Il caso. Se lo scorporo di Telecom rischia di essere l’ennesima operazione “alla Prodi”

uglLa situazione delle telecomunicazioni italiane è piuttosto singolare, in quanto un’unica società, Telecom Italia, è proprietaria della quasi totalità della rete e gli altri operatori devono pagare per utilizzarla. Sembra però che nei prossimi tempi la situazione cambierà e, dopo anni di discussioni al riguardo,  la rete fisica sarà scorporata dal resto dell’azienda.

Nell’ambito degli addetti ai lavori c’è fermento, perché una rete partecipata da tutti gli attori del mercato posti sullo stesso piano, produrrebbe un’evoluzione tecnologica non indifferente. L’entusiasmo è però smorzato dalla forte possibilità che fra gli acquirenti (che compreranno quote di una società) di questa rete, in parte fatta in fibra ottica ma composta anche da rame, quindi obsoleta, ci sia anche la Cassa Depositi e Prestiti, quella che gestisce i soldi dei conti correnti postali.

Questa partecipazione della Cassa genera non poche perplessità, soprattutto perché non si sa se i futuri acquirenti gestiranno semplicemente la rete o la ammoderneranno, procedendo gradualmente a eliminare il rame in favore della fibra. Ma l’operazione di rivendere allo Stato ciò che venne comprato nel ’97, ma che oggi è obsoleto, utilizzando i soldi dei contribuenti, non sarà certo esente da critiche e da problematiche, soprattutto perché non è chiaro che ruolo avranno gli operatori.

Solo tramite una totale parità di trattamento fra i vari concorrenti l’operazione potrebbe generare esiti positivi. Se Telecom non sarà ridotta ad essere un normale attore del mercato si rischia insomma un’ennesima operazione a favore dei grossi gruppi industriali e ai danni dei cittadini italiani, in linea peraltro con ciò che accadde nel  1996, quando governava Prodi.

All’epoca l’Italia progettava di entrare nell’euro, ma c’erano problemi di bilancio e, nella miglior tradizione “prodiana”, si decise di vendere i gioielli di famiglia. La scelta ricadde sul ramo telecomunicazioni e subito venne venduta Seat Pagine Gialle, mentre nel 1997 venne venduta Telecom ad una cordata di azionisti capeggiata dagli Agnelli.

Come è nei costumi italici, la questione non fu gestita al meglio, così i privati poterono comprare anche l’infrastruttura di rete, creando una situazione anomala per cui i concorrenti si trovavano in posizione totalmente svantaggiata rispetto all’ex monopolista. All’epoca la questione fu discussa, ma non essendo ancora esploso l’utilizzo di internet, non fu vista, probabilmente, di fondamentale importanza e, dovendo far cassa, l’infrastruttura venne venduta assieme alla società.

In questa operazione sono individuabili quindi due elementi che avrebbero influenzato il progresso italiano per i successivi decenni: Telecom non fu venduta per un progetto di sviluppo ma per denaro e le modalità di vendita le permisero di mantenere una posizione dominante rispetto ai concorrenti e, per l’abuso di tale posizione, recentemente l’antitrust ha inflitto una multa di 103 milioni di euro al gruppo.

@cescofilip

Francesco Filipazzi

Francesco Filipazzi su Barbadillo.it

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