Libri. “Da Evola a Mao. La destra radicale dal neofascismo ai nazimaoisti”: una storia da leggere

I fascisti in prima linea negli scontri di Valle Giulia
I fascisti in prima linea negli scontri di Valle Giulia

Negli ultimi anni abbiamo assistito al proliferare di studi dedicati alla storia della Destra italiana e dell’MSI. Va segnalato, in tale contesto storiografico, un libro che coniuga lo studio della metamorfosi culturale, politica, esistenziale, delle diverse anime del MSI e della destra radicale, con la discussione di quanto avvenne nell’anno mirabile, il mitizzato Sessantotto, di cui quest’anno ricorre il cinquantennale. Ci riferiamo al volume dello storico Alfredo Villano, Da Evola a Mao. La destra radicale dal  neofascismo ai “nazimaoisti”,  uscito per Luni editrice (euro 25,00).

     Si tratta di un lavoro ponderato, analitico e organico, attento ai risvolti culturali che hanno segnato in profondità le divisioni tra le fazioni ideologiche del MSI e dei gruppi extraparlamentari. L’autore muove dall’analisi delle contraddizioni che animarono, sin dagli esordi, la storia del partito che egemonizzò l’area politica dei ‘vinti’. In particolare descrive, utilizzando ampia e ricca documentazione, i contrasti che sorsero, nelle diverse occasioni congressuali, tra gli ‘entristi’, conservatori e filo atlantici, il cui paladino fu Arturo Michelini e la sinistra di Ernesto Massi e di Giorgio Pini, legata al repubblicanesimo sociale e ai valori corporativi. Il narrato giunge a presentare le “attenzioni comuniste” nei confronti della componente guidata da Stanis Ruinas e dal suo “Il Pensiero Nazionale”, organo finanziato dallo stesso PCI. Si ricorda, inoltre, come, per ragioni ideali diverse, al moderatismo della Segreteria del Msi, durante i primi anni Cinquanta, si oppose la componente detta de “I figli del Sole”, ispirata dalle idee di Julius Evola “una estrema destra iperspiritualista, gerarchia ed antimoderna[…] che inserì nel dibattito interno della Fiamma nuove suggestioni e spunti culturali” (p. 94).

     Questo gruppo fu animato da personaggi di grande spessore, tra gli altri Fausto Gianfranceschi, Enzo Erra, Pino Rauti e Primo Siena, le penne più in vista delle riviste giovanili, da La Sfida ad Imperium, dalle quali Evola svolse il proprio magistero nei confronti della generazione che “non fece in tempo a perdere la guerra”. Il riferimento al fascismo, tra “i figli del Sole”, era sfumato e critico: i valori per i quali essi si battevano erano eterni, fondativi della civiltà millenaria dell’Europa. Sarebbe stato necessario, un periodo di formazione spirituale e culturale, prima di intraprendere la battaglia politica vera e propria, al centro della quale avrebbe dovuto collocarsi un individuo eticamente centrato, che nulla aveva da spartire con le lusinghe utilitariste della contemporaneità. L’idea di Stato del gruppo evoliano era organicista, imperiale, il loro modello era assai prossimo a quello teorizzato da Spann.  Questi giovani si allearono, in occasione del congresso di Milano del 1956, con la componente di sinistra, al solo fine di impedire il definitivo accreditamento del Msi nel sistema liberal-democratico. Il fallimento di tale tentativo, portò alla scissione di “Ordine Nuovo”, dapprima costituitosi come Centro Studi, e successivamente divenuto movimento politico, le cui vicende sono minutamente ricostruite da Villano.

    La parte più importante ed originale del testo è dedicata al fascino esercitato dal progetto presidenzialista di Randolfo Pacciardi sugli ambienti giovanili del MSI, in particolare su quelli che    avevano partecipato attivamente all’esperienza di “Giovane Europa” del belga Jean Thiriart. Giovani come Sbardella (che successivamente passerà alla DC), Dantini (che sarà attivo in Lotta di Popolo) e un intellettuale del calibro di Giano Accame, apprezzarono del messaggio pacciardiano la polemica antipartitocratica, l’intenzione di liberarsi delle vecchie contrapposizioni politiche ed il progetto innovatore, a confronto della sterilità politica del MSI. Pacciardi restituiva ai giovani nazionali “la possibilità[…]di diventare protagonisti di un cambiamento costituzionale” (p. 182).  Contemporaneamente al movimento dell’ex Ministro della Difesa, sorse il “Movimento per la Seconda Repubblica” di Pisanò, mentre suggestioni gaulliste serpeggiavano sulla rivista “L’Orologio” di Lucci Chiarissi. Le tesi di Pacciardi vennero condannate, in quanto semplicemente riformiste, dal Centro politico Ordine Umano di De Sario. Duecento giovani provenienti dagli ambienti missini, agirono prevalentemente nell’organizzazione universitaria pacciardiana “Primula Goliardica”. Ciò avvenne con la scissione della Caravella Indipendente, nel febbraio 1964.

    “Primula Goliardica” fu particolarmente intraprendente in occasione delle consultazioni universitarie dell’aprile del 1966, tanto che alcuni dei suoi aderenti furono considerati “tra i principali responsabili delle tensioni che portarono, il 27aprile 1966,[…] alla tragica morte dello studente di architettura Paolo Rossi” (p. 203).  I giovani di “Primula” accusarono i loro avversari di brogli. In Parlamento, Pacciardi sostenne la legittimità delle agitazioni messe in atto dai suoi, e rilevò come gli studenti missini avessero scelto l’altra parte della barricata, assieme a chi “consumava o non impediva le truffe” (p. 211). Giunse il maggio del Sessantotto: le elezioni decretarono il fallimento elettorale di Pacciardi, la protesta divampò a Valle Giulia, sulle cui scalinate protestarono insieme giovani di destra e di sinistra. Molti aderenti della “Primula”,  fondarono il Movimento studentesco di Giurisprudenza a “La Sapienza”, incubatore dell’Organizzazione Lotta di Popolo, che sorse nel maggio 1969. Tra i fondatori: Dantini, Papitto, Roch e Gaudenzi che puntarono a “collocarsi a cavallo tra il radicalismo di destra e di sinistra” (p. 225). Essi si posero quali difensori del terzomondismo, individuarono nel ‘popolo in lotta’ il soggetto rivoluzionario, esaltarono le battaglie per l’indipendenza nazionale di irlandesi e palestinesi. Colsero nel maoismo una sintesi di comunismo e nazionalismo, capace di far esplodere la logica dei blocchi.

   Evola commentò “Comunismo più nazionalismo[…]l’esatto opposto della concezione superiore, articolata e aristocratica della nazione” (p. 282). Più caustico fu, rispetto ai nazimaoisti, Adriano Romualdi “signorini che cercavano di tenersi alla moda” (p. 275). I due furono tacciati di filo-atlantismo e di atteggiamenti rinunciatari. Lotta di Popolo cercò un avvicinamento al regime di Gheddafi, quale esempio di socialismo nazionale anticolonialista. Tra i militanti di questo movimento va segnalato Leucio Miele, che fu capace di coniugare “Evola con il vitalismo, di ottenere un successo popolare notevole” a Matera. Nonostante ciò,  Lotta di Popolo non solo non riuscì a coinvolgere fasce significative dell’opposizione al sistema nel proprio progetto, ma operando tra il 1969 ed il 1973, nel pieno degli anni di piombo, venne demonizzata quale espressione di collateralismo filo terroristico. I suoi esponenti cercarono di rimarcare la differenza ideale rispetto al gruppo neofascista padovano, ma con scarso successo. Villano considera anche Lotta di Popolo una variabile del mondo neofascista, non un gruppo che riuscì a superare le categorie politiche caratterizzanti quel progetto.

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Giovanni Sessa

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