PalloneAnnoZero/4. Ricominciamo dai portieri azzurri: ridateci i guasconi, tenetevi i fighetti

Peruzzi

La rubrica PalloneAnnoZero cala il poker. Dopo Roberto Perrone, Italo Cucci e Nicholas Gineprini, continua il manifesto di controproposte per salvare il paziente calcio. E’ il turno di Carlo Lattaruli, penna di Barbadillo.it, che spiega perché il cinghialone Peruzzi e la popolarissima sigaretta di Tacconi saranno sempre meglio delle imbrillantinate scarpette di Neuer.

L’Italia è un Paese amante dei forestieri, non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista prettamente sportivo: si pensi alla diffusa esterofilia nel mondo del calcio e la diffusione del modello tiki-taka iberico. Uno stile di gioco che ha condizionato non poco anche dal punto di vista tecnico il ruolo che per decenni ha reso l’Italia un faro a livello internazionale, ovverosia il portiere. Il dogma del possesso palla unito ai successi personali di Manuel Neuer, che nella nazionale tedesca e nel suo Bayern Monaco svolge un ruolo di libero aggiunto dall’alto della sua eccellente tecnica podalica, hanno modificato sensibilmente gli allenamenti e l’approccio al ruolo di numero uno. Ma siamo davvero sicuri che sia questa la strada giusta da far intraprendere ai giovani per trovare il futuro erede del Gigi nazionale?

Considerate le alterne fortune dei portieri sudamericani in Serie A, veri e propri giocolieri col pallone tra i piedi ma spesso protagonisti di tragicomiche papere, forse sarebbe meglio tornare ad investire sui fondamentali tecnici che hanno da sempre caratterizzato la nobile scuola italica dei portieri. La nostra “saracinesca” ideale non può che avere la sicurezza di Gigi Buffon, dominatore della sua area di rigore soprattutto nelle uscite in presa, alta o bassa che sia. Alle goffe e corte respinte preferiamo la presa ferrea del cinghialone Angelo Peruzzi ed i voli plastici di Walter Zenga, uomo ragno dell’Inter e della Nazionale. Ed in fondo ci piacerebbe rivedere anche figure col fascino guascone di Stefano Tacconi e quella sua sigaretta sempre accesa che un po’ ci ricorda Corto Maltese. Insomma lasciamo i fronzoli da prestigiatori agli spagnoli o ai brasiliani ed usiamo un po’ di più i piedi solo per rinviare più lontano possibile (o magari per parare, come faceva il mitico Claudio Garella) perché in fondo in Italia modelli di riferimento per le giovani leve tra i pali ne abbiamo da vendere, passando dal matto ed istrionico Ricky Albertosi al freddo e calcolatore Dino Zoff.

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