58 giorni. La candidatura alla Superprocura indebolisce Paolo Borsellino

borsellino28 maggio 1992. Ingenuità o calcolo, il gioco che s’innesca tra i ministri Martelli e Scotti è tutto sulla pelle di Paolo Borsellino. E si gioca attorno alla carica di Superprocuratore.

La situazione è di stallo: la Commissione incarichi direttivi del Consiglio ha selezionato da un paio di mesi tre nomi su ventisei candidati (Agostino Cordova, attuale Procuratore di Palmi, 3 voti, Giovanni Falcone, 2 voti, e Antonino Lojacono, capo della Procura di Civitavecchia, 1 voto). Comunicati al ministro della Giustizia, ci sarebbe dovuto essere il “concerto”: il ministro indicava uno dei nomi e il Csm avrebbe dovuto approvare. Ma Martelli rifiuta il “concerto” e il Csm si rivolge alla Corte Costituzionale. Tutto bloccato, insomma. Dopo la morte di Falcone, Martelli lancia la proposta formale di riaprire i termini del concorso alla carica di Superprocuratore, facendo infuriare il mondo dei magistrati, a partire da Magistratura democratica.

Sul Giornale, in un’intervista, Martelli annuncia la sua posizione su Borsellino alla Superprocura: «L’ultima cosa che mi può chiedere è di bruciare eccellenti candidati proponendoli io. Un attimo dopo diventerebbero sospetti e sgraditi a qualcuno del Csm». Una posizione chiara.

Nel pomeriggio, alla presentazione del libro del sociologo Pino Arlacchi sul pentito Calderone sono presenti Borsellino, Martelli e Scotti. Quando un giornalista chiede a Borsellino se si sarebbe candidato alla direzione della Superprocura, il giudice risponde di no. Ma è Scotti a intervenire subito, dicendo: «Lo candido io».

Un’affermazione inusuale, una candidatura pubblica spericolata. Borsellino ammutolisce, alla fine della presentazione tradisce una rabbia che gli farà rifiutare di rispondere alle domande dei giornalisti mentre va via. Rifiuterà con una lettera scritta. Ma la frittata è fatta.

Ingenuità o calcolo? Il “gioco”, intanto, ingrandisce il mirino puntato su Borsellino.

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Giovanni Marinetti

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