StorieDiCalcio. Dalle imprese di Metsu alla sfortuna di Cissè: la bellezza del Senegal mondiale

Alioù Cissè ha disputato una buona carriera tra Francia ed Inghilterra con Psg e Portsmouth tra le altre, ma l’esperienza che lo ha fatto balzare agli onori delle cronache è certamente lo strepitoso mondiale disputato nel 2002 col Senegal. Dopo quell’esperienza non ha avuto picchi notevoli, infatti il destino non è stato clemente con lui: pochi mesi dopo la sua famiglia venne spazzata via dal naufragio del traghetto “Jooja”.

Di quella squadra è stato capitano e punto di riferimento difensivo della squadra guidata dal francese Bruno Metsu, un rivoluzionario dagli azzurri e dalla chioma fluente e riccia. L’allenatore si integra perfettamente, entrando talmente in sintonia con i propri giocatori, tanto da eliminare ogni forma di restrizione, lasciando tutto al buonsenso dei calciatori, e con l’ambiente tanto da sposarsi con una donna del posto e convertirsi all’Islam. Dopo aver disputato una strepitosa Coppa D’Africa, trascinata dalle magie di El Hadji dai gol di Pape Diop, Diao e Souleymane Camara giunta sino ad una storica finale (persa ai rigori contro il Camerun), Metsu riesce nel miracolo di regalare al Senegal la sua prima vetrina Mondiale.

Dal punto di vista tattico il francese fa della fase difensiva il punto di forza della squadra africana, con Coly, Malik Diop, Diatta nei 4 di difesa e Cissè, accompagnato a volte da Ndiaye, come mediano con compiti difensivi , pronto ad arginare gli attacchi avversari e a trascinare la squadra con il suo senso tattico e la sua grinta, che già prospettavano per lui un futuro da allenatore. Il modulo variava dal 4-2-3-1, al 4-4-2, passando per il 4-1-4-1 con Papa Bouba Diop, centrocampista col fiuto del gol e Diao come mezz’ali, centrocampista dotato di grandi qualità  e protagonista dell’azione più bella del Mondiale: tackle di Coly, tacco di El Hadji Diouf per Diao che verticalizza per Diao, che, dopo una corsa di 50m, si inserisce perfettamente e infila Schmeichel. Un capolavoro tecnico che condensa tutte le qualità di questa squadra mettendo in luce la fase difensiva, la fantasia, la fisicità e la spensieratezza. Dal centrocampo in giù la squadra è libera di inventare grazie alla tecnica dell’irresistibile numero 10 Fadiga, al senso del gol di Henri Camara e all’estro alla tecnica di El Hadji Diouf, pallone d’Oro africano e perfetta sintesi di genio e sregolatezza, per via di alcune uscite a vuoto a livello personale e mediatico. Di fronte alle TV infatti è senza peli sulla lingua, come quella volta, in quell’estate mondiale, in cui non le mandò a dire a Patrick Vieira accusato di tradimento per aver scelto la Nazionale francese, rinnegando la propria patria.

Alla fine il Senegal consuma la propria vendetta contro i vecchi padroni francesi e i cosiddetti “traditori dell’Africa” (giocatori di origine africana in blue), grazie ad una prestazione perfetta. I francesi, controllati abilmente dalla retroguardia del Senegal e dalle parate di Sylva, hanno concesso molto ai contropiedi senegalesi, che ne hanno approfittato. Al ’30 del primo tempo, arriva il vantaggio senegalese: ripartenza in velocità di El Hadji Diouf, che se su un piatto d’argento il gol a Pape Diop, che al secondo tentativo infila Barthez.

Questa partita è il trampolino di lancio per la squadra capitanata da Cissè, che, dopo aver acquisito il sostegno di tutta l’Africa e non solo… decolla, inanellando due pareggi preziosi contro Danimarca per 1-1 e Uruguay di Recoba e Forlàn, in un pirotecnico 3-3: un vero e proprio saliscendi di emozioni per il Senegal. Una squadra prima sopra tre a zero (con le reti di Fadiga, su rigore procurato da una discesa del solito Diouf, e la doppietta di Pape bouba Diop) e poi ad un passo dalla sconfitta, prima del liberatorio fischio finale che sancisce uno storico passaggio del turno. In un girone che vede capovolte le gerarchie del pallone mondiale: con la Francia, campioni in carica ed emblema del colonialismo africano ultima, il blasonato Uruguay penultimo e Danimarca e Senegal, rispettivamente prima e seconda. Agli ottavi di finale è una doppietta di Henri Camara, che prima con un diagonale perfetto trova il pareggio e poi realizza il gol-qualificazione a tu per tu con il n.1 svedese, ergendosi ad eroe nazionale. A fine partita parte la festa senegalese si scatena sul campo tra leggendari balletti e in patria, dove migliaia e migliaia di persone si riversano nella capitale di Dakar. Ad interrompere i sogni di gloria dei senegalesi è un gol al 94’ del neoentrato Manziz, ma questo non basta a stroncare l’entusiasmo del popolo senegalese per un primo Mondiale da sogno.

L’eredità di Metsu

A distanza di 16 anni il carismatico capitan Cissè ha seguito la sua vocazione naturale prendendo i galloni di mister del Senegal e trascinandolo, dopo essersi frmato ai quarti della coppa d’Africa sempre contro il “maledetto” Camerun, ad una seconda storica esperienza mondiale, valorizzando così un patrimonio di talento, che ricorda quello del 2002. Nel frattempo è cambiato anche il look del senegalese con le treccine, che simboleggiano la filosofia di vita della sua gente: l’allegria, la spensieratezza, a cui si è aggiunta la saggezza e l’esperienza maturata in questi primi tre anni da mister.

Dal punto di vista tattico ha ereditato dal maestro Bruno Metsu, scomparso quattro anni fa e dalle sue esperienze europee, un’attenzione per il reparto difensivo e la stabilità dell’impianto, garantita  da una difesa solida: formata dal colosso Kalidou Koulibaly, da Salif Sanè e dai laterali Sabaly e dal ventenne Waguè (africano più giovanea segnare nella competizione), oltreché dallo strapotere fisico di centrocampisti Ndyaie e Gueye, un vero e proprio gladiatore. Dal centrocampo in giù però è valsa la regola fondamentale: privilegiare lo spettacolo, lasciare spazio alla fantasia, alla magia.

Le speranze della squadra senegalese si concentravano Manè, vera e propria stella della spedizione in Russia, che vantava rispetto all’illustre predecessore El Hadji Diouf, oltre a qualche anno in più di esperienza, anche un titolo di vicecampione d’Europa, pur non avendo ancora ottenuto il Pallone d’Oro Africano, vinto dal compagno di Liverpool Salah, autore di una stagione da numero uno ma già fuori dai Mondiali. Sulla fascia destra del centrocampo si è scatenato Ismaila Sarr, un ragazzo dal grande talento. Mentre è rimasto un mistero il mancato impiego di una risorsa importantissima come il laterale del Monaco Keita Baldè, che con le sue qualità tecniche indiscusse avrebbe rappresentato un pericolo pubblico per le difese avversarie.

Dopo aver vinto disputato due ottime partite contro Polonia e Giappone, ottenendo una sorprendente vittoria griffata Niang e aver subito la rimonta del Giappone dopo i gol illusori di Manè e Waguè, ai Tre Leoni, in una situazione di parità assoluta con i nipponici, bastava un pareggio contro la Colombia per passare il turno. Inoltre da Polonia-Giappone, arrivavano ottime notizie, con la Polonia avanti 1-0: in questo momento Senegal e Colombia, sono entrambe già qualificate. Come un fulmine a ciel sereno arriva a ’16 dalla fine il gol del talentuoso centrale Yerry Mina, a sprofondare nello sconforto i tifosi senegalesi, che hanno visto sfuggire il sogno di replicare la strepitosa cavalcata del 2002 e di tenere alto il nome dell’Africa, in quanto unica rappresentante rimasta in gioco.

A condannare la squadra di Cissè sono stati i due cartellini gialli rimediati in questo torneo. Sì avete capito bene, infatti in caso di parità per punteggio, scontri diretti, differenza et, a finire sotto la lente di ingrandimento è stato il comportamento dei giocatori in campo. Tale graduatoria ha premiato il Giappone, esente da ogni tipo di provvedimento disciplinare. Ma che di certo nella giornata odierna non ha brillato per fair play, mettendo in campo, conosciuto il vantaggio della Colombia, una melina vergognosa. Al contrario il ct senegalese ha espresso dichiarazioni all’insegna del fair play:”Sono molto orgoglioso della mia squadra, sono orgoglioso del loro lavoro. Ma il Senegal non si è qualificato perché non l’ha meritato. È la vita. Quella del coefficiente fair play è una della norme, e queste norme fanno parte del regolamento del torneo, pertanto dobbiamo rispettarle. Avremmo preferito essere eliminati in un altro modo ma è così che funziona e sapevamo che le regole erano queste”.

Insomma il Senegal, squadra talentuosa ma allo stesso tempo caparbia e coraggiosa, non meritava un’eliminazione così beffarda e, una volta agli ottavi, avrebbe sicuramente tenuto alto il nome del continente nero. Per quanto visto in campo, comunque Bruno Metsu, sarà stato orgoglioso del suo capitano ed erede Cissè e della squadra. Una formazione, quella dei Leoni, che ha tutte le carte in regola per tornare protagonista nella prossima rassegna iridata del 2022, in virtù di una riprovata solidità difensiva e buone individualità, oltre ad un’età media di appena 24 anni che permetterà alla squadra di arrivare in Qatar nel pieno della maturazione calcistica.

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Giacomo Bonetti

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