e Verstappen sono messi alle spalle. Da segnalare, complice anche la penalità di Ricciardo, l’ottima sesta posizione ottenuta da Marcus Ericsson.

Alla domenica i dubbi e l’incertezza regnano. L’esito del GP è tutt’altro che scontato.

Già nel giro di formazione Vettel ha un problema: entrato l’antistallo, la Rossa del tedesco rischia di spegnersi.  Fortunatamente per lui, riesce comunque ad avviarsi prima che passi l’ultimo pilota, potendo così conservare la propria posizione.

Il tedesco poi, complice anche un problema ad un sensore, è autore di una gara anonima. Sesto al traguardo e unico tra i grandi, con Bottas, a fermarsi due volte.

Al via comunque Hamilton scatta bene, mentre entrambe le Ferrari  risentono del minor grip delle loro coperture: Vettel si fa passare da Bottas, Raikkonen va in bagarre con Verstappen che appare da subito ispiratissimo e in pochi giri si mette alle spalle di Hamilton.

La gara vive subito di grandi duelli: i due Renault passano metà terzo giro a battagliare, con Hulkenberg che solo alla fine la spunta per il tredicesimo posto.

Al giro 4 poi, Raikkonen approfitta di un errore di Vettel per passarlo e mettersi all’inseguimento di Bottas, dietro al quale però si impantana –nonostante il n. 77 girasse un secondo più lento-, come del resto il compagno, vanificando una strategia diversa che effettivamente potesse pagare.

Mentre Ricciardo piano piano fa capolino, Hamilton comincia ad accusare problemi di blistering, dovendosi così fermare al giro 19 per montare le Medie. Davanti Verstappen continua su un ritmo molto costante.

La ritrovata forza della scuderia Austriaca si evince dai tempi del primo terzo di gara i quali, sono nettamente i migliori. E così Verstappen, al rientro in pista avvenuto dopo la sosta al giro 36 –con gomme soft- si ritrova vicinissimo al primato del n. 44; primato legittimato con una staccatona su Hamilton alla “S di Senna” al quarantesimo passaggio. Vettel intanto, dopo aver lasciato strada a Raikkonen che poi passa anche di Bottas, piomba quasi nell’anonimato, venendo presto ripreso dal redivivo Ricciardo: la lotta è da cardiopalma. Vettel prima riesce a resistere ma poi si deve arrendere, dopo una serie di reciproche sportellate, al giro 46.

Incredibilmente però, due giri prima, era successo, il “fattaccio”.

Il leader Verstappen deve doppiare Ocon, ampiamente fuori dalla zona punti. La manovra riesce ma il francese, nel tentativo di sdoppiarsi, prende la scia di Max che ha alzato leggermente il piede in frenata per risparmiare benzina e si butta all’esterno, affiancandolo all’ingresso della prima staccata.

L’olandese, forse non valutando al meglio la situazione, affronta la curva  con la classica traiettoria a fil di cordolo. Solo che, in questo caso, all’interno c’è la vettura di Ocon (poi penalizzato con uno stop and go di dieci secondi), che spostarsi proprio non può. E’ contatto.  Il primato passa così ad Hamilton

Verstappen, ripartito con il fondo visibilmente danneggiato, non riesce più a riprendere l’inglese, nei confronti del quale arriva mai oltre il secondo e mezzo di distacco. Si scoprirà poi che lo stesso alfiere della Mercedes aveva dovuto guidare in punta di dita per preservare il proprio motore, giunto ormai praticamente al collasso e non in grado di resistere se non per le ultime tornate di gara.

La situazione di un doppiato che fa fuori un pilota in testa ci riporta indietro con la mente: allungando la mano nel mare della storia di questo sport, raggiungiamo Senna a Monza nel 1988 che viene fatto fuori da Schlesser, Schumi con Coulthard a Spa nel 1998 ma anche Montoya che in Brasile nel 2001 si vede tamponato dal padre di Max, Jos Verstappen, dopo una erronea valutazione della frenata.

Le comunicazioni radio dell’alfiere Red Bull per nulla politicamente corrette e la mini rissa scatenatasi nel dopo gara, con la necessità di intervento di un uomo FIA volto a separare Ocon e Verstappen che essenzialmente l’aveva innescata, ci riportano ad una F1 di altri tempi. Verstappen tra l’altro, a causa di questo comportamento ritenuto “violento” , è stato poi punito a scontare due giorni di lavori socialmente utili nella FIA da scontare entro sei mesi.

Al di là di tutto, è sempre bene ricordare che in questa occasione stiamo parlando di due ragazzi, rispettivamente classe 1996 (Ocon) e 1997. Sembra quindi quasi comprensibile trovarsi di fronte a certi comportamenti. I due comunque dovrebbero aver chiarito a freddo dopo la gara.

La patina di ipocrisia che anche in questo caso viene spalmata è quanto mai grottesca. E’ vero che i tempi sono cambiati ma una buona memoria storica dovrebbe far riferimento ai veri Piquet (soprattutto la mega rissa con Salazar in Germania nel 1982, roba che oggi allora sarebbe da ergastolo), Senna ma anche Schumacher, per arrivare a Fisichella che al Nurburgring nel 2006 va a cercare Jacques Villeneuve, reo di averlo rallentato nel giro veloce e gli inveisce urlandogli contro “Bastardo!”.

Tornando all’asciutta cronaca, il finale di gara è caratterizzato dalla rimonta di Ricciardo che arriva vicinissimo a Raikkonen che però, non si scompone.

Vince dunque Hamilton, davanti a Verstappen e Raikkonen. Punti per un ottimo Roicciardo, Bottas, Vettel, Leclerc, Grosjean, Magnussen e Perez.

L’appuntamento si rinnova tra due settimane, per l’ultima gara stagionale, ad Abu Dhabi.

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Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

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