58 giorni. Scotti si difende: decreto antimafia tra l’indifferenza del governo

foto-della-strage-di-capaci11 giugno 1992. Scotti si sfoga in un’intervista a Repubblica: «Ho letto con attenzione i giornali, riflettuto sui commenti. Mi aspettavo le critiche. Non sono nato ieri… (…) So come vanno le cose in questo Paese. Eppure – sarò sincero – leggere che il decreto approvato dal governo è una “legge sporca di sangue” è, potrei dire, un’ accusa volgare. Sono convinto che, per vincere la guerra contro la mafia, non occorrono polemiche, è necessaria comprensione e, soprattutto, dialogo. E’ per questo che, letti i giornali, ho voluto personalmente rendermi conto. Ho telefonato ai magistrati di Palermo, di Milano, di Napoli, all’Associazione magistrati e al Csm, al presidente dell’ Antimafia, Chiaromonte. Ho convocato qui per martedì i superprefetti. Penso di andare personalmente a Palermo. Ogni perplessità è legittima, ogni suggerimento addirittura doveroso. Ma dire che il decreto è “sporco di sangue”, ecco, è un’accusa che trovo soprattutto ingiusta. Che trovo preconcetta. Sì, spiego subito il perché. I provvedimenti che, con Martelli, abbiamo illustrato ieri non sono una novità, sono il completamento di una strategia inaugurata un anno e mezzo e fa, elaborata con un confronto di merito, definita momento dopo momento con il concerto del ministero di Grazia e Giustizia e con il contributo di tutti con coerenza, senza improvvisazioni e stravaganze. Una strategia che si era consolidata anche con le idee di Giovanni Falcone: legislazione sui pentiti, nascita della Direzione investigativa antimafia, della Direzione nazionale antimafia. Della Superprocura, insomma.(…)

Qui si fa finta di non capire che soltanto se l’ Italia dichiara credibilmente guerra alla mafia potremo chiedere ai partner europei controlli più rigidi sui canali di riciclaggio che è poi il vero nocciolo del problema. (…) Altri due (si riferisce a lui e Martelli, ndr), senza l’ appoggio di una maggioranza, con un governo dimissionario, nelle sabbie mobili che bloccano le istituzioni da quattro mesi a questa parte, se ne sarebbero lavati le mani. Avrebbero detto: che ci pensi il nuovo governo, qui c’è tutto da perdere, nessuno ti copre, si rischia solo di essere il bersaglio contro cui tutti sparano. Avrebbe dovuto vedere il clima di indifferenza quando il governo ha approvato il decretone. (…) Chiunque siederà qui al Viminale avrà bisogno innanzitutto della fiducia nello Stato per combattere la guerra contro la mafia».

Intanto, la Commissione esteri del Senato Usa, con una risoluzione votata all’unanimità, rende omaggio a Falcone ed alle altre vittime dell’agguato mafioso di Capaci.

12 giugno 1992. Una bordata al pacchetto antimafia arriva da Luciano Violante del Pds, che definisce solo all’apparenza contente azioni clamorose, ma nei fatti di poca sostanza. Paolo Borsellino incontra il collega Vittorio Aliquò, procuratore aggiunto di Palermo. Oltre che delle ferie, ricorda Aliquò, parlano degli imminenti interrogatori di un nuovo pentito: Leonardo Messina, che svelerà il piano di un golpe che coinvolgerebbe anche la massoneria deviata.

Giovanni Marinetti

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