Qualche giorno fa scrivevamo di “Roma e non solo Roma”: la sconfitta ha assunto con il passare delle ore la dimensione del “cappotto”. Tutti i ballottaggi sono stati persi dai candidati del centrodestra, da Treviso a Barletta. Si è squagliato il Pdl, si è dissolta la Lega anche in roccaforti come quelle venete e non è risultato decisivo l’entusiasmo dei Fratelli d’Italia. Una riflessione su dati e percentuali è indispensabile per non veder franare le amministrazioni dove ancora ci sono questi partiti al governo.
L’autocritica è una opzione indispensabile, ma va svolta senza omissioni, insomma nessuno dei protagonisti è senza peccato: possibile che senza Berlusconi il centrodestra si dissolva? E quanto è addebitabile allo stesso Berlusconi dell’incapacità della classe dirigente sui territori? Alla prova dei fatti, i ras locali che sono cresciuti con il mantra “tanto Silvio c’è” sono stati bastonati dal responso delle urne. Selezionare buoni dirigenti è una delle qualità dei grandi leader: mai come adesso è utile ricordare questo vecchio adagio.
Allora bisogna ritornare a indicare la ragione sociale di una alleanza, le coordinate, i programmi condivisi, i metodi di partecipazione alla vita dei partiti. Le amministrazioni dove ci sono sindaci di valore devono diventare modelli da esportare, vetrine per i migliori talenti della coalizione.
E soprattutto bisogna declinare la parola rinnovamento convincendo i responsabili dello sfascio a fare un passo indietro. Del resto, con un richiamo alle leggi del calcio, quando si perdono le partite, c’è un’unica soluzione: esonerare l’allenatore responsabile. Legge che vale per il calcio come per la politica.
@barbadilloit