Difesa della sovranità popolare e lotta al mondialismo: Marine Le Pen oltre la destra e la sinistra

Il successo di Marine Le Pen in Francia non solo ha fintamente stupito tanti osservatori e risvegliato la vis ‘politologica’ dell’appannato scrittore Roberto Saviano, ma sta mostrando l’arretratezza delle categorie con cui i notisti italiani analizzano gli scenari internazionali.

Il Front National, premiato dal voto di un elettore francese su cinque, non può essere inquadrato come un Msi in salsa francese (pur avendone mutuato il simbolo della fiaccola) o minimizzato come un movimento xenofobo e populista (elementi in parte presenti nei temi della sua propaganda, insieme a venature strettamente legate al nazionalismo transalpino).

Il carattere predominante di questo “uragano” elettorale, come lo ha definito “Repubblica”, è la trasversalità dei consensi – post-ideologici – per una proposta lanciata in nome della difesa delle prerogative della nazione in antitesi ai dogmi, questi sì davvero ideologici, che hanno informato la politica europea con freddi parametri di sviluppo che, declinati nella realtà, hanno allargato la fascia di non garantiti e indigenti. Questo largo settore popolare sofferente non vota secondo schemi novecenteschi, ma esprime un dissenso rispetto alle coordinate mondialiste, alle vuote parole d’ordine che hanno depauperato la dignità di francesi, tedeschi, italiani e greci…

E’ un errore focalizzare l’attenzione solo sui messaggi di Marine Le Pen riguardanti immigrazione e islam. La sua opzione è più articolata, il suo programma è così ricco al punto da attirare l’interesse di intellettuali italiani controcorrente come lo storico di sinistra Costanzo Preve che ha scritto al riguardo: “Sarkozy, o meglio il trio Sarkozy-Juppè-Bayrou, sono per la Francia e l’Europa il male maggiore, Draghi e Monti in salsa francese, più “nuovi filosofi”, “polizia del pensiero” ed interventismo di guerra”. E dal libro della leader del Front National – Pour que vive la France, Grancher, Paris, 2012 – emergono elementi che superano la dicotomia destra-sinistra: “E passiamo ora al libro della Le Pen. Mi si dirà – prosegue Costanzo Preve – che è un libro propagandistico, fatto per ingannare i creduloni “di sinistra” come me. Ma io non faccio parte della polizia del pensiero, ed ho già largamente pagato i miei prezzi al gossip malevolo. Io leggo libri, mi devo fidare di quello che leggo, e raramente ho avuto modo di trovarmi tanto d’accordo con un testo politico-teorico. Marine Le Pen (p. 135) afferma apertamente il deperimento attuale della dicotomia Destra/Sinistra. Se lo fa, questo significa che cerca voti a destra, al centro e a sinistra. Bene, è esattamente quello che da 15 anni aspetto da un politico. Perché ora che arriva dovrei sospettare l’inganno?  Essa critica la guerra dell’Iraq (p.37). Sostiene che la bolla speculativa immobiliare è stata una strategia voluta (p. 36). Sostiene con Polanyi che il mercato è più utopico del piano (p.26). Sostiene con Maurice Allais che il liberalismo ha un codice “stalinista” e che il mondialismo è un’alleanza fra consumismo e materialismo (p. 49). Sostiene con Todd che c’è incompatibilità fra libero scambio e democrazia (p.50). Sostiene che se c’è qualcosa di “fascista”, questo qualcosa è l’euro (pp. 54-61), affermazione certamente un po’ hard, ma meglio esagerare che sottovalutare. Le è perfettamente chiara la natura abbietta dell’interventismo umanitario di Kouchner (p. 127). Si rifà positivamente a Lipovetsky, a Michéa ed a Bourdieu, e cita positivamente sia De Gaulle che lo stesso comunista Marchais. Ma soprattutto ci sono due punti importanti. In primo luogo, a differenza dei soliti politicanti ignoranti, la Le Pen traccia una vera genealogia teorica del capitalismo liberista, dai fisiocratici a Smith. In secondo luogo, non lascia dubbi sul fatto che la mondializzazione è cattiva in sé, è un orizzonte di rinuncia (p. 19), il modello americano è al cuore del progetto mondialista (p. 34), il debito pubblico è un buon affare mondialista (p. 72), l’organizzazione europea di Bruxelles è l’avanguardia europea del mondialismo (p. 74), e che infine l’immigrazione incontrollata è parte di un’offensiva economica e culturale del mondialismo (p. 80). Questa ultima affermazione è particolarmente sgradevole per le anime pie politicamente corrette di sinistra, perché identificata con il razzismo ed il populismo. Bisogna però sapere se essa è fondata o infondata, ed io la considero parzialmente fondata. La Le Pen afferma anche che il sarkozysmo è lo stadio supremo del mondialismo (p. 151), che la nazione non deve essere demonizzata (p. 103), che la scuola e la cultura classica devono essere difese (p. 111 e p. 235), che il popolo è diventato “indesiderabile” e viene sempre accusato di “populismo”, termine vuoto e per questo sorvegliato dalla polizia del pensiero (p. 128)”.

Questi argomenti non sono stati affrontati né vagliati da notisti politici di sinistra e di destra (o provenienti da destra) semplicemente perché c’è una abitudine poco scientifica di commentare senza leggere i documenti o i testi programmatici dei partiti.

Nei prossimi giorni assisteremo ad un teatrino tutto francese di ammiccamenti all’elettorato del Front National, decisivo per scegliere il prossimo inquilino dell’Eliseo. Resta per il nodo culturale di un risultato che spiazza e che non merita di essere ridotto a slogan di un risorgente fascismo in salsa francese: la critica del mondialismo e della destrutturazione dello stato sociale in nome di assurdi parametri europei ha trovato casa in Francia nel Front National. La querelle è legata ai diritti dei popoli, al rapporto tra popolo e governanti che non può essere drogato da storture sovranazionali.

In Italia di questi argomenti ne scriveva nel 1999 un politico scomparso prematuramente, Marzio Tremaglia, studioso raffinato dell’antiglobalismo, che non era assolutamente incasellabile nello stereotipo xenofobo che tanto piace ai luogocomunisti italiani. Ecco, da qui, rifuggendo le demonizzazioni, è possibile ripartire per disegnare il perimetro culturale e politico di un movimento sovranista – che abbia ambizioni di governo -, in prima linea in un percorso aperto di evoluzione – lontano da ogni tentazione isolazionista e con una mano tesa ai popoli dell’altra sponda del Mediterraneo – della cultura europea legata alla civiltà dello stato sociale. 

Zinedine Zidane

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