Libri. “Souvenir” di De Giovanni: sotto Napoli e pistole, niente

Souvenir di De Giovanni
Souvenir di De Giovanni

In giro ci sono talmente tanti Maurizio De Giovanni che uno si affeziona ad alcuni di loro. C’è De Giovanni giallista; De Giovanni autore teatrale; De Giovanni autore televisivo; De Giovanni commentatore, scritto e orale, per giornali e tivù; De Giovanni tifoso, in versione locale – scritto e orale –; De Giovanni politico; De Giovanni promoter e testimonial; oltre De Giovanni presentatore, e ne dimentico altri. Un esercito, tenuto insieme da una lingua povera, così povera da apparire nuda, non per ricercatezza, ma per superficialità. E con scadenza trimestrale, firmati da De Giovanni, escono romanzi come bollettini, l’ultimo: “Souvenir” (Einaudi), dove Napoli, in una morsa temporale, viene stretta da questa lingua banale annodata a voluttà da telenovela con canoni da noir. Un italiano così ristretto da sembrare un corpetto verbale. Rassicurante perché elementare e nutrito di frasi fatte. Ma non per derivazione saramaghesca – che giocava con i proverbi e costruiva muri di parole – no, per questioni di tempo, velocità senza pensiero: ci sono dialoghi improbabili e scene così sciatte da far pensare al situazionismo, dove il dato peggiore è la pretesa di voler far ridere. C’è un poliziotto (pp. 39-40-41) che trova un indizio ingoiando la propria sciarpa, detta così potrebbe essere Daniil Charms, invece è De Giovanni: perché la sciarpa – vera protagonista – è di valore ed è uguale a quella del ricercato. È la sintesi della storia: una slavina di conformismo di genere incensata dall’onnipresenza e dalla loquacità vacua. Sotto Napoli e pistole, niente.

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Marco Ciriello

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