Calcio. Milan, salvate il soldato Cutrone dal Diabolik Kalinic

Cutrone

E Nikola Kalinic fu. Il Diabolik di Salona, alla sua seconda consecutiva dal primo minuto, adunghia con cinismo la maglia da titolare al ritmo fugace di gol di rapina e scatti furtivi sul filo dell’offside (venendo pure multato dalla Var). E, cosa più importante di tutte, deruba il posto a Cutrone. L’enfant, ieri spedito a fare l’icona nell’evento cult Panini, reagisce al tartassamento giornalistico – fondato – impacchettando frasi di circostanza: “Perché è la seconda volta che parto dalla panchina? Ma no, c’è spazio per tutti, Kalinic lo ammiro. Io poi mi faccio trovare sempre pronto… il 3-5-2 mi piace…”. Fedele alla linea ma con icastica difficoltà. Un po’ come l’inflazionato “ho fiducia assoluta nella magistratura”. Si dice.

Eppure la domanda campale è una sola: come si può tenere a scaldare la panca uno della leva calcistica del ’98 con la media di tre centri su cinque partite (di cui due non giocate da titolare)? I dolori del giovane Patrick, smarrito ma a suo agio persino nel nuovo assetto montelliano con le due punte, sono più che comprensibili. Le regole del marketing e le pretese dell’artiglieria pesante che non accetta di essere scavalcata da uno scudiero si fanno sentire: Kalinic e André Silva non possono contendersi la titolarità, sono i due pezzi pregiati. E allora si fa libagione di chi ha già dimostrato di saper salvare la baracca scintillante. Con l’unico difetto di non essere sul defilé faraonico degli undici nuovi arrivati. Sangue fatica sudore (e forse qualche lacrima): non sarebbe stato meglio continuare a sfruttare il – suo – momento, o, forse ancor di più, lasciarlo temporaneamente tra le fila dell’Hellas a farsi le ossa?

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Francesco Petrocelli

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