Motociclismo. Vita e opere di Casey Stoner, imprendibile canguro su due ruote

stoner 2

How can a man with so many friends feel so alone? 

Titolo di una canzone degli Eagles of Death Metal

La solitudine, l’abbiamo visto, è una costante nel mondo dello sport. Non di rado tanti grandi campioni, incapaci di non essere se’ stessi e di opporre sempre qualcosa  al sistema, si trovano  in quello che, più che un sentimento è un vero e proprio stato mentale. La storia poi, frequentemente, anziché lodarli ed ammirarli per come sono, ce ne restituisce un immagine sfocata, affibbiando troppo spesso loro il titolo di perdente o, peggio ancora, di miserevoli. Perché, secondo molti,  il voler cambiare un sistema di cui si è parte integrante, nonostante questo tra sponsor e stipendi ti copra di quattrini, è da ingenui, addirittura da stupidi. Cosa hai da fare il rivoluzionario quando, tra ingaggio ed endorsements, ricevi oltre dieci milioni di dollari a stagione e guidi le migliori moto del mondo (si, perché la nostra storia odierna parla di motociclismo)? E invece, personaggi così, sempre controcorrente, andrebbero solamente idolatrati.

Prologo

L a nostra storia comincia dalla fine: 11 novembre 2012, Circuito di Ricardo Tormo a Valencia. Con il Gran Premio della Comunità Valenciana, vinto da Pedrosa dopo una pazza gara segnata dalle precipitazioni, si chiude il Mondiale 2012 (già vinto da Jorge Lorenzo). Nel paddock però, c’è anche chi è ai saluti: dopo il terzo posto nel gran premio appena terminato e bissato nella classifica generale, si ritira Casey Stoner. Ma come, ha solo 27 anni, corre con la Honda HRC ufficiali ed è campione MotoGP per  le stagioni 2007 e 2011. Il vero scalpore però, Stoner l’aveva destato il 17 maggio 2012, nella conferenza stampa pre Gran Premio di Francia, della quale l’11 novembre è solo la conseguenza. In quella storica conferenza infatti, l’australiano annuncia il ritiro, perché demotivato e non più così appassionato. Mancanza di stimoli insomma; e invece no. L’australiano, a mezzo stampa, si scaglia contro la dirigenza del Motomondiale, rea tra le altre cose, di aver completamente privilegiato il business, sacrificando in nome dei quattrini tutto l’amore degli appassionati.  Il mondo delle due ruote ma anche delle quattro, è sconvolto. Le critiche più feroci, comunque,  vengono rivolte al “padrone” , a quel Carmelo Ezpeleta che è Ceo della Dorna, la società che gestisce  il Motomondiale e anche la Superbike. In particolare al “canguro” non va giù, l’uso sempre più massiccia dell’elettronica che, a suo dire, renderebbe meno gustosa la sfida e meno “estrema” la guida, livellando fin troppo le prestazioni.  Perché una curva da 280 km/h fatta con o senza controllo di trazione, una centralina elettronica che taglia la potenza ed evita che la moto scodi troppo disarcionandoti, è una bella differenza.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=Yw24pY6ScNA[/youtube]

 

Il contesto

Partiamo dal 2002 (Stoner è ancora  in 125). Il 2002 infatti, è un anno fondamentale per la Classe Regina delle due ruote; per la prima volta dalla sua nascita nel 1949, si cambia la cilindrata dei motori. I vecchi due tempi di 500 cm³, vengono sostituiti con i quattro tempi da 989 cm³: una vera e propria rivoluzione. Nasce la MotoGP. Dalla sua nascita, questa vede in Valentino Rossi, oltreché un dominatore, un vero e proprio simbolo. L’istrionico e fenomenale centauro di Tavullia, dopo aver vinto l’ultima edizione della 500 nel 2001, fa suoi tutti i mondiali dal 2002 al 2005. Gli ultimi due, impreziositi dall’aver riportato in alto una Yamaha divenuta ormai ombra di se’ stessa. Il 2006 invece è appannaggio del compianto Nicky Hayden, sebbene le sole tre vittorie conquistate e la caduta di Rossi nel gran premio finale, rendano questo campionato piuttosto anomalo, per lo meno agli occhi dei molti.  Rossi, si presenta al via del mondiale 2007 come uno dei favoriti: ha una gran moto e una nazione alle spalle, da buon esponente quale ormai è diventato, della cultura nazional-popolare. Il 2007 presenta due importanti novità, il passaggio ai motori da 799 cm³ e il nuovo pilota ingaggiato dalla Ducati. Questi, sulla carena porta il numero ventisette. Il suo nome: Casey Stoner.  Classe 1985 (nasce a Southport, Australia, il 16 ottobre 1985), egli esordisce  in MotoGP nel 2006 con una Honda privata del Team di Lucio Cecchinello. Agli inizi di quel 2007, sono in pochi a puntare sulla Ducati: le moto di Borgo Panigale, in classe regina dal 2003, sono notoriamente difficili da guidare. Le difficoltà nel metterle a punto, le rende molto complicate nell’inserimento e nella percorrenza delle curve, soprattutto in quelle veloci; in gergo, si direbbe “a farle girare”. Il duro lavoro, come sempre, paga. Fin dalla prima gara in Qatar, Stoner e Ducati si dimostrano un vero martello. E il tutto, come ben presto si scopre, non  è un fuoco di paglia.  Con cinque vittorie nelle prime otto gare, il mondiale ben presto prende la strada di Borgo Panigale. Campionato che arriva in Giappone, sulla pista di Motegi, a tre gare dalla fine. Gran Premio a Capirossi, sull’altra Ducati, titolo al canguro, cui basta un sesto posto. Un tripudio. Sebbene partito in sordina, tra dubbi e scetticismo, il 2007 si rivela un dominio, con dieci vittorie in diciotto gare. Le moto hanno scoperta una  nuova stella. Gli avversari oltre a temerlo, non lo amano. Un uomo come Stoner, così poco avvezzo alle corbellerie o alle telecamere, quasi timido ma così maledettamente veloce, in un ambiente dove a farla da padrone sono i caldissimi italiani o gli spagnoli, non può essere amato. In particolare, nasce una dura rivalità con Rossi. Sono quelle rivalità nate quasi per caso, un po’ come quella tra Pantani ed Armstrong dopo l’episodio sul Mount Vantoux ma, proprio come la suddetta, sono proprio quelle che diventano le più aspre.  L’Italia comunque, al di la di tutto, non può che gongolare. L’avere Ferrari e Ducati entrambe campioni in quel 2007 nelle rispettive discipline, non può che essere motivo di orgoglio. Messo da parte il 2007, Stoner parte nel 2008 come il favorito: ha una grande moto e guida come sempre. Basta guardare un giro da lui percorso sui saliscendi del circuito australiano di Philip Island, dove tra l’altro vince dal 2007 al 2012: è pura poesia. In realtà poi, nonostante le  sei vittorie del canguro, il 2008 è soprattutto l’anno della riscossa del Dottor Rossi che, vince il mondiale con tre corse d’anticipo. Stoner paga qualche caduta di troppo e la non troppo perfetta gestione di alcune gare decisive.

 

Ultimi anni in ducati e passaggio alla Honda

Nel 2009 e nel 2010, Stoner vince ancora quattro e tre gare, rimanendo comunque lontano dai vertici. Il 2009 (mondiale vinto da Rossi) in particolare è un anno difficilissimo: imboccata una serie poco edificante di risultati, l’australiano prende una pausa, rimanendo lontano dalle corse per tre eventi. La causa ufficiale: il doversi curare da strani sintomi che minavano la sua salute e di conseguenza le sue prestazioni. Alla fine, trovate le risposte (ovvero un intolleranza al lattosio), Stoner torna in pista. In Ducati però, e non solo, qualcuno ai piani alti comincia a guardare con sospetto la situazione. Il clima si fa, incredibilmente, sempre più teso anche perché, lo sponsor Marlboro comincia a puntare i piedi e a voler un nuovo pilota. L’australiano, sensibile a modo suo e risentendo di tutto ciò, fa molta fatica nella prima parte del 2010 e non va al di là di qualche podio. E’ proprio allora che si fa avanti la Honda HRC: in pochi mesi le parti riescono a venirsi incontro, c’è il contratto e il 9 luglio 2010, congiuntamente al comunicato Ducati che annuncia la fine della collaborazione, la Honda conferma l’ingaggio del campione 2007. Non è un caso se, ritrovata la calma, le tre vittorie arrivano tutte dopo quella data. Stoner dunque saluta la Ducati con ventitré vittorie e un mondiale in quattro anni e con la nomina, soprattutto dopo il disastroso periodo di Rossi in Ducati e almeno fino ad un paio di anni fa, di esser stato l’unico a saper guidare sul serio il bolide di Borgo Panigale. Quel 2011 partito con più di un dubbio e poi funestato dalla morte del ”Sic” Simoncelli in Malesia, è invece terra di dominio per Stoner. L’hondista con il numero ventisette, ottiene dieci vittorie, sedici podi e dodici pole positions su diciassette gran premi. Un dominio. Viene così bissato il trionfo del 2007. Cosa si può chiedere di più? Una moglie, una figlia (una seconda arriverà nel 2017) e soprattutto, la consapevolezza di essere il migliore. Tempi e telemetrie alla mano. Il tifo nazional-popolare magari dice altro ma fa nulla. Quando però Stoner è chiamato a riconfermarsi, come già accaduto nel 2008, arrivano le difficoltà. In particolare un infortunio alla caviglia occorsogli ad Indianapolis a metà stagione, lo tiene furori per tre gran premi, estromettendolo così dal mondiale.  Intanto c’era già stata la fatidica conferenza stampa. A fine 2012 così Stoner appende il casco al chiodo, lasciando questo mondo. Per la verità, non proprio: c’è ancora tempo per partecipare alla 8 Ore di Suzuka 2015 con una Honda CBR, cadendo per un malfunzionamento dell’acceleratore mentre è primo, fratturandosi scapola ed una tibia.

Attualmente poi, ricopre il ruolo di tester ufficiale della Ducati, dove è tornato nel 2016.

Di questo uomo mai banale, amante duro e puro della velocità, poco avvezzo a quanto di inutile circonda il mondo dei motori, non è facile trarre una conclusione. C’è chi infatti lo ha additato del codardo e di essere scappato, rinfacciandogli il non saper reagire alle prime difficoltà. Soprattutto, c’è chi dice che non ha saputo resistere al mito del ciclone Rossi (in realtà nel periodo in cui si sono sfidati hanno ottenuto due mondiali a testa, è il computo delle vittorie è 38 contro 26). I numeri però, sanno essere piuttosto freddi, così come sconsiderate sono molte delle sentenze che si sputano, accecati come siamo dal tifo e dalla passione sportiva.  In conclusione, se si è davvero sportivi, non si può non amare, al di là del pilota, il personaggio Stoner, in tutta la sua affascinante complessità. Perché, l’australiano è un altro a cui, né la fama né il denaro, hanno scalfito l’essenza, un altro che è rimasto esattamente chi era e chi voleva essere. Di fronte a certi personaggi, a questi modelli, non si può far altroché fare un genuflettersi mentre si è in silenzio ed ammirarli, ammirarli e ammirarli ancora. Per sempre.

 

“Pensare in fretta quando stai andando a oltre 300 chilometri orari non è facile, ma se vuoi vincere devi riuscirci”

Casey Stoner

 

Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

Exit mobile version