LIbri. Marco Balzano racconta (con “Resto qui”) una parte oscura della Resistenza italiana

La copertina del romanzo di Marco Balzano

Premio Strega 2018, confluirebbe, per alcuni tratti, nella schiera dei romanzi italiani della Resistenza. Condivide con La casa in collina di Pavese o con Il partigiano Johnny di Fenoglio l’arco temporale, ‘43-‘45, il tema della fuga tra le montagne, il terrore delle rappresaglie dei tedeschi dopo l’8 settembre, ma non è contraddistinto dalla stessa dimensione epica. A differenza di Corrado o di Johnny, animati da una fede politica, Erich Hauser, il coprotagonista di Resto qui, l’eroe da strada, senza il supporto di alcuna ideologia, è ispirato da una coscienza civile e ambientalista, tutta contemporanea, che si riversa nella battaglia contro la costruzione della diga di Curon ad opera della Montecatini, che occupa l’ultima parte del racconto.

Dopo aver partecipato alla campagna di Albania, ferito e disilluso, diserta e fugge sulle montagne che sovrastano la Val Venosta, ove è ambientata la vicenda. Domina tra le righe un sentimento di precarietà enunciato in esergo dalla citazione montaliana “una storia non dura che nella cenere”, la storia, così traspare dalla lettura, “non è un’eredità…che può reggere all’urto dei monsoni” degli eventi ma solo nella persistenza della memoria e delle parole. La parola, infatti, per l’intellettuale Trina, l’io narrante, è un imperativo che ordina il mondo: “credevo mi potessero salvare, le parole(6); all’opposto, per Ma’, con la sua logica anguillare (riecco Montale!), solo l’azione garantisce la sopravvivenza al dolore”.

Il romanzo ruota intorno ai due poli centripeti della letteratura universale: la Storia e l’individuo. La valanga degli accadimenti, l’avvento del fascismo, l’italianizzazione del Sud Tirolo, la follia della Seconda guerra mondiale, l’ignavia dei governi postbellici che, in nome del progresso, consentono l’inutile disastro ambientale della diga di Curon, sommergendo secoli di civiltà contadina, costituisce l’ossatura su cui si innesta, come afferma lo stesso scrittore, “una storia più intima e personale “(179). Trina e Erich, due attanti della sorte, derubati di una figlia che preferisce inseguire i falsi idoli della palingenesi nazista, vivono, senza smaltirla, la sofferenza della perdita. La struttura del testo è concepita come una lettera alla ragazza scomparsa.

Il libro spalanca una finestra su una “pagina dolorosa e controversa della storia italiana” con cui è necessario fare i conti. Il progetto della cessione del Sud Tirolo fu, nel ‘Trattato di Londra’, il pegno col quale Francia e Inghilterra ottennero l’entrata del nostro Paese nella Grande guerra. La popolazione, di lingua tedesca, mai integrata, trasformò il malcontento in odio, quando, dal ‘23, Mussolini impose una capillare fascistizzazione: molti locali dovettero mollare l’impiego in favore degli italiani… Numerosi altoatesini, affascinati dal mito dell’uomo nuovo nazista, sognarono un Anschluss al III Reich per liberarsi dal fascismo. È la “grande opzione”: la popolazione si divise in optanti, quanti preferirono trasferirsi in Germania, e restanti, quelli che scelsero di resistere, nonostante tutto. Erich e Trina restano per sempre legati alle pietre dei masi e ai pascoli della terra avita.

* Resto qui di Marco Balzano (Einaudi)

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Cecilia Pignataro

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