Focus (di G.Marocco). Il filosofo Severino e la crisi della Politica

Emanuele Severino, filosofo
Emanuele Severino, filosofo

Emanuele Severino il 26 febbraio ha compiuto 89 anni.  Nato a Brescia nel 1929, figlio di un militare di carriera siciliano e di una bresciana di Bovegno, in alta Val Trompia. Considerato uno dei massimi filosofi contemporanei,  il suo pensiero è stato anche definito ‘neo-parmenidismo’. Laureatosi all’Ateneo di Pavia nel 1950, discutendo una tesi su Heidegger e la metafisica, nel ’51 Severino ottiene la libera docenza in filosofia teoretica. Dal 1954 al 1969 insegna filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Entra in un duro  conflitto con la dottrina ufficiale della Chiesa, che proclama ufficialmente nel 1969 l’insanabile opposizione tra il pensiero di Severino ed il  Cattolicesimo. Il filosofo ha poi insegnato per molti anni all’Università di Ca’ Foscari di Venezia.

Severino ha spesso preso le distanze sia dal capitalismo sia dal comunismo, fonti dell’heideggeriana “vita inautentica”, in quanto espressioni di “dominio della tecnica” (come  il fascismo), ma anche la sinistra, in quanto “non più socialdemocrazia”. Il suo punto di vista sul passato e sull’avvenire dell’Italia:

“Le spiegazioni della crisi del nostro tempo rimangono molto in superficie anche quando vogliono andare in profondità. Il fenomeno di fondo, che non viene adeguatamente affrontato, è l’abbandono, nel mondo, dei valori della tradizione occidentale; e questo mentre le forme della modernità dell’Occidente si sono affermate dovunque. Un abbandono che si porta via ogni forma di assoluto – e innanzitutto Dio. Muore ogni forma di assolutezza e di assolutismo, dunque anche quella forma di assoluto che è lo Stato moderno, che detiene – dice Weber – “il monopolio legittimo della violenza”. Questo grande turbine che si porta via tutte le forme della tradizione è guidato dalla tecnica moderna – ed è irresistibile nella misura in cui ascolta la voce che proviene dal sottosuolo del pensiero filosofico del nostro tempo. Il turbine travolge anche le strutture statuali. Investe innanzitutto le forme più deboli di Stato.  La trasformazione epocale di cui parlo non è indolore: il vecchio ordine non intende morire, ma è sempre più incapace di funzionare, soprattutto in Paesi come l’Italia. E il nuovo ordine non ha ancora preso le redini. È la fase più pericolosa (non solo per l’Italia)”. 

 Severino ha sovente criticato, assieme all’”l’assolutismo cattolico e comunista”, la Magistratura, tacciata  di “ingenuità”, poiché processando una classe politica ha rivelato la contiguità anche con la criminalità organizzata,  causando notevoli problemi di credibilità.

“L’Italia è uno Stato acerbo. Ha 150 anni su per giù. Ma soprattutto ha alle proprie spalle una storia di frazionamento politico-economico-sociale, dove si sono imposte forze che hanno avuto nel mondo un peso ben maggiore di quello dell’Italia unita”

Nel 2017 Emanuele Severino ha pubblicato “Il tramonto della politica” per i tipi di Rizzoli, riprendendo e sviluppando il tema del rapporto tra politica, tecnica e filosofia. “La politica tramonta perché, quando non si rassegna alla propria dipendenza dal capitalismo, si illude di poter guidare il capitalismo, ossia ciò che è destinato al tramonto.”

Nel mondo del Ventunesimo secolo, secondo Severino,  sono esplose le tensioni forse tra le più laceranti della storia: il contrasto tra la globalizzazione, e la crisi economica che ne è conseguita, e le istanze locali delle forze del passato; le migrazioni delle masse di diseredati che premono alle porte dell’ancor  ricco Occidente; lo scontro tra le forme della cultura e la tradizione occidentale, ed il terrorismo di matrice mediorientale.

A questi problemi la politica odierna non è in grado di offrire soluzioni efficaci: non sul piano internazionale, dove ogni forma di cooperazione tra Stati viene messa in seria discussione, né all’interno dei singoli Paesi, dove ha ceduto all’economia la gestione della società, limitandosi a garantire il funzionamento del mercato. In questo processo il capitalismo, per trionfare sui propri nemici, dopo aver emarginato la politica, deve sfruttare a fondo le potenzialità della tecnica, la quale è divenuta sempre più forte e ora da serva si sta trasformando in padrona, svuotando il capitalismo del suo scopo e conducendolo, quindi, alla morte.

Quello che oggi ci pare uno scontro epocale tra valori è in realtà, secondo  Severino, soltanto l’espressione di una battaglia di retroguardia, tra le diverse “verità” che intendono piegare il mondo alla loro visione, ma che in realtà sono tutte destinate a essere sconfitte dall’avvento della tecnica, che potrà compiersi pienamente solo quando quest’ultima potrà godere del sostegno della filosofia e raggiungere il proprio scopo: realizzare tutto quanto è possibile.

Interessante analisi e chiave di lettura su di un tema di grande attualità, specialmente alla vigilia del 4 marzo, considerando la crescente crisi di credibilità della politica (e pure dell’antipolitica) tradizionale.

@barbadilloit

Gianni Marocco

Gianni Marocco su Barbadillo.it

Exit mobile version