Formula 1. Evviva Raikkonen, il pilota anticonformista torna alla vittoria

I numeri con la loro fredda logica sanno essere spietati. Se si guarda alle cifre infatti, spesso si corre il rischio di soffocare la parte romantica, la parte più bella delle cose.

E’ così per Kimi Raikkonen. Dal suo ritorno in Ferrari del 2014 al 20 ottobre 2018 infatti, i gran premi all’attivo sono 96 e le vittorie sono zero. E’ vero che ci sono tanti podi e  due pole positions (Monaco 2017 e Monza 2018, per altro con la media oraria più veloce della storia ) ma quelle, se non trasformate in vittorie, per la  spietata logica di cui detto sopra, valgono nulla. Diventato in fretta il bersaglio preferito della stampa italica, criticato per la sua incostanza –invero non sempre irragionevolmente- il finlandese ha continuato per la sua strada. Personaggio genuino, carattere glaciale e distaccato al limite dell’egoismo e del menefreghismo più assoluto, Kimi ha saputo con il tempo ritagliarsi un posticino nel cuore di tanti appassionati, colmando, in alcuni casi, addirittura parte del vuoto lasciato in quel di Maranello da Kaiser Schumi.   Annunciata la sua sostituzione con il rampante Charles Leclerc  l’11 settembre scorso e contestualmente il ritorno in Sauber, dove chiuderà la carriera,  per i due anni venturi, la sensazione  era che questa storia dovesse avere un lieto fine, quantomeno per addolcire un matrimonio che in questo lustro ha visto tanti momenti amari, ingiusti se non quando terribilmente sfortunati.

Per giunta il Gran Premio degli Stati Uniti si corre il 21 ottobre 2018, ad undici anni esatti dall’unico titolo ottenuto da Raikkonen (sempre su una Ferrari), sulla pista di Interlagos in Brasile, dopo una stagione –la 2007- pazza, folle e per cuori forti.

La vigilia della gara è caratterizzata da un ennesimo momento controverso:  nelle FP2 di un venerdì bagnatissimo (prove libere primeggiate da Hamilton in 1’47″502 e 1’48″716, con Vettel primo in 1’33″797 al sabato sull’asciutto), Vettel non rallenta a sufficienza durante l’esposizione di una bandiera rossa, beccandosi una penalità di tre posizioni sulla griglia di partenza. La penalità è decisiva, dal momento che qualificatosi secondo, il tedesco dovrà partire quinto.

La pole, al solito, è appannaggio di Hamilton. L’inglese autore di un ultimo giro fantastico in 1’32″237 –anche questo ormai una  consuetudine- si mette così alle spalle Vettel (con il suo handicap), Raikkonen, Bottas e Ricciardo. Solo diciottesimo Verstappen, dopo un errore in Q1 che gli costa il braccetto di una sospensione e che lo costringe anche alla sostituzione del cambio. Dei primi, il n.7 è l’unico che si qualifica e che dunque parte con gli pneumatici UltraSoft, mentre gli altri davanti partono con SuperSoft.

Al via Raikkonen ha un guizzo eccellente, non teme la chiusura di Hamilton e si prende di forza la prima posizione. Per la prima volta dopo trentatré gare il finlandese conquista posizioni al primo giro. Dietro intanto, nella pancia del gruppo, si sprecano i contatti. Coinvolti tra gli altri Alonso, che deve ritirarsi dopo  un incidente con Stroll, e Leclerc. Verstappen intanto, partito con le gomme Soft –compound qui più duro-  dopo due giri è già nono. Del primo giro inoltre, è l’ennesimo fattaccio che coinvolge Vettel. Scattato con il coltello tra i denti, il tedesco attacca subito Ricciardo. Non riuscendo però a perfezionare la manovra, i due si ritrovano in duello e il n. 5, persa leggermente la macchina  nella curva 14, tocca l’alfiere Red Bull, si gira e si ritrova quattordicesimo. Stavolta l’errore, seppure evidente, sembra essere quasi meno grave, sapendo quasi di rassegnazione. Vettel comunque non si perde d’animo e piazza una rimonta incredibile, sugellata dal sorpasso su Bottas al giro 55 che gli consegna la quarta posizione finale, consentendogli di tenere ancora viva la flebilissima fiammella dell’iride (ad Hamilton basta un settimo posto nella prossima gara in Messico per esser campione ) . Raikkonen davanti, già al quinto giro comincia a lottare con le sue gomme che sembrano risentire le alte temperature. Al nono giro intanto Ricciardo è out, causa un guasto sulla sua vettura.  Istituito il regime di Virtual Safety Car, i piloti possono per qualche giro risparmiare i loro mezzi.

Al giro 12 rientra Hamilton. Per lui, pneumatici Soft. Sembra evidente fin dal suo ritorno in pista, che la tattica del n.44 sia improntata sulle due soste. Hamilton infatti comincia ad aggredire la pista, facendo segnare tempi velocissimi e ritrovandosi in scia a Raikkonen al giro 19, pur tuttavia non riuscendo mai a passarlo, se non quando al giro 22 Kimi ripara ai box per la sua unica fermata. Gomme Soft anche per lui. Al 24 si ferma Bottas, scavalcato dopo le rispettive soste da Verstappen che è su SuperSoft.  Tre giri dopo è il turno di Vettel. Intanto Raikkonen si assesta sui 15-16 secondi di distacco da Hamilton, impostando il proprio gran premio su una condotta molto regolare . Hamilton, invece, progressivamente inizia ad accusare problemi di blistering che ne limitano molto le prestazioni e deve fermarsi al giro 38 per la seconda sosta. Montate gomme soft nuove, l’inglese torna in pista dietro il finlandese e l’olandese che ha risalito la china alla grande. E’ questo il momento decisivo. Gli ultimi diciotto giri sono qualcosa di assolutamente incredibile: tirati, con tre piloti a giocarsi la vittoria e con un esito per nulla scontato. Perché se da una parte c’è un Hamilton in incredibile rimonta, dall’altra c’è un Verstappen che avendo saputo gestire delle gomme in teoria più fragili, diventa una scheggia impazzita in grado pure lui di impensierire seriamente Raikkonen. Già, Raikkonen. Freddo (un eufemismo) come non  mai, il finlandese, informato via radio della possibilità di essere ripreso e passato a tre giri dalla fine –non il miglior slogan motivazionale- gestisce benissimo gli pneumatici e resiste alla pressione di due degli avversari più arcigni della F1 moderna.

Profanamente, questa condotta sembra per certi versi ricordare la stregua difesa tenuta per 67 giri da Gilles Villenuve a Jarama nel 1981.   

Praticamente negli ultimi 6-7 giri i primi tre viaggiano in un fazzoletto di 2.5 secondi.  Al giro 54 Lewis rompe gli indugi e ci prova. Verstappen gli resiste. I due viaggiano fianco a fianco ma alla fine l’inglese deve arrendersi e desiste. C’è un campionato in gioco e anche gli azzardi vanno calcolati. Raikkonen può dunque respirare e godersi al massimo gli ultimi due giri. Chissà a cosa deve aver pensato Kimi. Forse alle 113 gare dall’ultima vittoria –Australia 2013, alla guida della Lotus- o forse ai 14 secondi posti e ai 16 terzi ottenuti da allora o magari a quel mondiale di undici anni prima. Forse a niente.

Fatto sta che dopo 56 giri tirati ed emozionantissimi che riconciliano anche il pubblico con questa F1, Kimi Raikkonen vince il Gran Premio degli Stati Uniti, ponendo fine a quell’immenso digiuno di 113 gare . Per il finlandese è anche  la decima vittoria con la Scuderia Ferrari, la prima da Belgio 2009.

Sul podio con lui uno straordinario Verstappen ed Hamilton. Punti per  Vettel, Bottas, Hulkemberg, Sainz, Perez. A punti anche Hartley ed Ericsson, dopo le squalifiche di Ocon e Magnussen per problemi di consumi.

Per un Raikkonen che torna alla vittoria, possono esserci solo tante lacrime di commozione e di gioia verso il pilota meno convenzionale del “Circus” che però, proprio per questo, è amato alla follia. Certo, parliamoci chiaro la statistica adesso dice una vittoria su novantasette e non cambia granché ma in fondo che importa. Fin quando in pista ci vanno cavalieri del rischio che corrono e che emozionano, insofferenti al resto dell’ambiente F1, l’emulazione verso questi beniamini non può che restare intatta e anzi crescere.

Prossimo appuntamento domenica ventura, sulla pista di Città del Messico dedicata ai Fratelli Rodriguez, dove Hamilton probabilmente conquisterà il quinto iride, entrando così nella storia.

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Lorenzo Proietti

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